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Jeph Loeb a Lucca Comics: "Tim Sale è ancora con me. Lo sento che mi parla"

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Gabriele Lippi

Uno dei più grandi autori nella storia di Batman, ospite di Panini Comics all'evento in Toscana, racconta a Sky TG24 il rapporto con il socio di una vita, la sua perdita, la voglia di dedicargli la nuova serie L'Ultimo Halloween. E di come è stato tornare a lavorare con Jim Lee per il seguito di Hush

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Jeph Loeb ha lo sguardo sereno. È una persona a cui piace dialogare, raccontare e raccontarsi. Uno scrittore generoso con la voce tanto quanto lo è con la penna. Uno che ama metterti a tuo agio. Per una serie di circostanze, la nostra intervista a Lucca Comics and Games, dove è ospite di Panini Comics, avviene in un contesto informale che la rende ancora più interessante: seduti al tavolino di un bar a due passi dal Giglio. Lo saluto con reverenza, chiamandolo Mr. Loeb, come si conviene a uno che ha scritto alcune tra le storie più belle di Batman (Il Lungo Halloween, Vittoria Oscura, Catwoman: Vacanze Romane, Hush) e tra le pagine più toccanti mai pubblicate dalla Marvel (la tetralogia dei colori con Spider-Man Blu, Hulk Grigio, Capitan America Bianco e Daredevil Giallo). Lui mi guarda e mi dice “Non sono Mr. Loeb, Mr. Loeb era mio padre. Io sono Jeph”. Così mi presento col mio nome, gli porgo la mano e passo immediatamente al tu.

Una tavola estratta da Batman. Il Lungo Halloween, di Jeph Loeb e Tim Sale, Panini DC

Sono passati quasi 30 anni da quando Il Lungo Halloween è uscito. Come ricordi quei primi giorni di lavoro?
Terrificanti. Non avevo mai scritto un mistery, tanto per cominciare, ma soprattutto questa era una storia di Batman lunga 420 pagine. Fino a quel momento avevo lavorato a tre uscite, che erano diventate il primo speciale di Halloween. Ma avevo due assi nella manica: il primo Archie Goodwin, il nostro editor, che per me è il miglior sceneggiatore che abbia mai lavorato sui fumetti e lo metto lì in alto con Stan Lee e Frank Miller; il secondo era Tim, il mio partner, che era così bravo a dirmi cosa voleva disegnare, e quando io mi approccio a un lavoro mi metto a scrivere per l’artista, non farei mai per Jim Lee la stessa storia che faccio per Tim Sale o per Ed McGuinness. In Tim ho trovato qualcuno di cui capivo veramente cosa avrebbe voluto disegnare. Insomma, è stato spaventosa, ma avevo loro due con me.

 

La storia ha avuto immediatamente un grande successo, portando a un sequel, uno spin-off, uno speciale. E tutti sono straordinari. Non è scontato mantenere un livello qualitativo così alto in una serie, specialmente si si comincia con un capolavoro. Come ci siete riusciti?
Quello che dico sempre è che quando mi alzo al mattino non so nemmeno cosa mangerò a pranzo, quindi non puoi chiedermi come faccio a scrivere qualcosa di così buono, e non riesco nemmeno a usare le parole che hai usato tu, un complimento così grande per cui ti ringrazio, ma tutto quello che posso fare è cercare di raccontare la migliore storia che riesco. E poi magari alla gente piace. Ma sai, il mondo è cambiato: quando io e Tim abbiamo realizzato Il Lungo Halloween l’unico modo in cui il pubblico poteva raggiungerci era scrivendo una lettera alla DC e la DC di solito non ci inoltrava la corrispondenza, quindi tutto quello che io potevo fare era andare in un negozio e scoprire che era esaurito, e questo era buono. Ora, invece, il mio telefono mi dice quello che pensa la gente di tutto il mondo e c’è un sacco di gente che non è nemmeno così gentile. Questo francamente non lo capisco: certo, hai il diritto ad avere la tua opinione, non comprare l’albo, ma non c’è alcun bisogno di andare online e rovinare l’esperienza a un altro lettore, di dargli dello stupido perché ha amato quel libro. Lascia che chi ha speranza speri.

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Una tavola estratta da Batman. Il Lungo Halloween, di Jeph Loeb e Tim Sale, Panini DC

Ora, oltre 25 anni dopo Catwoman: Vacanze Romane e tre anni dopo lo speciale del 2021, sei tornato al lavoro su questa storia. Cosa ti ha fatto pensare che era giunto il momento di scrivere un nuovo capitolo?
Tim. Stavamo cercando qualcosa per poter lavorare di nuovo insieme. All’epoca lavoravo alla Marvel Television realizzando serie come DaredevilLuke Cage, Jessica Jones, ed ero “fermo” da sette anni, non mi permettevano di scrivere, la Marvel mi diceva che potevo essere un produttore o un autore di fumetti, e volevo essere un produttore. Per tornare, ho chiesto a Tim cosa volesse fare e lui mi ha detto Batman. Così gli ho detto “guarda, ci sono ancora parti della storia da raccontare, e amo quei personaggi. Facciamolo”. È pericoloso? È camminare su un filo sospeso in aria, qualcosa che solo un acrobata può fare.

Come era lavorare con Tim Sale? Il mondo ha perso un grande artista, tu hai perso un amico…
Era più di un amico, era il mio partner. A volte mi sembra come se provassi a scrivere con la mia mano sinistra, che è del tutto inutile. Ma lui è con me, posso sentirlo, quando scrivo una scena o un dialogo sento la sua voce che mi dice “questo è orribile, fallo meglio”, e mi aiuta anche sapere che non essendo lui qui, quello che faccio deve essere straordinario perché lo sto scrivendo per lui. Ed è questo che è cambiato: dopo che Tim se n’è andato ho messo via quello che avevo già scritto e deciso di non farlo più, ma un anno dopo Mark Chiarello e Richard Starkey, il nostro editor e il nostro letterista, mi hanno detto che forse si poteva fare: invece di provare a raccontare la storia senza Tim, avremmo potuto raccontarla per Tim.

