L'estate calda del Mostro di Firenze: un DNA riapre il caso?

Il caso del Mostro di Firenze non è mai stato tanto aperto e chiuso come in questa estate. Aperto perché la verità - dei fatti e giudiziaria - è ben lontana dall’essere svelata a quasi quarant’anni dall’ultimo duplice omicidio. Chiuso perché, per la prima volta da decenni, nessun fascicolo è depositato in procura. L’ultimo è stato archiviato da qualche mese e riguardava la cartuccia “farlocca” trovata nel giardino di Pietro Pacciani e a lungo considerata, a torto, la possibile prova regina contro il contadino toscano. D’altro canto, le condanne ai “compagni di merende” Giancarlo Lotti e Mario Vanni, così come l’intero processo cult a Pietro Pacciani , sono tutt’altro che risposte esaustive alle domande che da anni tormentano inquirenti, curiosi e soprattutto parenti delle vittime. Chi è il mostro di Firenze? Gli assassini avevano un mandante? Quali errori sono stati commessi lungo le indagini? Un nuovo DNA In un quadro tanto intricato si capisce come ogni notizia in grado di aprire nuove piste venga accolta come un fulmine a ciel sereno. Così è successo anche con le tracce di DNA ignoto che il dottor Edoardo Franchi avrebbe estratto a partire da un cuscino trovato nella tenda di Scopeti. Lì, nel verde di una frazione a est della città di Firenze, si era consumato l’ultimo duplice omicidio, nella notte dell’8 settembre 1985, ai danni dei francesi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili. La novità è che, secondo la relazione del medico che è consulente scientifico dell’avvocato delle famiglie dei francesi e di una cugina di Stefania Pettini , il materiale genetico sarebbe sovrapponibile a quello rinvenuto su altri due proiettili: le pallottole degli omicidi di Ria Pontini e Claudio Stefanacci e dei tedeschi Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch . Le richieste del legale Vieri Adriani Così, la richiesta del legale dei parenti delle vittime, Vieri Adriani, è semplice: riesumare i corpi di Stefania Pettini e di Jean-Michel Kraveichvili, che entrarono a contatto diretto con il loro aggressore. La speranza è naturalmente quella di trovare tracce comparabili al DNA di Scopeti sui loro cadaveri o sui proiettili esplosi. Una possibilità “remota”, sottolinea l’avvocato. “Non significa che troveremo per forza Dna, ma che potremmo trovarlo e che vale in ogni caso la pena tentare. “Nihil intemptatum”, dicevano gli antichi Romani. O no?”, commenta con sarcasmo Adriani. Che chiarisce: “La possibilità di trovare effettivamente un DNA rapportabile con certezza al delitto non esclude le responsabilità già accertate”. In altre parole, la colpevolezza dei “compagni di merende”, quantomeno in concorso, non si mette in discussione. “Non un unico autore, ma più concorrenti” è la teoria dell’avvocato. Nessun segnale dalla Procura Per il momento, la procura di Firenze guidata dal pm Filippo Spiezia, non dà segnali di apertura verso nuove indagini. Troppo costose in un periodo in cui gli uffici lottano con la carenza di personale. Del resto, quel DNA non sarebbe compatibile con altri sospettati come Pacciani, i fratelli della pista sarda, Giampiero Vigilanti o il medico perugino Francesco Narducci. A fare pressione sulla riesumazione dei corpi, però, sono anche i parenti delle vittime. Pare che i familiari di Kraveichvili si stiano persino organizzando per una raccolta fondi autonoma per il disseppellimento. Mai ovviamente autorizzato dalla procura. Una matassa senza bandolo Come nel più tradizionale dei cliché polizieschi, il caso del mostro di Firenze si districa in una bacheca piena di puntine e volti sulla quale tracciare una pista lineare e affidabile è pressoché impossibile. La certezza è ancora una sola, anzi 16. Antonio Lo Bianco e Barbara Locci , Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini , Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi , Stefano Baldi e Susanna Cambi , Paolo Mainardi e Antonella Migliorini , Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch , Pia Rontini e Claudio Stefanacci , Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili . Sono queste le vittime del Mostro o, meglio, dei mostri perché per il delitto del 1968 è stato condannato il reo confesso Stefano Mele, che non poteva naturalmente essere lo stesso esecutore degli omicidi degli anni ’80. L’arma, una pistola Beretta calibro 22 impiegata anche per gli assassini successivi, e i proiettili, con la lettera “H” punzonata sul fondello del bossolo, sarebbero il trait d’union per una serie quasi ventennale di duplici omicidi. Oltre alla firma del Mostro: l’efferatezza che lo portò persino ad asportare – evitiamo il chirurgicamente, a lungo oggetto di dibattito anche in sede processuale – gli organi genitali delle giovani vittime. Tutte appartate per godere della propria intimità. Perché ci interessa tanto La ricerca del Mostro in oltre quarant’anni ha prodotto l’istituzione di una Squadra antimostro, la formulazione di decine di piste, l’individuazione di altrettanti sospettati, due condanne a Giancarlo Lotti e a Mario Vanni , un procedimento a Pietro Pacciani interrotto per la morte dell’imputato e un’assoluzione piena per Francesco Calamandrei, allora imputato come presunto mandante degli omicidi. Non c’è altro. Ma se una traccia di DNA, nel 2024, fa ancora parlare del Mostro di Firenze non è solo perché il suo caso – forse l’unico serial killer italiano – è rimasto in larga parte irrisolto. Ma anche perché ogni personaggio, dal pm Paolo Canessa ai compagni di merende, è rimasto impresso in una memoria popolare che oscilla fra il buffo, il grottesco e il disgustoso. A rendere popolare il mostro, sono i personaggi che ne hanno a lungo indossato la maschera nel dramma processuale.