Ucraina, vocabolario di guerra











Il conflitto cambia la vita delle persone e anche il significato delle parole. Espressioni che prima volevano dire una cosa, oggi parlano di altro. Nasce da qui l’idea del poeta ucraino Ostap Slyvynsky di raccogliere nelle stazioni e nei rifugi le testimonianze di donne e uomini. Frammenti di dialoghi e di monologhi riuniti nel "War vocabulary" che potete leggere qui sotto, in ordine alfabetico.

brown wooden table on gray concrete floor

WAR VOCABULARY

Nel 1943, nella Varsavia occupata dai nazisti, il poeta polacco Czesław Miłosz scrisse una raccolta di poesie intitolata Il mondo: poesie innocenti. Queste volevano rappresentare la descrizione di parole semplici come Ansia, Amore, Speranza, Cancello, Portico, Strada… giacché la guerra cambia il significato delle parole. Alcuni significati si deformano e vanno affilati come la lama di un coltello. Al contrario, altri diventano talmente taglienti da non poterli nemmeno sfiorare con lo sguardo. Alcune parole muoiono e cadono in disuso. Altre riemergono dal passato, riacquisendo valore e importanza.
La mia intenzione è quella di redigere un simile vocabolario di guerra, ma questo non sarà composto da poesie o opere letterarie scritte da me. Si tratterà di frammenti di monologhi che ho avuto modo di ascoltare in questi giorni bui. Dunque, certi racconti potrebbero essere stati sottoposti a una leggera opera di revisione, o in alcuni casi tradotti dal russo.

Sono storie raccontate dalle persone alla stazione ferroviaria di Lviv, dove confluiscono maree di sfollati che fuggono verso ovest. Si trovano in rifugi temporanei o direttamente per strada, in cerca di un caffè caldo. Alcuni di loro parlano spontaneamente. Ad altri basta una domanda posta con gentilezza per prorompere in un’onda inarrestabile di parole.
Tuttavia, non ho raccolto tutte queste storie da solo. Mi hanno aiutato i miei coautori, anche loro protagonisti e testimoni di questa guerra. Quelle che leggerete sono loro storie personali e storie che hanno sentito da altre persone. Al momento, i miei coautori sono Anna Protsuk, Yevhen Klimakin, Oksana Kurylo, Dmytro Tkachuk, Bohdana Romantsova, Oleksandr Motsar, Stanislav Turina, Larysa Denysenko, Viktoria Cherniakhivska, Kateryna Yehorushkina, Arina Lepetiukh, Violetta Terlyha, Yulia Vrotna, Lesyk Panasiuk, Olena Prylutska. Bene, cominciamo.

Ostap Slyvynsky

ADDIO

Le persone se ne vanno dal luogo dove le abbiamo ospitate. Ci salutano, ci abbracciano e si rimettono alla guida. Siamo quasi estranei: conosciamo appena i rispettivi nomi, ci siamo scambiati solo un paio di sguardi. Ma mi stringono a sé così forte e così a lungo che mi viene da pensare: in questo momento nessuno al mondo ci è più caro.
Oksana, Lviv

AMOLO

Quando gli uomini iniziarono a tagliare gli alberi, non prima del decimo giorno circa, e non prima di aver bruciato tutto ciò che c'era (alcuni vecchi mobili che erano in cantina, scatole, casse), una vicina, una signora sull'ottantina, corse fuori gridando a squarciagola. Disse chiaramente che non gli avrebbe permesso di tagliare l'albero di amoli che era lì. In realtà, ignoravamo che fosse un amolo poiché non aveva mai dato alcun frutto. E nessuno aveva intenzione di tagliarlo veramente, quell'albero sembrava inutile. Ma la signora decise di proteggerlo in ogni caso e così rimase sotto di esso, fino a tarda notte. E ciò accadde quando potevo ancora dormire a casa mia, anche se le notti erano fredde. Mi svegliai la mattina seguente, all'alba, e guardai dalla finestra per vedere se fosse ancora lì, vicino all'albero. Stavolta, però, lei giaceva a terra. Qualcuno uscì dalla propria casa per andare ad aiutarla. Non chiesi mai a nessuno cosa le fosse accaduto. Non volli. Il mio cuore non può più sopportare cose del genere.

