Decreto flussi, perché solo un lavoratore straniero su tre firma il contratto

Solo uno straniero su tre entrato regolarmente nel nostro Paese tramite i cosiddetti decreti flussi firma il contratto di lavoro per il quale è stato selezionato. Tutti gli altri non arrivano neanche nel Paese, o se varcano il confine lo fanno dopo mesi quando il contratto da firmare spesso non c’è più. Una vera emergenza, così l’ha definita il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il Governo da mesi lavora a una riforma del sistema che permette l’ingresso regolare di lavoratori stranieri che si trovano all’estero attraverso quote annue, oggi ritenuto inefficace e permeabile a vere e proprie truffe. A giugno la stessa Giorgia Meloni aveva presentato un esposto al Procuratore nazionale antimafia per segnalare il rischio che i flussi legali vengano usati come “ulteriore canale di immigrazione irregolare”. Contratti senza firma Un anno fa il Governo aveva previsto l’ingresso in Italia di quasi mezzo milione di extra-comunitari entro il 2025 per soddisfare la crescente domanda delle imprese di nuovi lavoratori, per le sempre maggiori difficoltà a reperire operai e addetti. Ma a oggi molti meno stranieri del previsto hanno firmato un contratto di lavoro regolare. Secondo i dati raccolti dalla campagna “Ero Straniero” attraverso richieste di accesso agli atti, dei quasi 70mila extra-comunitari che avevano ottenuto nel 2021 il permesso di entrare dall’estero in Italia solo uno su tre ha effettivamente firmato il contratto per cui era stato chiamato. Senza considerare i 140mila che non avevano vinto la “lotteria” dei click-day, il sistema di selezione basato sull’ordine di arrivo delle richieste inviate dai datori di lavoro. Gli ingranaggi del Click-day Per il 2022 il bilancio aggiornato ad alcuni mesi fa è ancora peggiore: solo il 23,5 per cento di chi ha ricevuto l’autorizzazione ha trovato realmente un impiego regolare. A fronte delle oltre 74mila domande accettate, sono stati rilasciati dalle ambasciate poco meno di 60mila visti di ingresso, che si sono trasformati in solo 17.435 permessi di soggiorno per motivi di lavoro. Il percorso previsto dai decreti flussi si è rivelato particolarmente farraginoso. Se la richiesta di ingresso in Italia viene accettata nel click-day, il lavoratore deve ottenere dalla prefettura il nulla osta per l’arrivo in Italia, una volta ricevuti un primo parere dalla direzione provinciale del lavoro e un secondo dalla questura, una volta ottenuto, entro 180 giorni il lavoratore deve fare richiesta di visto all’ambasciata italiana nel Paese di origine. E successivamente, arrivato in Italia, stipulare il contratto di soggiorno assieme al datore di lavoro entro 8 giorni per iniziare l’attività. In realtà, questi passaggi si sono rivelati in passato estremamente lenti, richiedendo spesso diversi mesi. Il personale delle ambasciate italiane non sempre riesce a far fronte nei tempi previsti alle decine di migliaia di richieste. Lo stesso accade per la stipula del contratto di soggiorno, lasciando i lavoratori stranieri in un limbo di irregolarità. Così spesso, quando tutti gli obblighi burocratici vengono espletati, il posto di lavoro è occupato da qualcun altro o l’azienda non ne ha più bisogno. Differenze regionali In alcune regioni del Sud Italia la situazione è ancora più drammatica della media nazionale. Secondo i numeri diffusi dal Governo, in Campania solo il 2,8 per cento dei visti rilasciati si tramuta in contratti. A Napoli le cifre sono impietose: nel 2022, 17 contratti firmati a fronte di una quota provinciale pari a 9.559. L’anno dopo, secondo le ultime statistiche di “Ero Straniero”, nessun contratto è stato firmato dagli oltre 29mila lavoratori stranieri previsti. Come termine di paragone, in alcune regioni del Nord Italia queste percentuali raggiungono l’80 per cento. Dietro a questi numeri lo stesso Governo teme che si nascondano veri e propri casi di traffico di essere umani ai danni dei lavoratori stranieri, chiamati in Italia per firmare contratti inesistenti, per poterli poi sfruttare come forza lavoro sotto-pagata e irregolare. L’esecutivo alcuni mesi fa ha annunciato una riforma del meccanismo delle quote. Le proposte prevedono di incrementare la frequenza dei click-day, ridurre i tempi tra i diversi oneri burocratici ed escludere da future quote gli imprenditori che non fanno firmare i contratti. Provvedimenti che per ora sono stati rimandati a un futuro decreto legge.