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Cos'è la fast art? Intervista allo street artist Greg Goya che strappa lacrime e sorrisi

Cronaca

Ludovica Passeri

Lo street artist torinese racconta le sue installazioni all’insegna del romanticismo e i segreti del suo successo sui social. Confessa: “Le mie opere piacciono anche ai vigili urbani della mia città”

 

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Greg” come Gregorio, il suo nome di battesimo; “Goya” come il pittore spagnolo anticipatore del Romanticismo: uno pseudonimo che è un manifesto. Il venticinquenne torinese che si cela dietro questo “tag name” si è imposto come lo "street artist delle emozioni" perché strappa lacrime, risate, sorrisi malinconici. Le sue installazioni puntano a coinvolgere le persone e a risvegliare i sentimenti sopiti. Le si può incontrare per le vie di Torino, a Porta Nuova, a Piazza Castello oppure scrollando il feed di Instagram. In qualsiasi parte del mondo ci si trovi, basta lasciare un commento per poter dire di essere diventati co-autori dell’opera.

(VIDEO VOICE - "CHE COS'E' LA FAST ART? INTERVISTA A GREG GOYA")

 

Partiamo dai fondamentali. Che cos’è la fast art?

Le “fast art” sono una serie di opere di arte interattiva che vogliono tirar fuori le emozioni delle persone ed è proprio quello che sta a indicare la parola “fast”: creare immediatamente un’emozione nello spettatore, in modo tale che questo sia chiamato subito a riflettere. Ed era proprio quello che volevo fare quando ho installato nel centro della mia città a Torino un grande calendario con su scritto “Se fosse l’ultimo giorno della tua vita, che cosa faresti?” Le persone hanno cominciato a scrivere, dando sfogo alle proprie priorità, alle cose che realmente contano. Li ho portati a chiedersi quale fosse la cosa davvero importante. Ed è questo il senso della fast art, tirar fuori l’emozione dalle persone.

L’arte ha fatto sempre parte della tua vita?

No, fare l’artista non era nei piani, dal momento che ho studiato prima al liceo classico e dopo a Giurisprudenza ma al quarto anno ho deciso di lasciare tutto per cominciare a fare street art ed è stata una scelta, nonostante la mia arte sia molto romantica e sdolcinata, molto punk, perché si trattava di dipingere per strada in attesa che le persone si rendessero conto di questo nuovo movimento artistico che ho lanciato. E in questo hanno avuto un ruolo importantissimo i social che sono stati il propulsore.

 

 Qual è stata la tua prima installazione?

La prima fast art che ho creato s’intitolava Kiss spot ed era un cuore dipinto per strada sul quale avevo scritto “Kiss here” ed era un modo per creare un momento romantico all’interno della giornata e dare possibilità alle persone di fermarsi e baciarsi. Dopo averla dipinta, infatti, mi sono allontanato e ho visto le persone avvicinarsi e baciarsi. Ed è stato molto forte. Ho capito che con un gesto pittorico semplice, le persone riuscivano a diventare protagoniste di un vero momento di amore.

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Qual è l’opera che ti rappresenta di più?

 La fast art che mi rappresenta di più è probabilmente quella realizzata in collaborazione con la Reggia di Venaria Reale perché è stata la prima creata insieme a una realtà museale importantissima e un primo riconoscimento da parte dell’arte che conta. C’è anche un’altra ragione: quando ho dipinto quella panchina, scrivendo sopra “Se potessi scegliere chi vorresti lì al tuo fianco?”, si è creato un forte momento di rimpianto e nostalgia. Le persone hanno scritto il nome di un caro o di una persona che non c’è più e c’è stato un momento intenso di commozione.

 

Quanto contano i social media per un artista 2.0 come te?

I social media sono fondamentali e non solo perché sono il modo attraverso i quali raggiungono migliaia di persone. Sono soprattutto un pezzo stesso della performance artistica. Quando installo una panchina e scrivo “Se potessi scegliere, chi vorresti al tuo fianco?”, le persone continueranno a rispondere sui social a questa domanda e faranno così in modo che l’opera non viva solo offline ma anche online. Si potrà così superare la borderline tra mondo reale e social media.

 

Qual è il tuo rapporto con l’arte istituzionale?

Il mio rapporto con l’arte tradizionale è di continua scoperta. Pian piano l’arte istituzionale si sta accorgendo degli artisti nati sui social. Stanno dando gradualmente, con molta calma, spazio sui loro canali più istituzionali, come gallerie, musei, fiere.  È importante che ci siano artisti di rottura e io spero di farne parte non tanto nello stile, ma nel modo di comunicare. Per essere di rottura intendo anche utilizzare i social non solo come mera promozione dell’arte ma proprio come un modo per vivere l’arte.



Che rapporto hai con la tua città?

 Torino è stata la mia tela perché, oltre ad essere la città che mi ha dato i natali, è una città estremamente romantica, una piccola Parigi con degli scorci incredibili.

 

Pensi di poter trovare l’ispirazione solo a Torino?

Non escludo minimamente di allargarmi e conquistare altri posti, di portare, quindi, la mia arte in altre città, perché l’Italia è un palcoscenico affascinante per un’arte che fa del romanticismo il suo punto di forza.

 

I graffitar ma anche gli street artist spesso hanno un cattivo rapporto con le forze dell’ordine. Vale anche per te?

In realtà, i vigili di Torino mi vogliono abbastanza bene, sanno chi sono e alcuni mi seguono e mi scrivono anche su IG.

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