Vika, Mariupol

AMORE

Lavoro in una scuola. Sono sposata, ma dentro sentivo un senso di vuoto. Quando la Russia vi ha attaccati, mi sono presa dei giorni di ferie e sono andata al confine. Preparo il tè per quelle persone, cioccolata, zuppa. Il primo giorno, ho conosciuto [una donna di nome] Lyubov ["amore" in ucraino]. È meraviglioso che nella vostra lingua ci sia un nome del genere. In polacco, "Miłość" ["amore"] non è un nome proprio. Quando Lyubov è arrivata, è scesa dal pulmino ed è scoppiata a piangere. Mi sono avvicinata e l’ho stretta a me. Siamo rimaste così per dieci minuti. Piangendo in silenzio, entrambe. Poi le ho preparato un pacco di provviste e lei ha ripreso il suo viaggio.

Beata, Dorohusk, Polonia

ANIMALI

Una donna con tre bambini e 30 grivnie sul conto. E un gatto. Una donna con due bambini e due gatti. Una donna con un figlio e un cane del canile (“È già stato abbandonato una volta, non lo abbandonerò ancora”).

Oksana, Lviv

AUTOBUS

Alzo lo sguardo e vedo soldati che si sbracciano e ci dicono: “Correte! Correeeete!” Due case vicine sono in fiamme, siamo molto vicini al nostro posto di blocco e mi rendo conto che potrebbero bombardare da un momento all’altro. Ma io non posso correre, perché ho una donna anziana addosso, non riesce ad alzarsi e mi sta dicendo che non cammina. Ma camminiamo. Come possiamo. A quattro zampe, accucciati. Comunque non riusciamo a tenere il passo con gli altri e restiamo indietro.
Probabilmente non ce la faremmo ad allontanarci dal ponte, se non fosse per un furgone che ci si avvicina. Il portellone si apre e dentro ci sono una donna in sedia a rotelle e altre persone. Non c’è molto spazio, quindi faccio salire la donna anziana e corro verso il posto di blocco.
Corro, mia sorella e altri estranei accanto a me. Il posto di blocco è di fronte a noi, due ragazze con le divise militari ci fanno cenno. 50 metri. 45 metri. 40 metri. 30. 20. 10. Penso che non ce la farò mai a coprire questa distanza, è la corsa più lunga della mia vita. Ma ce la facciamo, superiamo le ragazze e siamo nel sentiero nel bosco. Corriamo altri 50 metri, sfruttando la spinta iniziale.
Siamo a Kyiv. Siamo a casa.
Un comune autobus cittadino di Kyiv ci viene incontro. Blu e giallo. Un autobus di soccorso.

Dmytro, Kyiv

CANARINO

Mentre stavamo fuggendo da Irpin, a un tratto è calato un grande silenzio. Vicino a noi c’era una casa distrutta dai bombardamenti. Tutte le finestre in frantumi, l’ingresso bloccato dai detriti. In quel momento, da una finestra, ho sentito il verso di un canarino. Da piccola ne avevo uno e ho imparato a riconoscerlo. Gli abitanti della casa devono aver cercato riparo di sotto e non sono riusciti a tornare su. Tante cose sono successe prima e dopo quel momento, ma non dimenticherò mai quel canarino.

