Perché sentiamo il bisogno di condividere le emozioni negative sui social

Farsi vedere in lacrime online non è nulla di nuovo. Anche le celebrità cercano di sdoganare un uso più autentico dei social, mostrandosi fragili quando serve. Un esempio su tutti: il post di Bella Hadid del 2021 in cui, attraverso scatti in cui si mostrava in lacrime e sofferente, teneva a ricordare che quanto vediamo sui social media non corrisponde sempre a verità. O ancora, in Italia la creator “laz3cca” aveva condiviso online un video sfogo in lacrime per essere stata derisa in palestra per il suo aspetto fisico. Contenuti che diventano inevitabilmente virali e la viralità, si sa, piace a tutti. Proprio dalla facilità con cui si può essere virali, specialmente su TikTok, sono nati molti video di utenti che spiegano come fare a piangere per finta. Ma perché gli utenti sentono sempre più il bisogno di esprimere le loro emozioni negative sui social? Qualche risposta ce l’ha Camilla Pianigiani, camonkei su TikTok, che recentemente, a causa della tragica morte di Liam Payne ex membro dei One Direction, si è mostrata in lacrime davanti ai suoi follower. Da cosa è nata la sua necessità di aprire un canale social e raccontare fatti di vita quotidiana? In realtà, ho sempre avvertito la necessità di condividere i miei pensieri sui social. Proprio l’altro giorno ho recuperato dei video di quando ero piccola, su una vecchia SD, in cui mostravo tutte le spiagge che stavo visitando in Sardegna con i miei genitori. Quando andavo a scuola, ho persino aperto il mio primo canaleYouTube dove parlavo di musica, importantissima nella mia vita, perché i miei genitori mi hanno sempre portata a sentire i loro artisti preferiti. E tutto ha avuto inizio così. Col tempo, ho avvertito sempre più la necessità di esprimere anche altro: sentivo il bisogno di parlare di me e del mio vissuto. Per fare un esempio, anche della separazione dei miei genitori. Sui miei social ho voluto esprimere il concetto di naturalezza, tranquillità, tratti che mi contraddistinguono. Il mio lato più autentico. È sempre stato così? Quando ho iniziato a frequentare l’università ho avuto un momento di stop. Poi, in pandemia, ho ripreso a fare video, questa volta però su TikTok, perché era la piattaforma del momento, l’ho trovata più diretta. La pandemia e l’acne mi hanno rinchiusa in casa a lungo. E in quel periodo buio ho avuto modo di vedere che tante ragazze stavano attraversando le mie stesse difficoltà. Perciò ho iniziato a condividere, senza però dare alcun consiglio. Ne parlavo semplicemente, mentre preparavo cinnamon rolls o crostate. Volevo far capire alle persone: “Ci sono anch’io, anch’io sto così”. Nel momento in cui ho iniziato a parlare delle mie esperienze personali, si è creata una sorta di unione con gli utenti. Parlare di temi personali come la separazione dei tuoi genitori e l’acne, l’ha in qualche modo aiutata ad affrontare meglio questi eventi traumatici? Assolutamente sì. Quando ho iniziato a postare video, avevo ancora l’acne, anche se probabilmente non si vedeva perché evitavo in tutti i modi di mostrarla. Però, poi, grazie ai feedback degli utenti, ho iniziato a mostrarmi senza filtri, al naturale. Sono stati proprio loro a farmi capire che bisogna mostrarsi reali e anche vulnerabili. Quando avevo ancora l’acne, su TikTok cercavo video come “la mia esperienza dopo 3 mesi con questo farmaco”. In Italia non ce n’erano moltissimi, quindi mi sono detta “ok, adesso provo a farlo io”. È stato bello: quando ho iniziato a condividere la mia esperienza, tante ragazze hanno fatto lo stesso. Ricordo che feci vedere tutte le foto dei rossori che avevo in volto e tante ragazze mi hanno inviato le immagini dei loro visi. Quando mi sono arrivate tutte quelle testimonianze ho pensato: “Vedi, Camilla, non sei la sola”. Condividere la mia esperienza mi aiutata davvero tantissimo a superare quel periodo. Tra l’altro, a causa dell'acne, persi parecchie amicizie. Ma quando iniziai a parlare del mio problema sui social, ebbi modo di conoscere tante ragazze simili a me. Due di queste, sono ormai diventate le amiche con cui condivido tutte le mie passioni oggi. Nell’ultimo periodo ha pubblicato dei video in lacrime per la tragica morte di Liam Payne. Cosa pensa delle critiche di mostrarsi tristi sui social per ottenere notorietà? Secondo me bisogna sempre verificare la situazione. Non dico che chi posta questi video lo fa per generare hype, però credo che una parte delle persone che si mostra mentre piange sui social potrebbe essere che lo faccia per finta. È dovuto al fatto che siamo sempre stati abituati a pensare che una persona sui social faccia qualcosa per guadagnare più like e visualizzazioni, è un meccanismo che abbiamo interiorizzato tutti quanti. Per capire l’autenticità di