Starmer prepara il Regno Unito a un'estenuante maratona. Ma vede la vittoria

No pain, no gain. Nessun dolore , nessun guadagno . L’ora di discorso del primo ministro Keir Starmer, che ha rappresentato il momento più importante della prima conferenza annuale del Labour di nuovo al governo dopo 14 anni e che si chiude oggi a Liverpool, può essere racchiuso in questo adagio, particolarmente utilizzato nel mondo dello sport. E d’altronde il leader laburista sta preparando il Paese a una maratona che rischia di stremarlo. E come tutti gli allenatori ha cercato di spiegare, motivare e perfino infondere qualche sana goccia di speranza dicendo di vedere la luce in fondo al tunnel. Il calvinismo di Starmer Un messaggio agrodolce, reso solo in parte più digeribile dall’idea di un “rinnovamento nazionale”. Quanto lungo, però, il tunnel da attraversare sia, non è dato sapere. C’è molto dello spirito calvinista, nell’ateo Starmer, convinto che nulla di buono possa nascere se non col sudore della fronte, rimboccandosi le mani, scavando a fondo per costruire fondamenta di nuovo solide per una casa che, decisamente, traballa. Per costruire, insomma, “una nuova Gran Bretagna, con standard di vita più elevati, capace di servire gli interessi dei lavoratori... una Gran Bretagna che vi appartiene”, la sua conclusione, parlando di “lotta condivisa” e di “patto coi lavoratori che dobbiamo rispettare”. La lista degli obiettivi L’elenco degli obiettivi da raggiungere è lungo: una crescita economica più elevata, capace di migliorare il tenore di vita in ogni comunità, un sistema sanitario con liste di attesa sempre più corte, più opportunità per i giovani, più investimenti nella green economy, un Paese più sicuro. Perché questi obiettivi vengano raggiunti serve visione, strategia, determinazione, ma soprattutto soldi. E non è che ce ne siano molti a disposizione, come questo esecutivo ha a ripetizione denunciato da quando è salito al potere lo scorso 5 luglio. La questione del buco da 22 miliardi di sterline lasciato dal partito conservatore come pesante eredità da smaltire viene ripetuto dai vari ministri come un mantra. Più debito pubblico? Come recuperare tutto il denaro necessario? Tassare non basterà. Limare ulteriormente il welfare già ridotto all’osso andrebbe a punire proprio gli elettori che hanno dato fiducia al labour. Revisioni e ottimizzazioni dei vari settori richiedono tempo e non è detto risultino particolarmente efficaci. Nel suo intervento, Rachel Reeves, il primo cancelliere dello scacchiere donna del Regno Unito, ha lasciato intravedere la possibilità che questo esecutivo decida di fare ulteriore debito . Se così è, avrà il suo bel da fare nel tranquillizzare aziende e investitori e a garantire che il Labour Party sarà comunque rigoroso sui conti. Stop al razzismo “Sarà difficile, non è retorica: è realtà”, concede il premier, costretto a camminare lungo un crinale strettissimo. Un cammino che deve essere condiviso e che deve in qualche maniera solleticare quell’orgoglio nazionale che è ben lontano dal becero nazionalismo che ha infiammato le strade del regno a inizio agosto e che Starmer ha bollato come “vile razzismo”. Un’immigrazione che funzioni, ha spiegato, deve anche essere capace di accogliere richiedenti asilo, pur mantenendosi inflessibile contro i trafficanti di uomini. Anche su questo tema, però, il lungo discorso del primo ministro è apparso generico, molto più concentrato su idee e ideali che su un approccio realmente concreto alle cose. Una vera strategia per bloccare i pericolosissimi attraversamenti della Manica, ad esempio, non c’è. La questione mediorientale Un altro passaggio delicato del suo discorso, prima di volare all’assemblea generale dell’Onu, il premier l’ha voluto dedicare alla situazione, sempre più drammatica, invitando le parti a un’immediata de-escalation della tensione tra Israele e Libano e anche il cessate il fuoco a Gaza, con annesso il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani. Per Starmer l’unica soluzione possibile è quella del riconoscimento di due Stati. Un passaggio molto applaudito, che non basterà però a calmare quella parte del partito che ritiene il Labour troppo morbido con Israele e troppo poco solidale con i palestinesi. Chissà se ha giocato un po’ di nervosismo nella gaffe fatta dal premier proprio in questo cruciale passaggio del suo discorso: invece che chiedere il rilascio degli ostaggi ha inizialmente pronunciato la parola sausages, salsicce, prima di correggersi

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