Chi è Matt Gaetz, il nuovo ministro della Giustizia del Trump 2.0

Scegliendo il deputato della Florida Matt Gaetz per guidare il Dipartimento della Giustizia Donald Trump si è spinto troppo oltre? Molti commentatori e politici, anche del mondo conservatore, si interrogano riguardo la nomina del controverso rappresentante repubblicano, eletto per la prima volta al Congresso nel 2016, anno del primo trionfo elettorale di Trump, e da allora fedele compagno di viaggio del tycoon. In questi anni Gaetz ha sostenuto tutte le battaglie più radicali del presidente e, se confermato dal Senato a maggioranza repubblicana, gestirà il governo della giustizia americana, compresi i diversi processi che riguardano Trump. Il ministro "vendicatore" di Trump Annunciando sulla piattaforma Truth la sua nomina, del resto, il presidente eletto ha avuto modo di indicare la missione che intende affidare a Gaetz, ovvero “sradicare la corruzione sistemica nel Dipartimento di Giustizia e riportarlo alla sua vera missione: combattere la criminalità”. Quanto a lui, Gaetz ha espresso chiaramente la sua visione: “Dovremo fare qualcosa contro chi si è rivoltato contro il nostro popolo” ha detto, parlando di un “uso partigiano della giustizia” da parte del Partito Democratico, e minacciando addirittura l’abolizione dell’Fbi, che dipende dal Dipartimento che è chiamato a guidare. Le sue posizioni sono più radicali persino di quelle di Trump e sono molti ad aver espresso dubbi sul fatto che sia idoneo a ricoprire l’incarico di Procuratore Generale. Il deputato della Florida, rampollo di una dinastia di politici americani di lungo corso, ha affrontato dal 2020 al 2023 un’inchiesta del Dipartimento che Trump gli ha affidato per presunto traffico di minori a fini sessuali, conclusosi senza incriminazioni. Le posizioni radicali di Gaetz Come ricorda il New York Times, in passato Gaetz è stato oggetto di indagini interne della Camera dei Rappresentanti per una serie di condotte potenzialmente inadeguate: "uso di droghe illecite, condivisione di immagini e video inappropriati nell'aula della Camera, uso improprio di registri di identificazione statali, conversione di fondi della campagna per uso personale e accettazione di regali non consentiti”. Secondo il Washington Post, inoltre, un rapporto sulla sua condotta sarebbe stato prossimo alla pubblicazione da parte della Camera, ma ora le dimissioni di Gaetz – che per ricoprire l’incarico ha lasciato il seggio da rappresentante al Congresso - ne hanno prevenuto l’uscita. Alla Camera Gaetz è stato tra gli artefici della caduta dell’ex speaker Kevin McCarthy e dell’ascesa dell’attuale leader Repubblicano del ramo basso del parlamento Usa, Mike Johnson, in una manovra che a fine 2023 ha mostrato il peso decisivo del movimento Maga in seno al Partito Repubblicano. Di questa cordata populista e spostata all’estrema destra del panorama politico americano, ormai preponderante nel Partito Repubblicano, Gaetz ha sostenuto tutte le campagne più divisive. Ostile al sostegno all’Ucraina, è emerso come un teorico del complotto della “Grande Sostituzione”, secondo cui le élite progressiste e liberal promuoverebbero l’immigrazione di massa come strumento per annacquare l’identità bianca dei Paesi occidentali, a partire dagli Usa. Questa teoria suprematista è sostenuta apertamente dall’anchorman conservatore Tucker Carlson, che Gaetz ha difeso dall’Anti-Defamation League quando ha condannato le frequenti uscite del conduttore sul tema, ma anche da figure come l’attivista alt-right Charles Johnson, suprematista bianco e negazionista dell’Olocausto che Gaetz invitò al discorso di Trump sullo Stato dell’Unione nel 2018. I legami tra Gaetz e il suprematismo bianco sono confermati anche dalla frequente presenza dell’organizzazione di ultradestra dei Proud Boys alle sue iniziative elettorali. La freddezza dei senatori conservatori Tutti questi fattori hanno spinto molti legislatori repubblicani a pensare che la nomina di Gaetz fosse troppo perfino per il Trump 2.0, riempito dal presidente eletto di fedelissimi ed estremisti di destra. La senatrice repubblicana Susan Collins del Maine ha detto di essere rimasta "scioccata" dalla scelta. Lisa Murkowski, conservatrice dell’Alaska, ha definito la candidatura del deputato “non seria” e le testate Usa registrano un gelido silenzio anche dei membri più trumpiani di Capitol Hill. La nomina che alza l’asticella della provocazione di Trump contro un sistema politico che si ripropone di ribaltare da cima a fondo potrebbe rivelarsi, in fin dei conti, un test: se il Senato a maggioranza repubblicana lo confermasse senza defezioni , infatti, significherà che ormai il movimento Maga non ha più argini né dentro né fuori il GOP.