“Noi, genitori grazie alla surrogata”: la storia di Sergio e Maria Sole, nata senza utero

Maria Sole Giardini ha 41 anni, il marito Sergio ne ha 43. Vivono insieme a Terni dal 2010 e da 20 mesi la famiglia si è allargata con la piccola Filomena. Maria Sole ha la sindrome di Rokitansky, è nata senza utero. Per la coppia, il solo modo per avere un figlio proprio è stata la gestazione per altri. Oggi Maria Sole non è preoccupata per la sua famiglia perché la legge non è retroattiva, ma pensa a tutte quelle coppie che, per i motivi più diversi, non potranno avere questa possibilità. Quando avete iniziato a pensare alla gestazione per altri? All’inizio della nostra relazione, avevo trovato online alcuni racconti di donne che, nonostante la mia sindrome, erano diventate madri biologiche. Abbiamo valutato questa opzione senza però precluderne altre. Abbiamo iniziato il percorso per adottare un bambino e ci siamo rivolti al tribunale dell’Umbria dove viviamo ma sono trascorsi tre anni senza ricevere alcuna risposta. Non solo. Al corso obbligatorio, quando abbiamo dichiarato di preferire l’adozione nazionale perché non avremmo potuto sostenere i costi di quella internazionale, le assistenti sociali ci hanno fatto capire chiaramente che sarebbe stato quasi impossibile. Intanto mi ero messa in lista d’attesa per il trapianto sperimentale di utero a Catania ma non sono stata mai chiamata, c’erano tante incertezze. A quel punto abbiamo capito che la Gpa era l’unica nostra strada. Come avete iniziato il percorso? Nel Paese europeo che abbiamo scelto, di cui preferisco non parlare, è regolamentata per legge la maternità surrogata a condizione però di avere una patologia riconosciuta. Abbiamo quindi presentato il certificato medico e abbiamo avviato le pratiche. Abbiamo fatto un percorso di fecondazione medicalmente assistita e abbiamo firmato un contratto identico a quelli che firmano le coppie in Italia quando decidono di accedere alla fecondazione. I primi due tentativi non sono andati a buon fine, il terzo sì. Come siete arrivati alla donna che avrebbe portato a termine la gravidanza? È stata la clinica a proporci una donna che aveva avuto già tre figli, non ne voleva altri, ma voleva aiutare altre coppie in difficoltà. La abbiamo incontrata e ci è sembrato di conoscerla da sempre. La gravidanza è stata senza complicazioni, ci mandava video e foto del pancione che cresceva. Noi siamo stati con lei, nel Paese dove vive, l’ultimo mese fino alla nascita di Filomena con un parto cesareo programmato. È stata pagata? Ha ricevuto un rimborso spese come prevede la legge del Paese a cui ci siamo rivolti. I costi per noi più alti sono stati quelli della clinica, come accade per un qualsiasi percorso di fecondazione medicalmente assistita all’estero. Era una clinica privata con i costi del privato. Siete rimasti in contatto con la donna che ha portato in grembo Filomena? È la madrina di battesimo di mia figlia. È venuta in Italia con la figlia in occasione del battesimo e torneranno presto. Ci sentiamo quasi tutti i giorni anche perché avendo lei altri figli, per me spesso è un punto di riferimento. Chi meglio di lei sa cosa significa avere un figlio e crescerlo. Io mi sono fidata totalmente. Ad oggi il nostro è un rapporto quasi familiare. Quale è stato il momento più difficile? Sono stati tanti. Prima quelli del percorso di fecondazione assistita, poi l’attesa del buon esito. Ma il giorno della nascita non avevo più ansie, solo gioia. Una volta che è nata nostra figlia siamo rimasti un mese nel Paese per fare tutti i certificati. Ma quando siamo rientrati in Italia la procura di Terni ha aperto un fascicolo di indagine su di noi per la violazione della legge 40. Non è una prassi, ad altri non è accaduto. Noi ci eravamo esposti. Ma dopo indagini che sono andate avanti per mesi, con tanto di interrogatori a parenti e amici, è stato tutto archiviato. Con la nuova legge le cose sarebbero state diverse. Secondo te questa legge scoraggerà chi aveva già deciso di intraprendere la strada della gestazione per altri? No. Incoraggerà le coppie a trasferirsi all’estero, ma ovviamente solo quelle che se lo potranno permettere. Per tutte le altre le cose continueranno nella clandestinità più assoluta. E le coppie di due papà? Per loro le cose saranno ancora più complicate ma non credo che si scoraggeranno. La verità è che chi ha più soldi avrà più possibilità. Chi ci rimetterà saranno solo i figli. Quelli che non nasceranno e parliamo di denatalità tutti i giorni. E quelli già nati che vivono in un Paese dove la loro nascita è considerata reato universale. Cosa ne pensi della discussione in Senato? Io ero presente in balconata con l’associazione Luca Coscioni che mi ha sostenuta sempre in tutti questi anni. Pensavo di essere in un luogo istituzionale, ma invece la sensazione era di assistere al derby in curva. Ho sentito tante bugie: che i bambini vengono scelti sui cataloghi. Io non ho aperto nessun catalogo. Hanno detto che sono “i ricchi committenti” a poterselo permettere, io guadagno 300 euro al mese, mio marito ha uno stipendio da impiegato. Hanno detto che i bambini hanno diritto a conoscere chi li ha messi al mondo ma questo accade già. Nel nostro caso è la sua madrina di battesimo. Hanno detto che le donne che prestano l’utero sono costrette a vivere la gravidanza in stanzoni in attesa del parto. La gestante, che ha dato alla luce Filomena, è stata a casa sua con i figli fino al giorno del cesareo. Hanno anche detto che i bambini hanno diritto a conoscere le loro origini. Io e Sergio siamo le origini di Filomena, ma con un emendamento della Lega, volevano togliercela e darla in adozione. È questo il rispetto delle origini?