Cina, perché il rialzo dell'età pensionabile è il segno di un nuovo squilibrio

La Cina invecchia e corre ai ripari alzando l’età pensionabile per la prima volta dai tempi di Mao Tze Tung. Lo ha stabilito il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo approvando una decisione del Partito Comunista che prevede l’avvio di un graduale innalzamento dell'età di ritiro dal lavoro a partire dal 2025. L'attuale età pensionabile salirà da 60 a 63 anni per gli uomini, da 50 a 55 per le donne che svolgono lavori manuali e da 55 a 58 per le donne impegnate in professioni d'ufficio. La modifica è la prima da decenni: le attuali regole risalivano infatti agli anni Cinquanta quando l'età pensionabile superava addirittura l’aspettativa di vita media della Cina, che allora era di 40 anni, contro i 76 attuali. A spingere il governo di Xi Jinping a varare la riforma è stato il combinato disposto tra l'invecchiamento della popolazione, il calo demografico e le incertezze economiche. I cittadini cinesi con più di 60 anni sono destinati ad aumentare da 300 a 400 milioni tra il 2023 e il 2035, e l’inizio del declino della popolazione della Repubblica Popolare porrà nei prossimi decenni porrà un parallelo tema di carenza di forza lavoro. Gli squilibri della Cina L’allungamento della vita lavorativa toccherà tutti i cinesi nati a partire dall’introduzione della politica del figlio unico, introdotta nel 1979, le cui conseguenze sullo sfavorevole rapporto tra una forza lavoro in contrazione e una popolazione di pensionati in espansione si faranno sentire nei prossimi anni. Tutto questo si somma a un contesto di graduale frenata della crescita economica, che nel secondo trimestre del 2024 ha mancato l’obiettivo del 5%, nello spingere la Cina a introdurre politiche economiche più caute e al passo con la sua attuale condizione. Regole pensionistiche fissate quando il Paese era ancora in espansione demografica e trainato da un’economia agricola in larga parte di sussistenza mal si conciliano con l’attuale grande potenza industriale, commerciale e tecnologica. Ma il fatto stesso che non fossero mai state aggiornate al nuovo contesto cinese dà l’idea degli elementi di fragilità che la crescita di Pechino ha mantenuto intrinsecamente al suo interno. Yanzhong Huang, senior fellow per la salute globale presso il Council on Foreign Relations, fa notare che la Cina sta vivendo le stesse problematiche demografiche di altri Paesi ad alto tasso di sviluppo: il rischio dello sbilanciamento della piramide demografica a sfavore della popolazione attiva. Il tutto, ovviamente, su scala molto più ampia. Una previdenza povera La scelta di aumentare l’età pensionabile potrebbe contribuire anche a sanare alcune situazioni critiche legate al problema strutturale più importante del sistema di welfare cinese: la sua scarsa generosità. Anche se i lavoratori possono ricevere le pensioni al raggiungimento dell'età pensionabile legale e dopo aver contribuito al sistema di previdenza sociale anche solo per 15 anni, infatti, questo non significa che smettano di lavorare. In molti, a causa della disparità di protezione sociale, continuano a lavorare anche se ricevono un pagamento pensionistico. Alzare l’età pensionabile, insomma, potrà aiutare molti lavoratori a avere maggiore copertura previdenziale e più tutele, sanando situazioni di lavoro irregolare. L’assegno pensionistico medio, in Cina, non è affatto cospicuo: il pagamento minima varia da settore a settore e si va da un assegno mensile equivalente a 500 dollari al mese per gli ex dipendenti pubblici ai soli 28 dollari dei lavoratori rurali delle province più periferiche. Ragioni che potrebbero rendere più conveniente per milioni di cinesi restare nel mercato del lavoro anche in un contesto di maggior allineamento degli schemi pensionistici di Pechino a quelli di altre grandi economie.