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Roma-Bruxelles, quello che si muove intorno al duello

Politica

Massimo Leoni

La recessione in agguato. Macron che vuole far esplodere il deficit francese. Varoufakis che sogna Salvini che sogna i gilet gialli. La trattativa con L'Europa vive (anche) di questo...

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Aspettando ancora i famosi numerini della manovra - se cambieranno come vuole la Commissione europea e a favore di quali scelte - qualcosa si muove all’esterno della trattativa. Qualcosa che però potrebbe influenzarla, se non addirittura determinarla. Gli economisti li chiamano fattori esogeni. Vediamo.

L’Europa ha paura della recessione. L’Italia, pure. Sono tutti pronti per un 2019 difficile. Paradossalmente, la prospettiva di un pil con il segno meno davanti può aiutare la causa del governo giallo-verde, prima presso la Commissione, poi presso i capi di stato e di governo. La recessione – o anche solo una stagnazione con outlook negativo – può mettere la manovra italiana in linea con l’ortodossia economica – specie quella europea – almeno sotto un punto di vista: la legge di bilancio sarà anticiclica. Cioè espansiva quando il ciclo economico è in contrazione, come vogliono i sacri testi. Non sarà dirimente per l’esito della trattativa, ma è un argomento forte. Soprattutto per il rapporto deficit/pil e, in particolare, se l’eventuale diminuzione di quel rapporto sarà spesa in investimenti. Vuol dire sforare, ma proporre una politica economica dall’orientamento poco discutibile.

Il secondo argomento viene dalla Francia. I gilet gialli non hanno mollato, Macron sì. Promette, pure lui, misure che daranno sollievo economico alla popolazione con redditi medio-bassi. La promessa è tale che – se mantenuta – il deficit francese sarà superiore al 3% rispetto al pil. La procedura d’infrazione – soprattutto se comminata all’Italia – sarebbe d’obbligo anche per Parigi. Ma la Commissione, oggi, si può permettere due procedure d’infrazione a due membri fondatori dell’Unione? Sarebbe una catastrofe politica, ci credo poco. Anche se da Bruxelles fanno sapere che quella di Macron è una dichiarazione e la violazione delle regole da parte italiana – invece - è scritta nella manovra, almeno finché non cambia. Resta che quello che succede in Francia non sarà ininfluente sulla trattativa tra Roma e Bruxelles. Yanis Varoufakis (!) twitta: la Francia che supera il 3% è il sogno di Salvini che si avvera. Non ha torto.

Ancora, un po’ sullo sfondo ma vale la pena notarlo. Negli ultimi giorni dal governo arrivano, abbastanza regolarmente, richiami all’unità nazionale. Se ci fosse, saremmo più forti nella trattativa. Persino Salvini, quello del sogno, la richiama. Il premier Conte in parlamento, alla vigilia del suo incontro con Junker, ha sottolineato come sia “ormai evidente l’esigenza di affiancare gli strumenti accentrati di politica monetaria con una leva fiscale ugualmente centralizzata che permetta di attenuare le tendenze alla divergenza e gli effetti di possibili shock asimmetrici”. E ha ammesso, Conte, “purtroppo, la netta distanza di alcuni paesi dalla proposta franco-tedesca per un bilancio comune europeo”. Su quel “purtroppo” si potrebbe costruire una posizione davvero unitaria, non sottintesa ma espicita, di tutte le forze parlamentari. Perché, a parte isolati distinguo, tutte le forze parlamentari sottoscriverebbero le parole del presidente del consiglio. Ogni tanto si parla, riparla o straparla di “patto repubblicano”. Ecco, sul bilancio europeo, sulla politica fiscale comune potrebbe nascerne uno. Sarebbe un obiettivo alto, difficile. Ma quando si parla della differenza tra politicanti e statisti - i primi che pensano alle prossime elezioni, i secondi che si preoccupano delle generazioni future – è di cose del genere che si parla.  

Consigli per l’ascolto: “I Love Paris”, Ella Fitzgerald