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Almanacco Barbanera, la saggezza della tradizione in 365 giorni

Lifestyle

Sabrina Rappoli

A Spello, nel cuore dell'Umbria, hanno sede la Fondazione Barbanera e l'editore Campi, che pubblica il celebre almanacco: siamo stati a visitarla per la rubrica FLASH

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È una tradizione che si rinnova dal 1762 quella dell’Almanacco Barbanera, un mito che rivive ogni anno e che porta dall’Umbria - dove ha sede la sua redazione - al mondo intero, pillole di saggezza, consigli e suggestioni; argomenti utili per il nostro vivere quotidiano, che mettono al centro il rispetto per la Natura, come spiega Luca Baldini, direttore editoriale Campi, attuale editore dell’Almanacco.

“Anno nuovo, nuovo Barbanera. Barbanera è una tradizione molto antica, che nasce a Foligno nella metà del '700 e da allora è diventato - nei primi del '900 - una sorta di vangelo per i ceti rurali; al punto che Gabriele D’Annunzio lo definì, in una lettera al parroco di Gardone "il fiore dei tempi e la saggezza delle nazioni". Ci troviamo in Umbria, a due passi da Assisi, a Spello, dove abbiamo impiantato una casa editrice molto particolare, perché unisce - all'attività editoriale - un grande orto giardino, dove piantiamo specie rare e dove andiamo a fare, per primi, ciò che poi raccontiamo ai lettori; a sperimentare nuove tecniche e le tecniche della tradizione, gli influssi della luna e i modi migliori per avere un rapporto sano e armonico con la Natura. Da allora abbiamo continuato a farlo con grande responsabilità e numeri crescenti, perché i nostri lettori ogni anno aumentano, felici di ritrovare un pezzo di tradizione e di modernità all’interno del loro calendario, del loro Almanacco”.

I tempi sono cambiati e con essi il modo di informarsi, eppure, il Barbanera, rimane uno strumento di lavoro per molti agricoltori, che si approcciano a esso non soltanto per affezione: è così?

“Abbiamo lettori che ci scrivono per avere maggiori informazioni o per avere delucidazioni su tutto ciò che scriviamo, anche sulle più piccole cose. Quindi è, da un lato, un modo per riappropriarsi di un’identità tradizionale, di un certo saper fare; dall’altro, c’è il piacere di creare con le mani qualcosa che va a incidere sulla nostra quotidianità. Fare l’orto non è soltanto una necessità di produzione degli ortaggi ma è rientrare all’interno di un ciclo naturale con cui dobbiamo riprendere famigliarità. Tra le attività che svolgiamo in sede, qui a Spello, c’è una serra, il luogo dove piantiamo i semi che poi andranno nell’orto e nel giardino; quindi, anche questo è un modo per riappropriarci della regolarità delle stagioni. Ci siamo abituati, nel corso del tempo, ad avere un’annualità tutta uguale: con l’aria condizionata, con le fragole che possiamo acquistare in qualsiasi periodo dell’anno e, dunque, abbiamo dimenticato i cicli delle stagioni. Invece, sappiamo che l’inverno è il momento giusto per piantare i semi e che occorrono cura e attenzione, occorre proteggerli dal freddo e la nostra serra ci aiuta a farlo”.

Tra il serio e il faceto, nell’Almanacco Barbanera c’è anche una parte dedicata all’astrologia: quanto è seguita?

“È molto seguita ed è un aspetto faceto fino a un certo punto, perché misurare il tempo è un’arte; quella di chi, per ricavare presagi e previsioni, accoglie al suo interno anche la capacità di dare delle indicazioni per il futuro, seguendo l’andamento dei pianeti e delle stelle. Quindi, l’astrologia e l’astronomia hanno viaggiato insieme per millenni ed è non soltanto divertente scoprire cosa ci riserverà l’anno ma è fondante dal punto di vista della storia stessa del calendario”.