Olya, Irpin

BELLEZZA

Non molto tempo fa ho letto una storia sulla Seconda guerra mondiale. Parlava di una ragazza che indossava i vestiti più brutti della madre per non farsi notare dai nazisti ed evitare di essere stuprata. Mi fermo davanti al mio armadio: è già arrivato il momento di indossare i miei vestiti peggiori o posso ancora farcela? Le cose cambiano molto rapidamente. I taxi non arrivano: la linea è occupata o si rifiutano. Andrò a Kyiv a piedi. In guerra la bellezza diventa un pericolo. Oggi oggetti, persone e rapporti belli non esistono più per essere fonte d’ispirazione. Esistono per essere annientati. Non per l’ammirazione e le carezze, ma per il dolore. I miei stivali affondano nel fango lungo la superstrada. Sul mio telefono arriva la notifica di un SMS: “Hai appena visitato il nostro salone di bellezza per una manicure. Lasciaci una recensione”.
Kateryna, Vyshhorod

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CACAO

Ieri c’erano molte persone di Kramatorsk, davvero molte. I treni continuavano ad arrivare e la gente veniva a chiedere da mangiare, a parlare. Stavamo servendo porridge di riso con latte, una colazione tipica, ma a me quella non piaceva. Stavamo finendo il caffè e così abbiamo pensato di servire latte al cacao. Anche agli adulti piace, solo che si vergognano a dirlo. Cercavo il tè verde tra i pacchi di tè nero, perché una delle donne lo voleva solo così. Scherzavo dicendo che avremmo potuto sfamare mezza Ucraina col tonno polacco, perché in magazzino ne avevamo così tanto che praticamente stava cacciando via anche il latte condensato. Abbiamo trovato delle bottiglie d’acqua da mezzo litro e scavando tra le scatolette di paté ho trovato una scatola di cioccolatini per i bambini. La carta era verde e a righe, sembravano piccoli cocomeri. Normale routine, piccole gioie, tonno, le solite cose. Oggi hanno attaccato la stazione ferroviaria di Kramatorsk. C’è un pensiero che non riesco a togliermi dalla testa, e cioè che più di trenta persone non berranno caffè, non chiederanno tè, i loro figli non riceveranno cioccolatini con la carta a righe. Non servirò loro panini al tonno. Stavano venendo da noi, e avevamo già trovato anche il caffè. Non so se esista un dopo. Ma se è così, ad aspettarci deve esserci per forza il cacao più buono del mondo.

Bohdana, Lviv

CADAVERE

Eravamo diretti verso Lviv su un treno di evacuazione, uno di quelli dove ci si poteva sedere, chiamato Intercity. Una donna era seduta vicino a noi, probabilmente aveva dei problemi alle gambe o alla schiena dato che non riuscì a rimanere a lungo in quella posizione; mise qualcosa sul pavimento, si distese lì e si coprì con dei vestiti e delle coperte fino alla testa. Mentre eravamo in viaggio, notammo che non c'erano molte persone nel nostro vagone, in confronto alle altre carrozze. Quando uscii per una sigaretta, durante una fermata, finalmente capii il perché. La gente doveva aver pensato che nel vagone stavamo trasportando un cadavere, per questo ci aveva evitato.

 Julia, Dnipr

CANTARE

È bello vivere in una scuola di musica. Perché amo cantare. Anche quando aspettavamo che i bombardamenti si interrompessero, in cantina, ho continuato a cantare. Prima forte, le persone accanto a me che si univano al canto, era bellissimo. Poi mi sono stancata e ho cominciato a cantare più per me stessa. In silenzio, nella mia mente. Ricordavo le parole di tutte le canzoni. Mentre cerchi di ricordare, non vuoi dormire. Perché addormentarsi fa paura.

Signora Olha, Zaporizhzhia

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CAVERNE

Sono sempre stato appassionato di speleologia. Al primo weekend libero, facevo i bagagli e andavo a esplorare qualche caverna. Nel nostro quartiere, sotto una scuola, c’è un grande rifugio antiaereo. Nei primi giorni, non c’era luce là dentro. Sono entrato con la mia torcia sul casco, avanzando sempre di più. Sembrava che non ci fosse nessuno. Poi, di colpo, li ho visti: adulti e bambini, ammassati contro le pareti. Giro l’angolo ed ecco, la stessa scena. Quelle persone mi ricordavano stalattiti e stalagmiti. Sembrava che fossero lì da migliaia di anni. È l’effetto della guerra sullo scorrere del tempo.

