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Covid, Rezza: “Rt nazionale a 1,7, l’aumento dei ricoveri giustifica più restrizioni”

Cronaca
©Ansa

Il direttore del dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute: “La situazione epidemiologica continua a peggiorare. C'è un incremento per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva”. Gli esperti: “Il rapporto casi-tamponi non cambia, fa pensare che la riduzione dei positivi sia solo apparente. Le regioni non riescono a fare il contact tracing”

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La seconda ondata di coronavirus in Italia (GLI AGGIORNAMENTI SPECIALE - LA SITUAZIONE IN ITALIA). porta l'indice di contagio Rt nazionale a 1,7, e il direttore del dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, presenta il quadro di una "situazione epidemiologica da Covid-19 che continua a peggiorare", con "oltre 500 casi per 100mila abitanti e quasi tutte le regioni pesantemente colpite". "Nei ricoveri ospedalieri - dice Rezza - notiamo una tendenza all'aumento e soprattutto c'è un incremento per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva e questa situazione giustifica l'adozione di interventi più restrittivi, soprattutto nelle regioni più colpite. E naturalmente necessita dell'adozione di comportamenti prudenti da parte di tutti i cittadini".

Parisi: “Le regioni non riescono a fare il contact tracing”

Avere un quadro fedele della situazione epidemiologica, spiega il fisico Giorgio Parisi dell'Università Sapienza di Roma, è comunque molto difficile perché "l'indice Rt viene calcolato sulla base della data in cui sono comparsi i sintomi". "La percentuale di chi ha i sintomi varia da regione a regione" e "non viene indicato il motivo per cui le persone fanno il tampone". Sarebbe importante saperlo, secondo Parisi, soprattutto considerando il fatto che "una volta c'erano variazioni non notevoli, ma adesso non si capisce perché molti facciano i tamponi". Questo significa, aggiunge il fisico, che "le regioni non riescono a fare il contact tracing come una volta e che non riescono ad avere informazione di quanto sta succedendo".

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Sestili: “La riduzione dei casi positivi potrebbe essere solo apparente”

Ecco perché il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere "molto alto in tutto il Paese", spiega il fisico Giorgio Sestili, fondatore e fra i curatori della pagina Facebook Coronavirus - Dati e analisi scientifiche: "Il fatto che il rapporto rimanga costante rispetto ai giorni in cui i tamponi sono di più fa pensare che la riduzione dei casi positivi sia solo apparente". Sostanzialmente "ogni 40.000 tamponi che facciamo registriamo 7.000 casi in meno: è come se il rapporto fra la riduzione dei tamponi e quella dei casi fosse costante", osserva, registrando poi che l'andamento dei decessi mostra invece un rallentamento, in linea con la curva epidemica, che ormai mostra di avere un tempo di raddoppio dei casi superiore a sette giorni. Aumenta in modo costante, invece, la situazione dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva, con un numero che da una settimana continua a indicare 100 unità ogni giorno: "Non sappiamo a che cosa sia dovuto - aggiunge Sestili - conosciamo solo il saldo e l'ipotesi più verosimile è che possa essere cambiato qualche protocollo: bisognerebbe sapere quanti entrano e quanti escono ogni giorno, ma questo dato purtroppo non viene comunicato".

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La situazione in Italia

Come ogni lunedì, il 9 novembre i nuovi casi segnano una riduzione: sono scesi a 25.271 (7.000 in meno in 24 ore), ma si è ridotto anche il numero dei tamponi: 147.725 contro i 191.144 dell’8 novembre. I decessi sono stati 356 in più in 24 ore e i ricoveri nelle unità di terapia intensiva sono saliti complessivamente a 2.849 (+100). Il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere alto: 17,1%: da tre giorni si è attestato su valori superiori al 17%, primo indicatore di come i numeri della pandemia continuino a sfuggire al tracciamento.

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