Bombe, sfollamenti e scarsa igiene: le sfide per combattere la poliomielite a Gaza

Abdel-Rahman ha solo un anno di vita. Come tanti bambini della sua età, a pochi mesi ha iniziato a gattonare, a esplorare con inesauribile energia il mondo che lo circonda. Ora, Abdel-Rahman non gattona più. La sua gamba sinistra è rimasta paralizzata a causa della poliomielite, contratta lo scorso agosto a Deir el-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, Abdel-Rahman è stato il primo caso accertato di poliovirus nella regione dopo 25 anni. Lui, come tanti altri bambini palestinesi, non era stato sottoposto alla vaccinazione a causa delle disastrose conseguenze del conflitto. Prima della guerra, la maggior parte dei minori a Gaza aveva ricevuto le dosi. Ma i bombardamenti, gli sfollamenti di massa, gli attacchi agli ospedali hanno impedito alle campagne vaccinali antipolio di proseguire regolarmente. “Contrarre il virus a Gaza significa affrontare gravissimi rischi per la salute, in un ambiente in cui l'accesso alle cure mediche e alle risorse è già fortemente limitato”, spiega a Sky Tg24 Insider Maram Al Shurafa, statistico sanitario a Gaza per la ong Medical Aid for Palestinians . Il virus, altamente contagioso, intacca il sistema nervoso centrale e colpisce i neuroni motori, causando “paralisi e disabilità a lungo termine con un impatto significativo sulla qualità della vita delle persone”, spiega ancora Al Shurafa. Ma i ripetuti raid, l'emergenza sanitaria, l'allarmante carenza di acqua potabile e la totale mancanza di igiene non solo “complicano la campagna vaccinale e la riabilitazione dei sopravvissuti alla polio”, ma aumentano anche “il rischio di contrarre malattie infettive”. La poliomielite a Gaza La poliomielite nella Striscia di Gaza era stata debellata 25 anni fa grazie al vaccino sviluppato nel 1955. Ma lo scorso agosto, dieci mesi dopo l'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Ministero della Salute di Gaza ha annunciato di aver individuato il virus della polio in campioni di liquami provenienti dai siti di Kahn Yunis e Deir el-Balah, la città del piccolo Abdel-Rahman. Il virus, che si diffonde attraverso le acque reflue e si trasmette per via oro-fecale e attraverso acqua o cibi contaminati, colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei cinque anni d'età, provocando sintomi come febbre, stanchezza, vomito, irrigidimento del collo e dolori agli arti. Nei casi più gravi, i pazienti possono sviluppare una paralisi irreversibile che generalmente intacca le gambe, ma che può portare alla morte nel caso in cui a essere colpiti siano i muscoli respiratori. La campagna vaccinale antipolio a Gaza Per rispondere all'emergenza nella regione, l'Organizzazione mondiale della sanità, insieme a Unicef, Unrwa e in collaborazione con il Ministero della Salute di Gaza, ha avviato lo scorso settembre un'estesa campagna vaccinale antipolio con l'obiettivo di immunizzare l'intera regione e somministrare il vaccino orale a circa 640 mila bambini palestinesi da 0 a 10 anni. L'operazione, che ha coinvolto 2.700 sanitari, si articolava in tre fasi: la prima, nell'area centrale dell'exclave, poi nel sud di Gaza da Khan Yunis a Rafah, e infine nell'area settentrionale della Striscia. Gli operatori sanitari hanno raggiunto le famiglie nelle case rifugio, nelle tende e nei campi per gli sfollati, concordando - per ogni ciclo - pause umanitarie di nove ore al giorno nelle aree interessate, con l'obiettivo di eseguire le vaccinazioni e garantire la sicurezza di comunità e operatori sanitari. “La campagna si è conclusa con successo nelle regioni centrali e meridionali , ma il programma nella zona nord è stato interrotto a causa dei pesanti attacchi militari israeliani”, spiega ancora Al Shurafa. Il 23 ottobre, proprio quando sarebbe dovuta partire la fase