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Superbonus, rimborsi in dieci anni: cosa cambia

Economia

Simone Spina

Spalmare su un periodo più lungo il recupero delle spese comporta tempi di attesa maggiori e possibili conseguenze per le tasche di cittadini, imprese e banche. Se si diventa disoccupati, e si finisce per pagare poche tasse, si può perdere lo sconto. Costruttori allarmati: misura devastante se retroattiva. Per lo Stato, invece, si diluisce il costo dell'aiuto sul debito pubblico

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Una maledizione, un'allucinazione psichedelica, devastante, come il Vajont. Il repertorio di similitudini alle quali ci ha abituato Giancarlo Giorgetti per dipingere il Superbonus è variegato. Il senso è chiaro: il peso del generoso aiuto, inaugurato nel 2020 per ristrutturare condomini e villette migliorando il risparmio energetico, è una zavorra sui conti pubblici, con un costo che ha già superato i 122 miliardi.

Crediti da spalmare

Il ministro dell’Economia è perentorio: bisogna spalmare il rimborso in dieci anni, "non sarà una possibilità ma un obbligo”. Lo ha promesso in Senato, annunciando che il governo presenterà la nuova formula per diluire lo sconto dalle tasse, alzando così un muro alle pretese in Parlamento. Il recupero delle spese - al 110 per cento per quelle sostenute nel 2023, al 70 e al 65 nei due anni successivi - sarà quindi allungato dagli attuali quattro anni. Il sistema potrebbe essere simile a quello in vigore per le spese edilizie ordinarie, con una rata annuale di rimborso nella dichiarazione dei redditi.

Tempi più lunghi, quali rischi

Allungare i tempi comporta un’attesa maggiore per recuperare i soldi, inoltre, lo sconto si può perdere se, per esempio, si rimane disoccupati e il reddito crolla al punto da non dovere nulla (o quasi) al Fisco. Allarmati i costruttori, con l’Ance che si augura che la stretta non sia retroattiva, altrimenti – sostiene l’associazione – ci sarebbe un impatto fortissimo su imprese e banche.

Alleggerire il peso sul debito

Con questa mossa Palazzo Chigi intende alleggerire il peso sul debito, diluendo i costi almeno per i primi anni, ponendo un freno a una misura che, con le proroghe votate da quasi tutti i partiti (compresi quelli al governo), è diventata insostenibile. Poche deroghe sono ora sul tavolo: si ragiona sulla possibilità di utilizzare la cessione del credito e lo sconto in fattura nelle zone terremotate e alluvionate, per l’abbattimento delle barriere architettoniche e gli immobili del terzo settore.