Pil, inversione di marcia fra Germania e Italia. Non sono solo buone notizie

Che ci sia qualcosa di strano nell’andamento dell’economia tedesca nell’ultimo quinquennio è evidenziato in modo lampante dal confronto tra l’andamento del Pil in quel paese e nel nostro. Secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale il Pil tedesco nel 2024, al netto dell’inflazione, dovrebbe porsi solo dello 0,9% al di sopra del livello del 2019. Nello stesso periodo, sempre secondo il Fondo, l’Italia dovrebbe essere cresciuta del 4,2%, una previsione peraltro un po’ pessimistica visto l’andamento del Pil fino al secondo trimestre del 2024. Il confronto tra Italia e Germania è particolarmente significativo per due motivi. Problemi nati prima del 2019 Primo, un differenziale di crescita a favore dell’Italia nell’ultimo quinquennio a una velocità media annua dello 0,7% contrasta con quello che era successo tra il 1999 e il 2019: il Pil tedesco era cresciuto del 30,6%, quello italiano dell’8,1%, con un differenziale di crescita dell’1,1% all’anno. Non soltanto il differenziale è ora a favore dell’Italia, ma stiamo recuperando terreno a una velocità non troppo lontana da quella a cui avevamo perso terreno nel primo ventennio di questo secolo, in cui fummo colpiti dalla crisi dell’area dell’euro, una delle peggiori tra quelle attraversate dall’economia italiana nel dopoguerra. Secondo, alcuni dei fattori cui viene attribuita l’attuale stasi dell’economia tedesca sono comuni a quella italiana. Anche l’Italia, come la Germania, ha dovuto affrontare l’interruzione delle importazioni di gas russo e anche noi siamo un paese manifatturiero ed esportatore, più sensibile al rallentamento dell’economia cinese. Perché allora una tale differenza nei tassi di crescita e rispetto al passato? Alcuni osservatori hanno notato come i problemi dell’economia tedesca siano iniziati prima del 2019 e siano strutturali: tra questi la difficoltà a procedere con la trasformazione digitale a partire almeno dal 2017. Ma anche questi fattori strutturali valgono in parte anche per l’Italia. In ogni caso, senza nulla togliere a queste spiegazioni, credo che l’andamento diverso di Germania e Italia vada anche posto in relazione alla gestione delle politiche economiche europee e nazionali. Bce, il bancomat del governo italiano La prima questione riguarda il rapporto tra Italia ed Europa. Uno dei principali problemi che avevano messo in crisi l’economia italiana tra il 1999 e il 2019 era stato la carenza di finanziamenti al deficit pubblico. Questo problema è stato in gran parte rimosso nell’ultimo quinquennio. Dal marzo 2020 al marzo 2022 la Banca Centrale Europea è di fatto diventata il bancomat del governo italiano: centinaia di miliardi di BTP sono finiti nel bilancio della BCE e della Banca d’Italia che ne esegue le politiche monetarie. A questi, a partire da metà 2021, si sono aggiunti i finanziamenti del PNRR, oltre 100 miliardi dei quali sono già stati erogati. Questo ha consentito all’Italia di sostenere l’economia con una maggiore spesa pubblica e di beneficiare di tassi di interesse più bassi sul debito pubblico e probabilmente anche su quello privato. Questione di deficit Il secondo riguarda la Germania e la sua politica di bilancio. Tra il 2020 e il 2024 il deficit pubblico tedesco è stato in media del 2,8% del Pil, quello italiano del 7,7%. Questa differenza è in parte gonfiata dalla contabilizzazione per competenza, invece che per cassa, dei nostri bonus edilizi, ma la differenza persiste in modo molto evidente anche nel 2024, quando tali bonus si erano sgonfiati: il deficit italiano si attesta al 4,3%, quello tedesco all’1,5%. L’Italia, che spesso in passato non aveva potuto permettersi deficit più elevati per mancanza di finanziamenti, questa volta ha realizzato i propri desideri. La Germania avrebbe potuto permettersi un deficit più elevato ma non lo ha voluto realizzare: nel 2024 il deficit strutturale è previsto ridursi dell’1,1%. Troppo presto per esultare La conseguenza, in Germania, è stata una carenza di domanda interna, scesa dell’1% nel 2023 e prevista rimanere piatta nel 2024 nelle previsioni FMI. La mia conclusione è che, ai fattori strutturali sopra menzionati, si è aggiunta una politica di bilancio eccessivamente restrittiva, in un momento in cui la politica monetaria europea veniva stretta per contrastare l’inflazione. Un’ultima chiosa. Molti nel nostro paese si rallegreranno delle vicissitudini tedesche, dopo che per due decenni era l’Italia il fanalino di coda dell’Europa. Non mi rallegrerei troppo. Quei fattori che hanno favorito l’Italia, in primis il temporaneo allentamento del nostro vincolo di bilancio, sono stati realizzati col benestare della Germania . Questo porta a una domanda: in caso di futuri shock esterni, come quello del Covid, sarà la Germania ancora disposta a sostenere politiche di solidarietà visto che tali politiche, almeno in termini relativi, sembrano aver beneficiato altri paesi a suo scapito? Inoltre, ora che, soprattutto su spinta tedesca, le politiche di bilancio dovranno tornare a essere più rigorose anche da noi, riusciremo a mantenere un differenziale di crescita positivo rispetto alla Germania come abbiamo fatto negli ultimi cinque anni? Andiamoci piano, quindi, con questa Schadenfreude. Potrebbe essere prematura.