Guerra in Ucraina, Alessandro Politi: "I missili sono un gioco pericoloso"

Può darsi che funzioni, ma bisogna prima di tutto capire che cosa si vuole, ben sapendo che si scherza col fuoco. Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, sul via libera all’Ucraina sull’uso di missili in territorio russo si dimostra dubbioso. Perché militarmente prima di tutto è necessario avere chiaro quale sia l’obiettivo, e politicamente potrebbe essere anche controproducente. Prima di tutto, però, cerchiamo di fare chiarezza su cosa è al centro del dibattito. Direttore, ci spiega a che cosa servono questi missili? Sono diversi tipi di armamenti che permettono di colpire in profondità. Quello che gli si richiede è una portata di qualche centinaio di chilometri, intorno ai 500, 600. Colpiscono a grande profondità. Tenga presente che le migliori artiglierie con vari accorgimenti non arrivano oltre i 50, 60 chilometri, e con proietti razzi assistiti, cioè munizioni particolari. Perché sono ritenuti utili dagli ucraini? Perché gli ucraini non hanno un’aeronautica, e perché le difese antiaeree russe sono comunque solide. A dispetto dei diversi droni che vengono impiegati - ma che sono molto spesso più effetto che sostanza - queste armi permettono di colpire quasi sempre scavalcando le difese. Dico “quasi” perché i sistemi antimissili esistono, e sono conosciuti anche in Russia. Dopodiché, come sempre, dipende dal tipo di attacco, da quanti missili vengono impiegati, dal tipo di bersaglio e soprattutto se sono presenti questi sistemi antiaerei e antimissile. Poi bisogna fare chiarezza: parliamo di missili tattici a lungo raggio. Spesso ci si confonde e purtroppo vengono spesso messi assieme i missili e i razzi. I razzi non sono guidati: uno li punta con una certa precisione e poi vanno dove devono andare. I missili no, i missili hanno un sistema di guida, questa è la cosa fondamentale da capire. Alcune armi fornite all'Ucraina sono dei razzi, come gli Himars. Gli ATACMS, invece, sono missili. E così anche i vari Storm Shadow o Scalp che dovrebbero dare i britannici e i francesi. Con la differenza che mentre l’ATACMS si lanciano da terra, sono missili superficie – superficie, gli altri sono degli aria-superficie. Nel merito: dare il via libera all'utilizzo di questi missili a lungo raggio può essere svolta? A chi me lo chiede, ripeto spesso: bisogna capire a che cosa servono realmente. Perché se si tratta di colpire alcuni bersagli critici, sì, possono funzionare. Se si tratta di interdire il campo di battaglia in modo che i russi non possano alimentare le loro offensive, la risposta è: altamente improbabile. Dico questo perché questi missili non sono prodotti in massa. Persino gli americani ne hanno un numero limitato. Figuriamoci quando si tratta di interdire delle vie di rifornimento per un esercito che sta attaccando forze di terra. Ci vuole una quantità di esplosivo, di aerei e di durata nel tempo che è assurda. Cioè, bisogna avere il dominio totale dell'aria e bisogna essere in condizione di farlo. Qui bisogna distinguere tra che cosa si fa e quello che si vuole far credere. Perché, se siamo in questo secondo campo, del “far credere”, siamo a qualcosa come le Wunderwaffen tedesche, le “armi miracolo” durante la Seconda guerra mondiale. Insomma, una scelta controversa, in ogni caso. Pensi che questa è la parte facile, quella puramente militare. La parte difficile è che in realtà si sta andando ad attaccare un Paese che è dotato di armi nucleari. In questo caso, si fanno due cose pericolose. La prima - indipendentemente dalla reazione russa – è che si affievolisce la distinzione tra armi convenzionali e armi che potrebbero essere nucleari. Le armi fornite dai francesi e dagli inglesi possono trasportare testate nucleari, sono state disegnate per questo. Questo