Gillian McAllister: "Stufa dei gialli in cui le donne muoiono a pagina uno"

“Una persona molto saggia un giorno mi chiese: ‘Chi sei? Una scrittrice o un’avvocata?’ In quel momento mi trovavo in una fase ibrida, avevo ottenuto un primo contratto editoriale ma continuavo a lavorare in uno studio legale. La risposta mi sembrò così evidente, ero una scrittrice”. È così che Gillian McAllister, autrice britannica di thriller da milioni di copie, racconta a Sky TG24 Insider il momento in cui ha preso la decisione più importante, quella di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. “A volte abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia le domande giuste e di trovarci nel momento propizio per recepirle. Iniziai così a dare priorità al mio sogno, continuai per un periodo a fare entrambe le cose, ma mi imposi di uscire dall’ufficio in orario per avere più tempo per le mie storie. Qualche tempo dopo mi dimisi”. Prima una laurea in lettere, poi il ritorno tra i banchi per studiare giurisprudenza, affinando così i suoi futuri ferri del mestiere da crime novelist, un genere in cui oggi naviga con uno spirito da esploratrice. La casa editrice Fazi ha pubblicato "Posto sbagliato, momento sbagliato" nel 2023 e ora "Solo un’altra persona scomparsa", libro appena presentato in Italia, in cui McAllister si getta a capofitto in un poliziesco che ha come protagonista un’instancabile ispettrice, Julia Day, che si trova a dover fare i conti, da un giorno all’altro, con un conflitto di coscienza. Lei è un’abile tessitrice di mistery novel. Ci aiuti a capire il caso “Regno Unito” che dal 2016, anno della Brexit, è sempre più indecifrabile. Piuttosto semplice. Le persone hanno frainteso la domanda del quesito referendario. Non sapevano quello che stavano votando. Penso che i partiti che erano a favore abbiano fatto leva sulle fragilità delle persone in difficoltà e senza diritti. Ero per il “remain”. Non ho perso la speranza, perché per fortuna ora abbiamo un governo migliore, quello Starmer, che non ha un approccio distruttivo come i precedenti e che ha detto basta al linguaggio dell’odio e delle divisioni. Essere una scrittrice di genere a volte può essere un peso, un’etichetta faticosa? Il mio obiettivo è sovvertire il genere. Nel mio ultimo libro ho premuto l'acceleratore dello sperimentalismo. Non mi sono accontentata di una classica scomparsa. La donna che è sparita nel nulla non è scappata e non è morta, c’è una terza opzione. Era molto importante per me rompere gli schemi. Non dobbiamo fidarci delle apparenze e neanche delle copertine dei libri, dunque. Quanta apparenza c’è nella vita dei suoi personaggi e nella società in cui viviamo? Le persone e le cose non sono sempre quelle che sembrano. Olivia, la donna scomparsa, è molto presente online, ma non tutto è come sembra dal feed di Instagram. Perché sceglie protagoniste femminili? È per esprimersi meglio? I personaggi femminili sono ancora sottorappresentati nei romanzi e per questo scelgo le donne, ma è importante per me non rappresentarle diversamente da come rappresenterei un uomo ed essere libera da pregiudizi e luoghi comuni. Julia è una stakanovista, malata di lavoro, e allo stesso tempo profondamente madre, come racconto pagina dopo pagina, ma normalizzo questi due aspetti che convivono in lei. C'è un problema specifico sul fronte della rappresentazione delle donne nei thriller? In molti polizieschi e in generale nei thriller la donna muore nelle prime pagine. Nei miei romanzi le donne invece non sono passive, ma sono il cuore dell’investigazione e dell’intrigo. Da scrittrice di polizieschi e da ex avvocata, come si spiega il grande dramma globale del nostro tempo: violenza di genere e femminicidi? Oggi siamo più consapevoli dell’odio nei confronti delle donne e che i femminicidi sono epidemici. Sappiamo dare a tutto questo un nome. Il movimento MeToo è stato molto importante per denunciare e far emergere il problema generalizzato della violenza di genere, ma c’è ancora molto lavoro da fare sulla narrazione. E anche la letteratura deve essere riformata. Molti thriller, come già detto, hanno donne bellissime che vengono uccise alla pagina uno. Potrei anche io adagiarmi su questo schema narrativo che sembra vincente, ma ho scelto di ribaltarlo. È la mia battaglia personale. Ha scelto di immergersi nel mondo della polizia fornendo uno spaccato quotidiano e sociale di questi lavoratori. Gli uffici e le stazioni di polizia non sono solo una cornice. E i poliziotti non meri strumenti narrativi. Cosa ha scoperto su questo mondo? Ho cercato di mettere in luce l’altra faccia della medaglia. Cosa c’è dietro un poliziotto? Molto spesso ci sono dei traumi che si accumulano negli anni di servizio. Questo è un aspetto che non avevo mai considerato, ma parlando con loro ho scoperto delle persone profondamente turbate e ferite dai casi che seguono e dalle tragedie a cui assistono. Non c’è abbastanza supporto psicologico per sostenerli. Ho scelto il punto di vista di una ispettrice per entrare nelle fessure e nelle pieghe di questo universo complesso. Ha esordito a 29 anni, ma ha iniziato a scrivere quando era alle elementari. Ha cambiato percorso di studi dopo la sua prima laurea. Finché non è riuscita a realizzare il suo sogno, ha preso varie strade, a volte perdendosi, ma quella giusta era la scrittura. Cambierebbe qualcosa nel suo percorso? Finiti gli studi di letteratura, non ambivo a insegnare e avevo bisogno di soldi. Non sapevo cosa fare della mia vita. Studiare legge mi sembrò la soluzione per trovare lavoro rapidamente. Nel frattempo scrivevo. Ho scritto due romanzi prima di trovare un agente e altri due prima di esordire, per un totale di quattro romanzi prima di vedere uno dei miei libri concretizzarsi. Il segreto è stato perseverare. Non sono mai stata compiacente e ho coltivato l'autocritica, continuando a essere una editor impietosa di me stessa. Ma se qualcuno a 18 anni mi avesse detto che tutto questo, quello che ho ora, sarebbe stato possibile, forse avrei iniziato prima e mi sarei dedicata anima e corpo alla scrittura subito. Immagino però che i miei romanzi non avrebbero avuto la profondità che mi ha donato la vita vissuta. Lei è molto attiva sui social network e TikTok. Essere presente su queste piattaforme è ormai un obbligo se si vogliono vendere copie? Ho iniziato a frequentare gli spazi di condivisione virtuale molto prima di pubblicare il primo libro. Cominciò tutto con un blog che recentemente ho distrutto perché avevo, diciamo, condiviso troppo della mia vita . Amo il processo creativo che c’è dietro i post e costruire una narrazione a partire dalle cose che mi accadono. I social sono anche questo.