Terconauti tra successo e discriminazione: "Con l'autismo non si guadagna sul web”

“L’autismo non è facile da spiegare”. E allora: show don’t tell. Con questo trucco, semplice e antico quanto il teatro, i Terconauti hanno mostrato al pubblico che l’autismo è uno spettro, che il ruolo del caregiver non è sempre entusiasmante da interpretare e che anche agli autistici è consentito coltivare ambizioni. “Sarà un cliché ma è così, negli ultimi anni è stato persino un punto di forza”, spiega Margherita Tercon. Lei ha 33 anni, ha ricevuto la sua diagnosi di autismo solo tre anni fa e con il compagno Philip Carboni, membro dei Terconauti, lavora per un’azienda di produzione video. A completare il trio è il fratello Damiano Tercon, autistico, che da 42 anni sogna di fare il cantante. “Quel sogno è in work in progress – ammette la sorella –ma sicuramente è già diventato un uomo di spettacolo”. La loro “Storia di autismo normale” ha appena calcato i palcoscenici di tutta Italia collezionando diversi soldout, il loro umorismo è sbarcato in televisione a Comedy Central e, ormai da anni, su Youtube i loro video sono visti da milioni di persone. Eppure, al contrario di molti colleghi influencer, ancora non sono riusciti a tradurre questo successo in denaro: “Sul web la discriminazione economica è ancora molto forte”, ammette Margherita. Passati che si intrecciano Sono fratello e sorella o, meglio, siblings. Che nel lessico della disabilità indica quel rapporto a metà fra la cura del fratello con disturbi e la ricerca delle attenzioni dei genitori. Entrambi sono autistici. “Damiano ha avuto difficoltà sin da bambino ed è stato subito assistito da psichiatri”. Il racconto proviene dalla voce di sua sorella, che si rompe quando inizia a parlare degli anni delle superiori. “Invece di provare a risolvere il problema che aveva con il bullismo, i professori gli dissero di ritirarsi dalla scuola all’ultimo anno perché non era all’altezza”. In realtà, poi, a costringerlo all’abbandono furono i maltrattamenti e le botte ricevute dai compagni di classe. A Margherita Tercon “è andata sicuramente meglio”, ma non senza ostacoli. “Facevo fatica a socializzare, non ero parte di nessun gruppo e non riuscivo a parlare del più e del meno”. Anche questo era un sintomo del suo autismo, ma ancora ne era ignara. Terminato il liceo, dalla sua Rimini si è diretta a Milano per studiare scrittura teatrale, poi ha lavorato qualche anno in ambienti televisivi, prima di mollare tutto per volare a Parigi e, infine, a Dublino. Dove le sue strade si sono intrecciate di nuovo con quelle del fratello. “Ero in biblioteca e mi è arrivata una mail da Damiano che scriveva: “Mi aiuterai nonostante tutti mi dicano che le mie possibilità sono limitate?” Ci ho messo un secondo, con la rabbia in corpo, a tornare in Italia”. Aspirante cantante Intanto, le porte chiuse in faccia e l’isolamento stavano conducendo Damiano verso “pensieri suicidari”. Il sogno di fare il cantante, però, non l’aveva perso. Così, con la sorella, ha tentato la partecipazione al programma Italia’s got talent. “Abbiamo cambiato le parole del Farfallone amoroso di Mozart per raccontare la nostra storia in chiave comica. Per la prima volta, essere autistici è stato un punto di forza”. Dalla vetrina televisiva, quello sketch di pochi minuti è stato tradotto in uno spettacolo teatrale di un’ora, in un libro e soprattutto in centinaia di video da pubblicare sui social. Solo su Youtube, ogni mese i Terconauti collezionano quasi 20 milioni di visualizzazioni. Ma la soddisfazione non risiede nei numeri. “Quando lo vedo salire con gli occhi a palla sul palcoscenico, felice di fronte al pubblico e alle luci, mi commuovo. Questo è stato il motivo per cui abbiamo iniziato questa avventura, che ha esaltato anche i miei punti di forza”. Con tutto quanto, di bello, ne consegue: “Una coppia di genitori ci ha detto di aver chiesto e ottenuto la diagnosi di autismo per il figlio dopo aver visto un nostro video”, spiega commossa Margherita Tercon. Non basta il successo Ma la popolarità non ha spazzato via ostacoli e discriminazioni. Il bullismo, ad esempio, non se ne è mai andato. “Molti commenti negativi mettono in dubbio che io sia autistica e altri attaccano Damiano, anche se cerco di tutelarlo dagli hater tenendolo lontano da quei messaggi”. E il consiglio è lo stesso anche per gli utenti più giovani: “Bloccate le persone tossiche, non rimanete soli e, se serve, denunciate”. Ma la discriminazione, per i Terconauti, non proviene solo dal basso. “Le sponsorizzazioni sono molto discriminanti – denuncia Margherita Tercon – Dalle piattaforme prendiamo solo un centinaio di euro e i profitti vengono, come per tutti, principalmente dalle aziende”. Che, però, preferiscono influencer “sani”. “Se un brand di jeans volesse farli indossare a dei creator, non sceglierebbe Damiano perché non viene visto come persona ma come autistico. Eppure anche lui deve indossare dei pantaloni, bere del caffè o pulire la casa. Perché non può essere sponsor di questi prodotti?”. Pubblicità ancora rare ma che, quando tentate, offrono risultati straordinari: “Funzionano – assicura Margherita – perché rappresentano per la prima volta una fascia di popolazione che viene sempre esclusa”.

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