Una tavola estratta da Batman. Il Lungo Halloween, di Jeph Loeb e Tim Sale, Panini DC

Mi piace tantissimo come tutti questi artisti incredibili coinvolti in L’ultimo Halloween hanno reso omaggio a Tim Sale. È qualcosa che scalda il cuore.
Loro non cercano di disegnare come Tim, ed è quello che ho chiesto esplicitamente, di fare il loro miglior lavoro. Finora avete visto solo due uscite e non potete credere a cosa arriverà. Devo dare un gran credito alla DC perché non conosco nessun’altra compagnia che mi avrebbe permesso di fare cosa abbiamo fatto, che mi avrebbe concesso di avere questa specie di regno editoriale per poter lavorare con un gruppo di persone così diversificato su un franchise amatissimo. È stato un rischio enorme, e penso che dica molto della DC e di cosa le persone provavano per Tim. Non lo so, vedremo quando me ne andrò io se così tanti artisti si riuniranno per raccontare una storia di Jeph Loeb.

 

Tu e Tim Sale avete lavorato su numerose opere universalmente riconosciute come capolavori del fumetto. Non solo Batman, penso anche a cose come la tetralogia dei colori Marvel. Hai un’opera preferita tra queste?
Non ne ho una preferita. Non guardo alle mie storie come fanno gli altri ma attraverso il ricordo del momento e dell’artista con cui ho lavorato. È come se andassi al circo e tu mi chiedessi se mi è piaciuto più l’acrobata o il leone: no, mi piace ricordare di me e della persona con cui ho vissuto quell’esperienza. Per me tutte le storie dei colori sono speciali perché mi ricordo di quando ci lavoravo con Tim. Ora sono ancora più speciali per me, perché sono storie che parlano di perdita, lutto, e di persone che non ci sono più, e adesso anche io ho il mio libro del colore, che parla di me senza Tim.

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Una tavola estratta da Batman. Il Lungo Halloween, di Jeph Loeb e Tim Sale, Panini DC

Da poco è stato annunciato che tu e Jim Lee, con cui componi un altro dream team della DC Comics, vi riunirete sulla serie regolare di Batman per realizzare il sequel di Batman: Hush. Sei entusiasta?
Entusiasta non è la parola giusta: è il 4 di luglio con la presa della Bastiglia con qualsiasi festa importante ci sia in Italia… è Natale a luglio! È così divertente lavorare con Jim, non solo come artista ma anche per l’eccezionale narratore che è. Lui ama le sfide, io spingo lui e lui spinge a me a fare una storia migliore.

 

Ci puoi raccontare come è nata l’idea?
Abbiamo deciso di fare Hush 2 nel momento stesso in cui abbiamo finito Hush: 25 anni fa o qualcosa del genere, lui mi ha detto “dovremmo farlo di nuovo”. Io gli ho risposto “ok, quando?” e lui: “Ti chiamo quando avrò tempo”. Ora lui è l’editore di una multinazionale da miliardi di dollari; inoltre ha nove figli, quindi ogni fine settimana c’è un matrimonio o un diploma; in più è una superstar internazionale, quindi deve andare alle convention per farsi vedere, è parte del suo lavoro; così pensavo che semmai fosse successo, sarei stato troppo vecchio per farlo. E invece, un paio di anni fa, io ero proprio qui a Lucca a casa del mio amico Simone Bianchi, e mentre mi trovavo all’aeroporto di Pisa ha squillato il telefono: sul display c’era il nome di Jim e ho pensato avesse sbagliato numero. Ho risposto e lui mi ha detto: “Andiamo”. “Andiamo dove?”. E lui: “Partiamo”. “Ma di cosa stai parlando?”. E lui: “Ti ho detto che ti avrei chiamato quando sarei stato pronto”. Gli ho risposto: “Hai aspettato 22 anni per chiamarmi?”. E lui: “Sì, andiamo!”.

 

E così siete andati…
La parte più difficile è che ci abbiamo lavorato per un anno e abbiamo dovuto tenere il segreto, ed io ero così felice, quando a New York abbiamo rivelato il progetto alla gente. Ed è così bello e posso dirti perché: Jim Lee è l’uomo più competitivo che abbia mai incontrato nella mia vita, lui ha bisogno di qualcuno che lo spinga a essere migliore. Questo lo rende un padre migliore, un marito migliore, un editore migliore, un artista e un narratore migliore. Quindi sapevo che aveva bisogno di qualcuno con cui competere. Todd McFarlane ha smesso, Neil Adams è morto, Tim è morto… così tanti dei nostri amici non ci sono più. Ma io sapevo che c’era una persona che poteva trasformare Jim in un razzo. Gli ho detto: “Vuoi sapere con chi sei in competizione ora? Jim Lee 20 anni fa. Devi dimostrare al mondo che ora sei meglio di quello che eri quando hai fatto Hush. E lo sta facendo, sta facendo qualcosa di incredibile. È sempre Jim, non ha cambiato il suo stile, è solo ciò che ha imparato in questi 20 anni, come è maturato, non solo come artista ma come persona. Perché questo ti cambia: le cose che vuoi disegnare, le angolature che dai alle cose, influenze cinematografiche che ti cambiano la visione. E per me è lo stesso come scrittore, non sono la stessa persona che ero 20 anni fa, le cose che sono importanti per me, come padre, come uomo, impattano sul modo in cui scrivo. Questo è quello che vogliamo comunicare.

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