finale di somministrazione delle dosi nell'area settentrionale dell'exclave, che puntava a vaccinare oltre 119 mila bambini, l'Oms ha annunciato la sospensione della campagna a causa dell'escalation delle violenze e di “intensi bombardamenti, sfollamenti di massa e mancanza di pause umanitarie”, si legge in un comunicato di Unicef. “Questa interruzione pone grandi sfide agli sforzi della sanità pubblica, in particolare gli sforzi per garantire un'immunizzazione diffusa contro la polio nelle regioni colpite. I continui attacchi ostacolano la campagna vaccinale e aumentano il rischio di epidemie di poliomielite”, riferisce lo statistico sanitario di Medical Aid for Palestinians. L'assenza di servizi igienici a Gaza I continui bombardamenti nella regione palestinese hanno distrutto non solo edifici, case, piazze, scuole, ospedali, ma anche pozzi d'acqua, infrastrutture idriche e servizi igienici. Tutto questo, unito alla carenza di forniture igieniche essenziali, ha solo esacerbato il rischio per la popolazione di insorgenza di malattie infettive. “Una recrudescenza della poliomielite potrebbe minacciare la salute pubblica, mettere a dura prova le già scarse risorse e aumentare il timore di epidemie diffuse in una popolazione che potrebbe avere una bassa copertura vaccinale”, sottolinea Al Shurafa. “La situazione è catastrofica perché molte strutture sanitarie non sono funzionanti e le persone non hanno accesso ai farmaci essenziali o al personale specializzato per le cure. Questa mancanza di risorse aumenta il rischio di trasmissione della malattia e rende difficile gestire e trattare efficacemente i casi di polio”, afferma il volontario di MAP. La carenza di aiuti umanitari Dopo la chiusura del valico di Rafah dello scorso maggio, che consentiva il passaggio di aiuti umanitari dall'Egitto alla Striscia di Gaza, l'emergenza nella regione si è aggravata. I beni di prima necessità vengono, a fatica, trasportati dalle ong nell'exclave palestinese. “La mancanza di aiuti ha un impatto significativo sul processo di vaccinazione, compromettendo gli standard igienici e sanitari all'interno delle comunità”, dice Al Shurafa. In particolare, la scarsità di materiali igienici, come il semplice sapone, e l'accesso all'acqua pulita “impediscono un'igiene adeguata durante le campagne di vaccinazione”. Le scarse condizioni igienico-sanitarie possono non solo portare a un aumento dei rischi per la salute della popolazione di Gaza, ma rischiano anche di “scoraggiare i genitori dal portare i propri figli a fare la vaccinazione”. La carenza di risorse esacerba “il rischio di trasmissione della malattia e rende difficile gestire e trattare efficacemente i casi di polio”, aggiunge lo statistico sanitario. Gli ostacoli alla campagna vaccinale antipolio A rendere ancora più complicato il processo di immunizzazione è anche la difficoltà di raggiungere gli hub vaccinali situati nella regione. “Gli spostamenti verso i siti di vaccinazione sono fortemente limitati a causa della congestione del traffico e delle strade inquinate e piene di rifiuti e liquami, che rendono difficile l'accesso. E poi c'è la scarsità dei mezzi di trasporto, che aggrava ancora di più il problema”, dichiara Al Shurafa. Ma la preoccupazione più grande è la sicurezza. Come denuncia Unicef, l'area attualmente approvata per le pause umanitarie temporanee, essenziali per portare a termine le vaccinazioni, è stata “sostanzialmente ridotta” rispetto al primo ciclo e “limitata solo a Gaza City”. “La costante minaccia di attentati rende pericoloso, per operatori sanitari e famiglie, anche solo muoversi liberamente nella Striscia”, sottolinea. "La situazione è disastrosa e la popolazione si trova ora ad affrontare una grave minaccia di epidemia in un ambiente già molto precario”.

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