Roman, Černihiv

CIBO

Ho ospitato una famiglia dell’est per una notte. Ho mostrato loro la cucina, dicendo: "Questa è la cucina. Prendete pure il cibo che trovate sul tavolo". Sono scoppiati a piangere a queste parole. "Prendete pure il cibo che trovate sul tavolo".

Oksana, Lviv

CALENDARIO

I fine-settimana e le vacanze sono un ricordo del passato ormai. Riuscivo sempre a capire quando era sabato o quando era lunedì, in che giorno della settimana cadeva il mio compleanno o un qualche evento importante. Perfino quando ero in vacanza, ero io a dire sempre a tutti che un dato giorno era mercoledì. Eppure non ricordo che giorno della settimana fosse il 24 febbraio né so che giorno della settimana è oggi. Il tempo e lo spazio si sono condensati ferocemente in una realtà misurata in giorni di guerra, ore di coprifuoco e giornate e nottate interrotte dalle sirene antiaeree, non più in giorni della settimana.

Larysa, Kyiv

CORPO

Di solito si pensa al proprio corpo soprattutto quando fa male, no? In quei momenti lo si percepisce di più. Non avevo mai pensato che avrei percepito il mio paese come un corpo. Vado a fare la spesa, arrivo alla porta del negozio, abbasso la maniglia e mi sembra che mi faccia male. Ci sono ferite aperte a centinaia di chilometri di distanza. E qui tutto fa male.

Sofia, Lviv 

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Photo by Dari lli on Unsplash

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DIMORE

Guardando le case, vedemmo cucine sventrate, resti di camere da letto, carte da parati di camerette, pezzi di specchiere del bagno. Mentre le guardavamo, ci rendevamo conto che i proprietari dovevano aver risparmiato per metà della loro vita per costruire e riempire queste dimore. Alcuni ci avrebbero passato una vita intera. Davanti a uno degli edifici c’era un cartellone che diceva: "Finalmente uno spazio per voi a prezzi convenienti".
Dmytro, Kyiv

DOCCIA

Fare la doccia sotto i bombardamenti non ve lo consiglio proprio. Si perde tutto il divertimento. Non fai che pensare che se una bomba ti arrivasse addosso in quel momento saresti una vittima di guerra a culo nudo e insaponato.

Oleksandr, Bucha

 DOLCI

Oggi è arrivato il treno da Sievierodonetsk. Era carico di famiglie, un treno tremendo, gremito fino al tetto. La prima cosa che molti rifugiati chiedevano era: “Scusate, potrei avere del tè?” Ma a stupirmi è stato qualcos’altro: la loro voglia di dolcezza. Mettevano quasi tutti tre cucchiaini di zucchero nelle loro tazzine di tè. Chiedevano quasi tutti dei biscotti o perlomeno un dolce. Mangiamo dolci quando abbiamo paura. Non sappiamo quando sarà il nostro prossimo pasto, quindi ci servono calorie. Mangiamo i dolci perché ci riportano alla nostra infanzia, al sicuro dai missili che ora volano sopra le nostre teste. Qui abbiamo abbastanza zucchero per tutta Sievierodonetsk, per tutta Mariupol e per tutta Kherson.

Venite qui, vi prego.

Bohdana, Kyiv-Lviv

 LA CITTÀ

La città è il luogo per l’evacuazione. Continuo a incontrare le tue ex mogli. Ne ho incontrate due in due giorni. Non solo, con la seconda ho fatto conoscenza. Che emozioni strane. Sto cercando un posto dove possano vivere. "Allora? Ti somigliano?"  " Si sono fatte crescere i capelli."

 Maria, Lviv

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LIBERTÀ

La libertà è così: nessuno te la può procurare. Non ti verrà offerta o regalata, non puoi aspettare che venga dagli altri. Puoi solo crearla da te. Sì, è fatta a mano [ride]. Non esistono fabbriche della libertà. Non si produce in serie.

Vadym, Konotop

IMPASTO

Volevo dimagrire per la prova costume, ma ora che da mangiare non c’è, l’obiettivo è sopravvivere. A ogni sirena antiaerea muoio di fame.
Tipo quando ero lì che facevo un impasto. Sono arrivati gli aerei e mia madre mi ha urlato: “Vai subito nel seminterrato!”. E io: “Ma non posso, sto facendo l’impasto".

