La sfida del Pakistan per debellare la poliomielite, tra terrorismo e disinformazione

La battaglia del Pakistan per sconfiggere la poliomielite sembra essere ancora lunga e complicata. Non solo per l'elevata contagiosità del virus, che intacca il sistema nervoso centrale e colpisce i neuroni motori del midollo spinale, ma anche per i frequenti attacchi armati contro gli operatori sanitari impegnati nella campagna vaccinale. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il Pakistan è l'unico Paese al mondo - insieme all'Afghanistan - in cui la malattia, debellata in tutto il resto del globo grazie al vaccino introdotto nel 1955, è endemica. Per cercare di sconfiggere definitivamente il virus, il governo pakistano ha lanciato, a inizio settembre, una nuova campagna di somministrazione delle dosi, delegando al National Emergencies Operation Center la gestione dell'intero programma di eradicazione della polio. Sono stati coinvolti 286mila operatori sanitari, con l'obiettivo di vaccinare 30 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni. "La poliomielite sarà scacciata dai confini del Pakistan per non tornare mai più", aveva detto il primo ministro pakistano, Shehbaz Sharif, citato dal New York Times. Ma gli ostacoli da superare non sono pochi. “In Pakistan c'è un rifiuto della vaccinazione contro la poliomielite soprattutto da parte di gruppi islamici radicali, che credono si tratti di una cospirazione”, spiega a Sky tg24 Insider Taha Siddiqui, giornalista pakistano in esilio a Parigi per motivi politici. La poliomielite in Pakistan La prima campagna di eradicazione della polio in Pakistan è stata lanciata nel 1994: ben 28 anni dopo l'entrata in vigore della legge che, in Italia, sancì l'obbligo della vaccinazione antipoliomielitica . Prima di quel momento, nel Paese dell'Asia meridionale – il quinto più popoloso al mondo con oltre 252 milioni di abitanti secondo i dati del Worldometer – si registravano più di 20mila casi all'anno, stando alle stime di Al Jazeera. Nonostante le diverse campagne vaccinali negli anni, la malattia è ancora diffusa tra la popolazione pakistana: dall'inizio del 2024 a oggi, il numero dei pazienti infetti è 18, come riferisce il Pakistan Polio Eradication Programme. Il virus, che provoca una grave malattia altamente infettiva, colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei cinque anni d'età, causando nella maggior parte dei casi febbre, stanchezza, vomito, irrigidimento del collo e dolori agli arti. Un paziente su duecento sviluppa una paralisi irreversibile, solitamente alle gambe: tra questi, il 5-10% muore quando la paralisi intacca i muscoli respiratori. La campagna vaccinale pakistana A ostacolare notevolmente la campagna di vaccinazione anti-polio porta a porta in Pakistan, e quindi a rendere difficile l'immunizzazione dell'intera popolazione, sono soprattutto i ripetuti attacchi armati e le aggressioni fisiche nei confronti dei sanitari addetti alla somministrazione delle dosi. “Negli ultimi due anni, dopo la caduta di Kabul in Afghanistan, i militanti islamisti sono tornati a farsi sentire e a essere molto attivi in tutto il Pakistan, e abbiamo assistito a un aumento degli attacchi terroristici”, afferma ancora Siddiqui a Sky tg24 Insider. “I radicali religiosi, e anche la società in generale, credono che i vaccini non siano halal e che contengano qualcosa come carne di maiale. Ma non solo, pensano anche che gli operatori sanitari che somministrano le dosi siano delle spie. E questa è diventata una grande questione nel 2011, quando la CIA ha organizzato una finta campagna vaccinale ad Abbottabad per trovare Osama Bin Laden”, specifica il giornalista. Osama bin Laden e le false vaccinazioni ad Abbottabad Nel 2011 l'Intelligence americana, con la collaborazione del medico pakistano Shakil Afridi, diede vita a un falso programma di vaccinazione contro l'epatite B nella città di Abbottabad, in cui si riteneva si nascondesse il capo di Al Qaida. L'obiettivo dei servizi segreti statunitensi era quello di raccogliere il dna di uno dei figli