Rapporti Uk-Ue, la "raccolta delle ciliegie" è finita

Londra – Durante la conferenza stampa congiunta col cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino, il premier Britannico Keir Starmer ha cercato, ancora una volta, di allontanare ogni sospetto: “Reset non vuol dire rovesciare la Brexit”. L’attuale inquilino del numero 10 di Downing street sta camminando lungo una fune sospesa tra l’Isola e il Continente, tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Suo obiettivo: accorciare le distanze tra le due realtà, senza finire a mare. Un equilibrio precario e un rischio di fallimento alto Ma come si migliorano, senza fallire, le relazioni con una realtà politica e un mercato unico che si è voluti lasciare meno di dieci anni fa, in maniera non esattamente amichevole? E come si può farlo senza dare l’impressione di voler soverchiare la volontà popolare espressa col referendum del 2016 ? Bisogna procedere, appunto, in precario equilibrio. Il "cherry picking" L’elenco degli ambiti in cui Londra vorrebbe migliorare i propri rapporti con Berlino – secondo partner commerciale al mondo – sono numerosi. Innanzitutto la Difesa, ma c’è anche la lotta all’immigrazione illegale, la scienza, il commercio, la cultura. E chi più ne ha, più ne metta. Ma la Germania fa parte di quell’Unione Europea che Il Regno Unito ha rinnegato e a Bruxelles hanno in testa un concetto molto chiaro, dal quale nessuno è disposto a derogare: se vuoi qualcosa, devi dare qualcosa in cambio. La stagione del “cherry picking”, espressione inglese efficace per descrivere il modus operandi di scegliere per sé solo le cose che convengono, è per il Regno Unito decisamente alle spalle. A inizio di questa due giorni che lo porterà anche a Parigi - in coincidenza dell’apertura delle paralimpiadi - a incontrare il presidente francese Emmanuel Macron, Starmer ha sottolineato come la “missione numero uno” del suo Governo sia la crescita. Per centrare questo obiettivo, è “vitale”, ha detto il premier, rafforzare le proprie relazioni con i propri partner. Ma, in concreto, cosa il nuovo primo ministro potrebbe fare, di meglio e di diverso, rispetto al “Windsor Framework” siglato dal suo predecessore, Rishi Sunak, con la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen? Scholz sarebbe ad esempio ben contento di rafforzare le proprie relazioni con Starmer, ma in cambio vorrebbe garantita la mobilità di movimento ai minori di 30 anni desiderosi di fare un’esperienza di studio nel Regno Unito. E se dovesse valere per gli studenti tedeschi, come e perché non dovrebbe essere valido per gli altri europei? Do ut des Starmer sa che per non fallire nel proprio intento di riavvicinamento – lui che in passato avrebbe voluto un secondo referendum – dovrà concedere qualcosa. Ma cosa? Potrebbe, ad esempio, la carta della lotta al traffico di migranti della Manica, diventare la moneta di scambio per far accettare ai britannici un’erosione della Brexit per come è stata pensata e implementata? Sarebbe un vero paradosso: fu proprio lo spauracchio di vedere “orde di turchi ed est europei” arrivare in Inghilterra una delle principali bugie utilizzate dai promotori del Leave. Il giorno dell’insediamento, lo scorso 5 luglio, il leader laburista aveva dichiarato: “Il Regno Unito non rientrerà nella Ue, nel mercato unico o nell’unione doganale nell’arco della mia vita”. Resta da capire se si tratti di una previsione o di un impegno politico.