“È importante dedicare al mese di gennaio un momento di pausa. Ora la Natura ci dice che è il momento di riposare, perché sta ripartendo. Il 21 di dicembre è stato il solstizio d’inverno e da quel momento il sole ha iniziato a regalarci delle giornate più lunghe. Quindi, c’è una promessa di Primavera, mentre ancora siamo in pieno Inverno, il 21 dicembre, appunto. Ci insegna questo, che c’è un tempo per il lavoro e un tempo per il riposo. Gennaio è il momento in cui la terra si riposa e noi dobbiamo imparare a riposare con essa, non dobbiamo lasciarci prendere dall’ansia di fare. Poi, è chiaro, è il momento in cui si mettono a dimora semi di fiori, semi di ortaggi, insomma, il momento di preparazione dell’orto primaverile; il momento di mettere tutto a dimora protetta, perché le temperature non consentono ancora la semina in piena terra”.

Dedicate una parte all’attività didattica?

“La effettuiamo e teniamo molto a trasferire ai bambini dei concetti base, sul rapporto con le stagioni e con la Natura e anche con il fare con le mani. Noi ci siamo un po’ disabituati a fare con le mani, perché l’epoca del consumismo o l’epoca della Rete, ci hanno insegnato che possiamo accedere a molto con poca fatica, mentre un tempo si faceva molto con le mani. I nostri nonni in casa sapevano fare un po’ di tutto, quindi, insegnare ai bambini che le stagioni hanno un loro ciclo e che l’anno è pieno di meraviglia e di diversità e imparare a gestirlo, facendo con le mani qualcosa che arricchisce il quotidiano, è un passaggio molto importante. Noi abbiamo un calendario che abbiamo fatto per bambini, che è il Calendario del piccolo Barbanera, in cui c’è questo bambino che riempie l’anno di avventure. Sono le stesse cose che raccontiamo ai nostri lettori adulti ma scritte come una bella fiaba illustrata, in grado di arrivare alle scuole e ai bambini, che accogliamo sempre con grande piacere in questo spazio”.

L’Almanacco Barbanera possiede anche un ricchissimo archivio, definito dall’Unesco “Memoria del mondo”. L’importanza di questo riconoscimento la chiediamo a Raffaella Sforza, responsabile dell’archivio Barbanera.

“Noi conserviamo tutta la memoria storica del Barbanera e l’archivio storico dell’editore Campi, l’editore attuale del Barbanera. Questo riconoscimento ha significato per noi tanta responsabilità, oltre a onorarci profondamente. L’Unesco ha indicato, nella collezione che noi conserviamo di almanacchi Barbanera, il simbolo di tutta la letteratura almanacchista mondiale, quindi, anche degli almanacchi più antichi o di quelli più lontani. Unesco ha scelto questa edizione e non altre, perché Barbanera fin dall’antichità ha avuto una grande capacità di penetrare nelle case degli italiani. Ha avuto una diffusione tale da essere considerato un vero e proprio mass media”.

A chi è più utile, l’archivio Barbanera, ai semplici curiosi o agli studiosi?

“Sono due pubblici diversi. I semplici curiosi qui trovano le radici della nostra tradizione popolare. Sono radici articolate, quelle che racconta da sempre Barbanera e che ancora oggi proviamo a raccontare con le edizioni più recenti. Il ricercatore – d’altra parte - trova una infinità di fonti poco consultabili altrove, che danno informazioni sulla vita quotidiana della gente. Mi piacerebbe che venissero più persone a visitarci, perché abbiamo davvero tanti, tanti libri che possono offrire risposte.

Cosa le piacerebbe che questo luogo facesse ancora di più per chi si approccia a questo mondo così affascinante?

“Mi piacerebbe che venissero più persone a visitarci, perché abbiamo davvero tanti, tanti libri che possono offrire risposte”.

C’è qualcosa di davvero speciale che particolarmente le piace, tra ciò che conservate qui?

“Sono tante, in effetti ma la particolarità di una collezione come questa sta nel fatto che noi conserviamo non tanto oggetti rari, quanto oggetti che hanno avuto una grandissima diffusione, che si sono perduti e che noi abbiamo in qualche modo salvato, mi piace pensarla così”.