un profilo, bisognerebbe guardare gli altri video postati dall’utente e le tematiche che ha trattato, per capire se ci tiene veramente a quell’argomento o meno. Ho trovato molto d’aiuto i video di creators che cercavano di normalizzare il dolore che noi fan stavamo attraversando. Avevo bisogno di sentirmi dire che era del tutto normale piangere per la morte di qualcuno che non conoscevo, ma che in qualche modo era diventata parte fondamentale della mia vita. Si è mostrata fragile quindi, non solo per aiutare gli altri, ma anche per metabolizzare il dolore che lei stessa stava attraversando. Si è sentita capita da persone che erano sconosciute? Prima di registrare il video, non avevo ancora mai pianto per l’accaduto. Quando ho appreso la notizia, ero triste, avvertivo il magone, ma solo nel momento in cui ho iniziato a registrarmi sono riuscita a tirare fuori le lacrime. Avevo paura a mostrarmi sofferente a casa, perché temevo di non essere capita. Quando ho iniziato a registrare il video, invece, mi sono commossa perché nel mentre ho realizzato di star parlando a degli utenti online che potevano capirmi, che stavano provando la stessa cosa. E anch'io sentivo proprio il bisogno di esternare la mia sofferenza. Pensa che i social possano alimentare o combattere l’ansia del presente? Da cosa nasce questa ricerca di autenticità? Secondo me all’inizio i social erano molto fake, mostravano questa sorta di “vita perfetta”. Specialmente su Instagram, c’erano solo post editati, super perfetti. Poi c’è stato uno switch, probabilmente a causa della pandemia. Da lì, abbiamo tutti avvertito l’esigenza di mostrare la nostra quotidianità, di mostrarci senza filtri, di parlare dei nostri problemi. Anche il tema della salute mentale, prima di allora, era ancora un tabù. Le persone ora hanno iniziato a mostrarsi più reali. Anche se non sappiamo se stanno fingendo o no. Quindi questa ricerca di autenticità sui social potrebbe essere stata innescata dal periodo pandemico, dai conflitti e dall’avere accesso incondizionato a notizie negative? Secondo me la pandemia ci ha segnato tutti, indistintamente. E ci ha fatto crescere tanto, perché ci ha tolto tantissimo. Per me la pandemia ci ha resi più veri, anche per quanto riguarda la comunicazione social. Credo tanto in noi giovani perché sono convinta che abbiamo il potere di poter cambiare le cose. Ha mai ricevuto critiche per esserti mostrata fragile sui social? Come l’hanno fatta sentire? Non sui social, ma a scuola ricordo che mi hanno presa in giro perché ho iniziato a postare video in cui parlavo di me. Ho sempre cercato di non prenderla troppo sul personale perché ho sempre creduto che quello che stavo facendo fosse giusto. Però questa cosa mi ha segnata. Per quanto riguarda i social, ho ricevuto delle critiche da un gruppo di utenti perché sostenevano che io andassi ai concerti gratis, quando in realtà ci andavo per lavoro. Io cerco di essere sempre sincera, ma sono arrivata alla conclusione che le persone che mi criticano lo fanno perché non riescono a capire veramente la mia autenticità. Però devo capire che non posso farci niente. Penso che ci voglia lo stesso livello di intelligenza emotiva per riconoscere che l’altra persona è autentica. E questo va a svantaggio loro. Ci sono più pro o contro nell’esporsi? Secondo me sono più i pro, però non nego che a volte sto male anche solo per 4 commenti negativi su 100. Però poi quando ricevo messaggi su Instagram del tipo “grazie per aver parlato di questo perché non mi sento sola, al momento non ho nessuno con cui parlare” o quando le persone condividono con me cose che non riuscivano a raccontare a nessun’altro, mi dico “ma sai che c’è, se anche ad una sola persona è servito, io il video lo lascio e piuttosto inizio a lavorare su me stessa”. Riusciremo davvero a creare uno spazio autentico e interconnesso sui social? O la tendenza sarà sempre più quella dell’alienazione? Il rischio dell’alienazione c’è sempre. Io uso tantissimo i social e delle volte mi rendo conto che la cosa mi sfugge di mano, passo ore a cercare video di qualcuno che sta vivendo le mie stesse cose. Il rischio può essere che ci rifugiamo troppo in queste piattaforme alla ricerca di risposte a tutti i nostri problemi. In generale, però, sono molto contenta di come i social si stiano evolvendo, soprattutto TikTok e YouTube, dove le persone ti portano nella loro vita, ma in maniera più vera. Che è poi quello che cerco di fare io. Sono molto contenta di ciò che ho creato: nel tempo molte persone mi hanno detto che avrei dovuto realizzare video più brevi per avere più followers o più views, ma io ho sempre risposto “No, questa sono io e questo è quello che voglio fare, quindi credo di aver trovato la mia strada”.

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