Cosa succede se a Medicina aboliscono il test di ingresso?

“La riforma del test di ingresso a Medicina illude gli studenti, che frequentano per sei mesi per poi sentirsi dire che non potranno più continuare. La competitività viene messa al primo posto, aggravando la situazione in una facoltà che è già molto competitiva di per sé. Questa proposta non ha nessun riguardo per le condizioni di ragazzi e ragazze: quelle economiche, familiari, di salute. Va a minare il principio stesso dell’università, cioè essere un luogo di formazione accessibile”. Per Noemi Cottone di Unione degli universitari , la riforma della ministra Anna Maria Bernini – che rivede le regole di ingresso ai corsi di laurea a vocazione sanitaria - è ben lungi dall’essere un “passo storico”. Presentata mercoledì 16 ottobre dalla commissione Istruzione del Senato, riguarda le facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Ma il sindacato studentesco sottolinea che non si elimina in questo modo il numero chiuso: resta attivo lo sbarramento, solo che è posticipato dopo 6 mesi. La proposta: primo ok al Senato, si attendono le votazioni all’aula e alla Camera La proposta, approvata in commissione e in attesa di passare al vaglio dell’aula e della Camera, introduce un semestre ad accesso libero al termine del quale verrà stabilita una graduatoria nazionale per l’immatricolazione definitiva. Nell’idea dei proponenti, chi non supera la selezione per il secondo semestre può usare i crediti formativi acquisiti per iscriversi ad altri corsi di laurea, così da non perdere l’anno accademico. I posti disponibili passeranno da 20mila a 25mila, a fronte, però, di una domanda nazionale di più di 60mila ragazzi e ragazze col sogno della Medicina. Tempi parlamentari permettendo, la riforma – presentata dal presidente della commissione Istruzione, Roberto Marti e da quello della commissione Sanità, Francesco Zaffini - potrebbe diventare realtà già nell’anno accademico 2025-2026. "Questa giornata rappresenta un passo storico per garantire a tutti i ragazzi l'opportunità di diventare professionisti in ambito medico", ha commentato la ministra dell'Università e della Ricerca. "Il fabbisogno di futuri nuovi medici è di 30mila professionisti i più nei prossimi sette anni. In questo modo non solo investiamo nelle giuste aspirazioni dei nostri ragazzi, ma garantiamo anche una preparazione di qualità attraverso un'offerta formativa d'eccellenza". "Migliora certamente la qualità della selezione – ha detto all’Adnkronos Giovanni Esposito, cardiologo e presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia della Federico II - dopo sei mesi ci sarà una scrematura ma la qualità dei selezionati sarà più alta”. Quando l’eccellenza è esclusività. Udu: “Si lede diritto allo studio” L’eccellenza può diventare esclusività se non si dà conto delle diverse condizioni economiche, di salute e familiari, degli studenti. Per Udu il problema è proprio questo: “La possibilità degli studenti di un altro corso di studi, dopo il primo semestre, rafforza la logica che ci siano corsi di serie A e corsi di serie B – spiega Cottone - E poi se guardiamo al diritto allo studio, lo studente che richiede la borsa di studio, che già arriva a dicembre , quando la riceverà? A marzo? E se è così, come faranno gli studenti a pagarsi gli studi?”. Un’ulteriore criticità è che verranno facilitati coloro che sceglieranno un liceo piuttosto che un altro. All’articolo 2 del disegno di legge si legge che si intende “promuovere percorsi di orientamento e di sviluppo delle vocazioni per i corsi di laurea magistrale [che possano] prevedere anche un tirocinio da svolgere all'interno dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento definiti dal Ministero dell'istruzione e del merito, la cui frequenza sia valorizzata nell'ambito dell'attribuzione dei Cfu previsti nel primo semestre dei corsi di laurea”. “Significa che chi sceglie un liceo a facoltà biomedica sarà più agevolato rispetto a un altro – commenta Cottone - Ma alle scuole medie chi è che sa già cosa vuole fare nella vita?”