di Bin Laden, che la CIA sospettava vivessero con lui, così da provare la presenza del fondamentalista islamico sunnita nella città pakistana. La falsa campagna fu aspramente criticata da Medici Senza Frontiere, che denunciò il "rischio che le comunità vulnerabili potessero mettere in discussione l'operato dei sanitari e gli aiuti umanitari", come si legge sul Guardian. “Da allora, i militanti islamici hanno iniziato a dire: 'Noi abbiamo sempre detto che questi vaccini non vanno bene per noi, questi vaccini sono una cospirazione dell'Occidente'”, riferisce Siddiqui che sottolinea come nel Paese si sia diffuso “un sentimento anti-occidentale”. La propaganda no-vax “Ho approfondito a lungo la questione tra il 2011 e il 2012, quando si è verificata la prima ondata di attacchi, in cui sono stati uccisi 100 vaccinatori. Allora ci siamo resi conto che alcuni giornali locali pakistani, molto seguiti dalla gente, diffondevano propaganda contro il vaccino antipoliomielite”, racconta ancora Taha Siddiqui. “Le persone che dirigevano quei giornali erano conservatrici e di matrice islamica. Quando si fa il lavaggio del cervello alla propria popolazione sulla base di un islamismo così radicale, la conseguenza è che la società in generale si radicalizza e inizia ad attaccare tutto ciò che ritiene non islamico o anti-islamico”, specifica il giornalista pakistano, che dal 2018 vive in esilio a Parigi a causa delle costanti minacce dei militari del Paese. “Gli attentatori che in questi giorni stanno attaccando poliziotti e operatori sanitari credono che chiunque sia coinvolto nella campagna vaccinale sia anti-Islam”, aggiunge Siddiqui. Gli attacchi a operatori sanitari e poliziotti A essere vittime degli attacchi armati non sono solo gli operatori sanitari addetti alla campagna vaccinale porta a porta nell'area nordoccidentale del Paese, ma anche i poliziotti che li scortano. L'ultima aggressione è avvenuta lo scorso 12 settembre, a Peshawar, dove un vaccinatore e un agente sono stati uccisi da alcuni membri del Tehrik-i-Taliban Pakistan, il gruppo terroristico pakistano, che ne ha rivendicato la responsabilità. Nella stessa settimana, un'operatrice impegnata nella somministrazione delle dosi ai bambini in una casa a Jacobabad è stata vittima di uno stupro da parte di tre uomini, in seguito arrestati dalla polizia pakistana. Sfiducia e disinformazione Alcuni operatori sanitari del Paese hanno riferito anche di aver subito pressioni da parte di genitori e leader locali affinché marchiassero, con un inchiostro indelebile, le dita dei bambini che non avevano ricevuto alcuna dose, così da simulare una vaccinazione che in realtà non era avvenuta. Questo perché lo scorso anno, nel corso di un'ulteriore campagna vaccinale anti-polio, era stata introdotta una nuova legge nella provincia del Sindh, che condannava a un mese di carcere e a una multa di 50mila rupie pakistane tutti i genitori che si rifiutavano di vaccinare i propri figli. “Per non essere puniti dal governo, le famiglie che non si fidano del vaccino anti-polio minacciano i vaccinatori: vogliono ottenere il 'marchio', ma non la dose”, sottolinea Siddiqui. “Con questo segno i genitori aggirano il problema e i bambini possono continuare a entrare nelle scuole”. La situazione politica del Paese Secondo i dati più recenti del Democracy Index, il rapporto annuale stilato dall'Economist Intelligence Unit, il Pakistan - ufficialmente Repubblica Islamica del Pakistan - è classificato come un Paese “non democratico”. “È una democrazia sulla carta, ma nella pratica è un regime ibrido controllato dall'esercito che utilizza politici, islamisti, media, accademici per controllare la popolazione”, specifica Siddiqui. “Le elezioni in Pakistan non sono mai libere ed eque, il sistema giudiziario non è mai libero ed equo, la polizia pakistana, le forze dell'ordine sono controllate, sottoposte a pressioni e non sono mai libere ed eque. Ed è l'esercito pakistano a essere responsabile del deragliamento della democrazia e dell'evoluzione politica del Paese”, conclude il giornalista.