Perché siamo ossessionati dalle piante?

“Il cliente con meno piante ne avrà almeno cinquanta” racconta Gabriele De Santis, artista contemporaneo e appassionato di piante, che nel 2020 ha fondato a Roma il primo punto vendita di Palma definito un progetto commerciale e culturale. Molti hanno iniziato con una piantina per arredare un angolo della casa per poi arrivare a collezionarne oltre un centinaio. “C’è chi sviluppa una passione per le specie rare, alcune arrivano a costare anche 500 euro. Ormai sono diventate quasi dei cuccioli. Per scherzare tra gli appassionati si parla di ‘plant mom’ e ‘plant dad’” ricorda Gabriele. Ogni sabato circa cento persone si incontrano nei negozi di Roma, Torino e Milano per il corso “ABC, come smettere di uccidere piante” o per imparare antiche tecniche di coltivazione giapponesi come il Kokedama, letteralmente “sfere di muschio” che avvolgono le radici senza bisogno del vaso, o il terrarium, una foresta in miniatura sotto una campana di vetro. “Da Palma non si vendono solo piante, sono luoghi di incontro, per questo organizziamo workshop e ogni martedì è prevista la plant clinic, dove chiunque può portare la sua piantina se ritiene che non stia bene. Il primo punto vendita è stato aperto a Roma, poi siamo arrivati anche nelle altre città. Il nome viene dall’assonanza con calma. Le piante hanno un potere rilassante”. Diverse sfumature di verde, striature, macchie, foglie dalla forma stravagante, alcune che sembrano di velluto, altre ricordano le squame di un drago. De Santis cammina passando le mani sulle tante tipologie di piante che riempiono il lungo tavolo al centro del negozio di Corso Lodi, a Milano: “Ci sono le Monstere, le Begonie, i Filodendri, le Alocasie black velvet, sapevi? Vengono dall’Indonesia e dalle Filippine. Trattiamo sulle 350 specie”. La sua passione per le piante è nata per caso, entrando in un negozio di New York. “Era pieno di specie che non avevo mai visto, ho scoperto un mondo. Basta imparare qualche nozione di base per prendersi cura di una pianta e ce ne sono di così tanti tipi che è facile entrare in fissa. Sono tutte piante tropicali perché nelle nostre case trovano il clima perfetto”. Dal 2013 a oggi, De Santis ne ha collezionate centocinquanta. “Non sono poi così tante. La mattina appena mi sveglio faccio il caffè e mi dedico al mio ‘giro piante’. Il gesto di curarle è così rilassante che lo ritengo un quarto d’ora di cui non vorrei mai privarmi”. Quando è iniziata la fissa delle piante Il progetto di creare uno spazio di incontro per curiosi e appassionati, racconta De Santis, è nato durante una mostra a Roma nel 2013, di cui era organizzatore. “Mi sono reso conto che arrivavano critici d’arte più interessati alle piante con cui avevamo riempito la sala che alle opere ma è stato durante il Covid, quando il lavoro si è fermato, che l’idea si è concretizzata ed è nato Palma. Il lockdown ci ha donato il tempo per riflettere e concentrarci su ciò che ci fa stare bene, abbiamo capito quali erano per noi le cose belle e ce le siamo riprese”. Mentre il progetto di De Santis prendeva forma, Paolo Mammana, da una chiacchierata in balcone nella sua casa di Milano, realizzava di voler lasciare la carriera nella ristorazione. “Ho fatto il cuoco per quindici anni e poi mi sono spostato nell’area gestionale. Mentre eravamo chiusi in casa ho scoperto il meraviglioso mondo fuori dal lavoro e ho ritrovato la passione per le piante che avevo abbandonato in adolescenza. Insieme a mio marito e a un amico ci siamo chiesti: di cosa ha bisogno la gente? Eravamo stanchi del grigiume delle città, degli spazi contenuti dei nostri piccoli appartamenti. Avevamo tutti la necessità di evadere e il verde era il mezzo migliore per farlo. In poco tempo sono tutti diventati esperti di piante perché prendersene cura è semplice e fa stare bene”. Nel 2020, Mammana ha così intuito le nuove possibilità del lavoro da remoto coniugate con le necessità nate durante la pandemia. “Il nome è venuto automatico: cos’è un posto dove ci sono le piante e lavori? Ovvio, Flora et Labora”. Entrando non è chiaro se sia un vivaio, un locale o uno spazio di coworking, Flora è concepita come una piccola isola di resistenza verde “Tra il caos del Naviglio grande e la lenta riqualificazione del Naviglio Pavese. Che siano qui per lavorare, prendere un tè o chiedere consigli, volevamo accogliere le persone in un’altra dimensione lontana dalla quotidianità isterica della città”. Un hobby che è andato oltre la pandemia La passione per le piante è esplosa durante il lockdown e, al contrario di altre come quella per le ricette di lievitati dolci e salati, ha continuato a crescere anche dopo. I motivi sono diversi: una nuova estetica che desidera il verde integrato con gli spazi in cui abitiamo e lavoriamo; i consigli disponibili sui social che hanno reso il giardinaggio un hobby accessibile; il basso costo delle piante più comuni e dei prodotti per la cura; la necessità di evadere attraverso lavori manuali ma semplici da combinare con la ritrovata frenesia cittadina. “È una curiosità che ha accomunato persone di tutti i tipi. Se dovessi fare un identikit dei clienti di Flora direi che il primo è il nerd, quello che si mette più in gioco. È un collezionista, cerca la pianta più particolare, fa tante domande, ti ricontatta, prova a riprodurle. Ma non c’è distinzione di età, va dal ragazzino insospettabile alla vecchia signora. Poi ci sono le persone a cui continuano a piacere le piante ma sono negate o non si applicano quindi cercano solo le ‘facilone’. La richiesta più bella che fanno è ‘Vorrei una pianta che viva da sola’. Io rispondo sempre sorridendo che l’unica è una pianta finta”. Un’altra dimensione del tempo e della cura In un momento di fragilità estrema, di rapporti sfibrati immersi in un tempo immobile, adottare una pianta è stato un modo per ritrovare un senso. "Prendersi cura di qualcosa dà una gioia immensa. Il segreto con le piante è imparare a lasciarle fare, è un lavoro di osservazione, di distacco, di pazienza, di attesa. La prima causa di morte delle piante è l’eccesso di cura: troppa acqua, troppo sole, troppo fertilizzante” dice Mammana. Accade spesso che i clienti di Flora come quelli di Palma entrino in negozio accompagnati da un senso di panico difficile da nascondere. “Non dobbiamo spaventarci - rassicura Gabriele De Santis -, se una pianta un giorno tira fuori una foglia marrone non iniziamo a fare il rinvaso a dare fertilizzante: aspettiamo. Le piante possono morire e non bisogna farsene una colpa, anzi, questo ci aiuta a capire la nostra fragilità e ad accettarla. Sono organismi che si deteriorano proprio come noi e dobbiamo accettarlo. Occupandocene impariamo il rispetto per chi si muove con tempi diversi e che nella vita possono esserci fasi in cui qualcosa non sta funzionando, non è detto che la soluzione si riesca a trovare in un pomeriggio. Diamo a loro e a noi stessi del tempo”.