. La riforma rischierebbe anche di aumentare una pressione sociale che pesa molto sulla salute mentale dei giovani. “Ogni persona ha i suoi tempi e le sue capacità. Non è detto che io riesca a dare 8 esami perché nel frattempo magari lavoro o mi devo occupare di un genitore che sta male o magari sto male io – dice la portavoce di Udu - Quindi ho bisogno di più tempo per acquisire stesse informazioni di uno studente che sta bene, in un periodo un po’ più lungo rispetto all’altro”. Bernini: “Passo storico. Garantiamo offerta formativa d’eccellenza” Per non parlare delle scarse risorse di cui dispongono gli atenei. La proposta non sembra considerare gli spazi universitari, il limitato numero di docenti e di personale tecnico, e i tagli subiti dalle università italiane di quasi il 10% delle risorse. Lo ha fatto notare Conferenza dei rettori delle università italiane nel corso del suo incontro mensile: "La situazione da preoccupante diventa drammatica quando si considera l'assoluta incertezza sul finanziamento statale anche per l'anno 2025: in questo contesto l'ingresso di 40/60mila candidati in più è semplicemente impensabile". Vale lo stesso per quanto riguarda il numero di insegnanti: "Le risorse utilizzate finora per 20mila studenti non possono essere sufficienti per i 60/80mila candidati". Per quanto riguarda la tutela delle professioni sanitarie, per la Crui c'è il rischio che la riforma dell'accesso a Medicina possa determinare "un'ulteriore diminuzione di candidati" negli altri campi sanitari, come ad esempio Infermieristica. Un sistema al collasso “Se si parla di una riforma del numero chiuso e non si parla di una riforma delle scuole di specializzazione e della sanità pubblica si rischia di far collassare il sistema”, continua Cottone di Udu. Di fatto è quello che emerge anche dalle dichiarazioni di Anaao-Assomed, che invece ha ribadito la necessità di mantenere il numero programmato. Servono “meno dichiarazioni roboanti, maggiore considerazione dei dati disponibili e più proposte razionali, partendo da una valutazione di fondo: non si risolve la carenza attuale di personale medico specialistico negli ospedali né si rallenta la fuga dei neolaureati verso l’estero e degli specialisti verso il settore privato mediante l’incremento delle iscrizioni al corso di laurea in Medicina e Chirurgia”. Per Anaao-Assomed il dibattito sul numero chiuso tira fuori “idee semplicistiche” e “stravaganti”, perché allargare “a dismisura le maglie del numero programmato al test” non risolve i problemi legati alla mancanza di specialisti in Italia . Anaao-Assomed: “Serve nuova politica delle assunzioni” I dati sul lavoro nella Sanità sono a dir poco sconfortanti. Secondo i numeri elaborati dalla Corte dei Conti su dati Ocse 2019, e riportati da Il Sole 24 ore, il numero dei medici che ha lasciato l'Italia fra il 2008 e il 2018 ammonta a 11mila mentre circa 3mila, stando ai dati Onaosi, abbandonano ogni anno il sistema sanitario nazionale prima dell'età di pensionamento. “La prospettiva, persistendo le attuali limitazioni alle assunzioni del personale sanitario, è quella di passare da un ‘imbuto formativo’ a un ‘imbuto lavorativo’ – ha scritto Anaao-Assomed in un comunicato - per il considerevole aumento dei medici neolaureati e specialisti rispetto a una curva pensionistica in netto decremento”. Secondo l’associazione, in mancanza di una nuova politica delle assunzioni, questo non farà altro che “incentivare ulteriormente i neolaureati e i neo-specialisti a emigrare verso paesi europei o extraeuropei. Forse è a questa peculiare prospettiva che si riferiva la Ministra Bernini quando ha paradossalmente affermato sui social circa un anno fa che ‘La fuga di cervelli dall’Italia non va drenata ma implementata’”. Per Udu, l’unica soluzione per arginare questi rischi, insieme a quello della precarizzazione del personale sanitario nel caso in cui l’offerta di laureati in queste materie cresca in futuro, è “intervenire su molti piani contemporaneamente, cioè investire sulla Sanità”.

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