In Evidenza
Altre sezioni
altro

Un colorante "fluo" per scovare le microplastiche negli oceani

Ambiente
Mare inquinato da plastica, la spiaggia di Troon in Scozia (Foto: Getty Images)

Il sistema è stato sviluppato da alcuni ricercatori britannici per individuare i frammenti invisibili di plastica che inquinano i mari. Secondo alcune stime il 99% delle particelle sfugge alle attuali rilevazioni 

Condividi:

"Marchiare" con un colorante fluorescente le microplastiche degli oceani, quei minuscoli frammenti di plastica spessi quanto un capello che rappresentano un pericolo insidioso per gli organismi marini e per l'uomo. È l'idea sviluppata da alcuni ricercatori britannici per far venire alla luce l'enorme quantità di particelle "sommerse" che non vengono intercettate dagli attuali sistemi di rilevazione. Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology.

La plastica si "illumina"

A spiegare come funziona la sostanza "svela-plastica" è l'equipe di ricercatori dell'Università di Warwick che ha condotto dei test su campioni d'acqua di mare di superficie e di sabbia sulle coste di Plymouth. Il colorante sviluppato è in grado di legarsi specificamente alle particelle di plastica, "rivelandole" sotto la lente di un microscopio a fluorescenza. Questa operazione consente di distinguere le particelle di plastica dagli altri materiali naturali e di quantificarle con precisione. "Di sicuro - spiega Joseph A. Christie-Oleza, uno degli autori dello studio - questo metodo deve essere implementato in future ricerche per confermare le nostre osservazioni preliminari. È importante capire come i rifiuti di plastica si comportano nell'ambiente per stabilire politiche future di azione".

Caccia al "sommerso"

L'obiettivo di un simile sistema è quello di aiutare gli scienziati ad avere un quadro più completo dell'inquinamento marino causato dalla plastica. Si tratta di un metodo "innovativo" ed "economico", spiegano i ricercatori dell'ateneo britannico, che riesce a individuare micro particelle di plastica dal diametro inferiore al millimetro e anche uguale a quello di un capello umano, pari a circa 20 micrometri. Siamo nell'ordine dei millesimi di millimetro. I risultati ottenuti sono incoraggianti, aggiungono, soprattutto considerando che secondo alcune stime appena l'1% della plastica che inquina gli oceani viene rilevata con accuratezza, mentre a sfuggire sono proprio i frammenti più piccoli, infinitesimali, insidiosi per la salute dei mari e dell'uomo.

La "mano" dell'uomo

Dalle analisi sui campioni è stata rilevata una quantità molto maggiore di piccole particelle (inferiori a un millimetro) rispetto a stime precedenti, "significativamente di più di quanto si sarebbe osservato con i metodi tradizionali". I ricercatori hanno anche scoperto un dettaglio importante. La maggior parte delle microplastiche rilevate era polipropilene, un polimero comunemente usato negli imballaggi e nei contenitori per alimenti. A dimostrazione che le abitudini delle persone incidono direttamente sugli oceani. La plastica è il nemico numero uno dei mari perché non si degrada mai del tutto nell'ambiente: semplicemente si frammenta sempre di più in particelle infinitesimali. Le microplastiche sono un inquinante pericoloso perché il loro impatto sulla vita acquatica non è ancora del tutto conosciuto.