Bolivia, la lotta di potere fra Morales e Arce paralizza il Paese

Altissima tensione in Bolivia dopo gli scontri di piazza del 23 settembre scorso tra la polizia e i sostenitori dell’ex presidente Evo Morales nella città di El Alto. Morales, che ha guidato la Bolivia dal 2006 al 2019, vuole candidarsi alle presidenziali dell’agosto 2025 per il Movimento al Socialismo di cui è membro anche l’attuale presidente, Luis Arce. Questi, per 11 anni ministro dell’Economia nel governo dello storico leader di La Paz, punta a un secondo mandato e non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro. Inoltre, su Morales pende anche la spada di Damocle dell’incandidabilità dopo i suoi tre mandati da presidente, sancita da un referendum nel 2016 e ribadita da diverse sentenze nel 2020, anno in cui Arce è diventato presidente. L’ex capo di Stato, però, non si è mai dato per vinto e spera di tornare in corsa. Da mesi il partito di governo che da quasi vent’anni guida la Bolivia è diviso da una lotta intestina che ha finito per paralizzare il governo in una fase critica per il Paese. E per molti osservatori potrebbe portare alla sua estromissione dal potere il prossimo anno. Braccio di ferro a tutto campo La lotta tra l’ex presidente e l’attuale capo di Stato è esplosa a inizio anno, quando Arce aveva deciso di rinviare la questione di una possibile nuova candidatura di Morales a un futuro referendum. Il cui esito, a suo avviso, avrebbe dovuto confermare quello del 2016. Una mossa che l’ex capo di Stato ha ritenuto funzionale a impedirne il ritorno in campo. I sostenitori di Morales in seno al Mas hanno in risposta più volte paralizzato in Parlamento l'agenda politica della presidenza in una fase in cui alla Bolivia servivano risposte su una lunga serie di problematiche. La Paz vive una grave crisi economica, ha subito il calo dell'estrazione di idrocarburi e dell'industria agro-alimentare, principali voci dell'economia nazionale, e una conseguente carenza di valuta estera. Arce, che gli anni scorsi ha mantenuto un deficit fiscale elevato per finanziare la spesa pubblica e previdenziale, di fronte all'esaurimento delle riserve valutarie ha paventato più volte l’idea di chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale. Una scelta che ha trovato la dura opposizione dei sostenitori di Morales. A giugno Arce ha denunciato un presunto tentativo di colpo di stato militare a sua detta istigato da Morales. Il quale negli ultimi mesi ha alzato i toni del confronto con il suo ex ministro dell’Economia, accusandolo di favorire il declino della Bolivia favorendo la corruzione e la crisi dell’economia. Si è così arrivati alla scorsa settimana, quando Morales a Caracollo, città a 190 km dalla capitale La Paz, ha dato inizio con un gruppo di migliaia di suoi sostenitori a una marcia di protesta contro l’esecutivo, destinata a concludersi di fronte alla sede del governo. La marcia si è interrotta poco prima di La Paz, a El Alto, a causa degli scontri. Dopo i quali Arce ha denunciato i “toni da guerra civile” del suo ex alleato, riferendosi in particolar modo al fatto che alla vigilia degli scontri di El Alto Morales avesse lanciato al successore un ultimatum di 24 ore, poi ritirato, per sostituire i ministri che avevano criticato la marcia. La lotta di potere che danneggia il Paese La spaccatura politica, dopo gli scontri di questa settimana, non sembra destinata a rientrare in tempi brevi. E, anzi, resta tuttora insoluta la problematica della lotta di potere tra due figure attorno cui il Paese si sta polarizzando e le cui dispute personali portano a una paralisi amministrativa che danneggia la capacità di La Paz di uscire dalla crisi in cui versa. Dopo quasi un ventennio al potere, interrotto solo dalla presidenza ad interim di Jeannette Anez tra il 2019 e il 2020 dopo le dimissioni di Morales, la spaccatura può aprire la strada all’opposizione moderata e conservatrice che a lungo ha tentato, senza successo, di sfidare l’egemonia dei socialisti boliviani. In vista del voto del 2025 molti sono i nomi in lizza: l’ex presidente Carlos Mesa e il suo partito Coalizione Civica sono attenti a seguire la faida interna al Mas, mentre nei sondaggi a contendersi il primo posto è presente anche Manfred Reyes Villa, sindaco della città di Cochabamba di orientamento conservatore. Nel frattempo, la crisi del Paese continua, manifestandone tutte le fragilità economiche e sociali: un fattore da non sottovalutare nell’avvicinamento a un voto distante quasi un anno e verso il cui svolgimento La Paz naviga nell’incertezza.