ha un nome tecnico americano che è “entanglement”, cioè la confusione tra diversi tipi di armi. E in caso di guerra con la costante deterrenza - che tuttora funziona - uno non deve avere dubbi se viene impiegata un'arma convenzionale o nucleare. Un rischio enorme... E sin qui siamo ancora alle finezze. Andiamo invece al lato più problematico. Quando la Russia dice: io uso l'arma nucleare per l'interesse vitale del mio paese, bisogna interrogarsi su quando inizia l'interesse vitale del paese… Adesso, anziché dire che Putin è matto – anche perché non lo è, e comunque non ci interessa - ci interessa capire come la leadership russa giudica e valuta ciò che accade, come valuta questo tipo di attacchi. Insomma, si sta scherzando col fuoco, e bisogna saperlo. I partigiani di questo tipo di armi, a cominciare dagli ucraini, hanno detto: “ci sono tante linee rosse che abbiamo violato”. Ma le linee rosse sono per l’opinione pubblica. Quando si parla del nucleare, non funziona così. In questo caso la linea rossa non è fatta per il pubblico, è fatta per le élite. E quindi lì il gioco comincia a diventare molto pericoloso. Quando i russi dicono: “state facendo un gioco pericoloso, state sfruttando il nostro senso di responsabilità”, beh, non stanno semplicemente agitando degli spauracchi. Stanno mandando dei chiari segnali politici. Direi che è poco saggio ignorarli. In quest’ottica l'offensiva nel Kursk può essere considerata un azzardo, se ho capito bene. Da un punto di vista della tecnica militare nessuno dice che sia stata una mossa malfatta: si è sfruttata la sorpresa e l’impreparazione altrui. Benissimo, bravi. Ma la domanda è: perché? Zelensky ha dichiarato: “non vogliamo annettere niente. Vogliamo semplicemente arrivare in condizioni negoziali migliori e alleggerire il fronte del Donbass”. A parte il fatto che il fronte del Donbass non è stato alleggerito. Ma poiché l'obiettivo dichiarato di Zelensky è questo secondo summit della pace con i russi, e i russi hanno dichiarato in modo inequivocabile che se gli ucraini restano nel territorio russo alla conferenza non ci vanno, allora resta sospesa la domanda su cosa voglia davvero Zelensky. E questa domanda è cruciale, perché se Zelensky vuole che la Conferenza abbia dei risultati interessanti prima delle elezioni americane, non è che l’offensiva nel Kursk né gli attacchi missilistici possano aiutare. Qui dobbiamo evitare di ragionare come Walt Disney, “i sogni sono realtà”. No, con una guerra non è così. Il coraggio, il morale, i valori. Tutto vero, ma poi bisogna vedere che cosa vogliamo ottenere. E poiché sappiamo che in realtà tanto gli ucraini quanto i russi sono ormai alla fine della loro sostenibilità bellica - cioè “stanno alla frutta”, come si dice a Roma - allora hanno interesse a trattare tutti e due. E poiché gli ucraini hanno meno gente da gettare nella fornace della guerra, comunque meno dei russi, è inutile comprare armi se poi non ci sono i soldati dietro. La richiesta di missili, però, sembra avere chance di passare, come se gli Usa avessero sposato questa strategia offensiva. Sottolineo un fatto che spesso sfugge. Fin dall'inizio, gli Stati Uniti sono sempre stati molto attenti a cosa fornivano. Sempre. E lo saranno anche con questi missili. Se li daranno, verranno contati e con delle restrizioni su cosa colpire e cosa no. E non è che con Kamala Harris le cose rischino di essere migliori. Di lei non sappiamo molto, in effetti. E mentre gli ucraini conoscono Trump, farebbero bene a studiare molto meglio Madame Harris, perché si ha il dovere di conoscere i propri amici, soprattutto se sono gli amici più potenti. Anche se dobbiamo sempre ricordare il pensiero di Kissinger: “in politica estera non ci sono amici, ci sono interessi”.

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