Due donne, area di Žytomyr

MELE

Quella notte dormii nella vasca da bagno, in un cumulo di coperte e cuscini, sotto il rumore delle esplosioni più potenti che avessi mai sentito dall’inizio della guerra. Molto tempo fa, in una vita passata, ero perdutamente innamorata. Andammo insieme in una casa sui Carpazi, la nostra prima volta. Era autunno inoltrato e dormivamo nella mansarda, in un letto non molto più comodo della vasca da bagno. Per addormentarmi ascoltavo i tonfi delle mele che cadevano in giardino. Colpivano forte la terra, grosse e mature, a ritmo costante, per tutta la notte. Ero felice. Quella notte, mentre mi addormentavo sotto le bombe, risentii le mele di quel giardino. E desiderai con tutta me stessa che fossero quelle a colpire la terra intorno a noi.
Anna, Kyiv

 MADELEINE

Delle piccole madeleines sono arrivate con gli aiuti umanitari che abbiamo ricevuto. Sopra c'era scritto semplicemente “Madeleine”. Ogni dolcetto era impacchettato accuratamente nel proprio sacchettino in modo che ognuno potesse avere una sua personale madeleine. Le abbiamo date ai bambini e questo, per me, è stato un atto simbolico. Ogni bambino porterà con sé nel futuro una briciola della sua Combray ed è così che la longevità della memoria collettiva prende forma. È così che proteggiamo le nostre città interiori, che nessun invasore potrà mai distruggere.

Bohdana, Kyiv-Lviv

 MAGAZZINO

Il 24 febbraio ho dato l’acqua ai fiori e me ne sono andata. Nessuno li annaffia da più di un mese, ormai. Quando i russi si sono ritirati dalla mia città, mia madre voleva prendersene cura. Era disposta a farsi tre ore di strada. La gente aspettava un treno elettrico. Sul binario accanto c’era un treno merci, il cui carico veniva trasportato in un capannone. Conoscevo bene quel magazzino: quando eravamo piccoli, vi portavamo la carta da riciclare in cambio di libri. Tutt’a un tratto, mia madre si è sentita male. Quasi non si reggeva in piedi ed è riuscita a malapena a tornare a casa. Ha avuto la nausea per tutto il giorno. Quel magazzino, un tempo pieno di libri, era diventato un deposito di cadaveri.

 Kateryna, Vyshhorod

 MATRIMONIO

Mentre fuggivamo da Mariupol, avanzavamo in una lunga fila di macchine. Da qualche parte davanti a noi c’era un’ambulanza. Procedevamo lentamente, con cautela – c’erano molti bambini e malati – e quasi ogni macchina aveva dei nastri bianchi legati agli specchietti, alle portiere, ai bagagliai, al tetto. Come un matrimonio! Somigliava proprio a un lungo corteo nuziale. Però non c’erano gli sposi né la musica. E non c’erano parole, neanche quelle.

Vika, Mariupol

 MATRIMONIO/2

Il 22 febbraio abbiamo festeggiato il matrimonio di mio fratello. Eravamo così felici che le voci sulla guerra non fossero state confermate. Poi, nel giro di una settimana, una settimana e mezzo, mio fratello e sua moglie hanno deciso di scappare da Mariupol. Hanno messo tutto in una valigia e sono partiti verso l’autostrada, determinati a lasciare la città. Ho scritto io “Zaporizhzhya” su un pezzo di cartone perché trovassero un passaggio fin lì. Ecco qual è stata la partenza per la loro “luna di miele”, il loro primo viaggio da sposati.»

Violetta, Mariupol

 NONNINE

Gli appartamenti di due nonnine dell’edificio di fronte erano in rovine, ma non volevano andare negli appartamenti di qualcun altro perché erano di qualcun altro. Perciò se ne stavano sedute su una panca vicino all’entrata, così. E lì sono state uccise dalle schegge. E lì le abbiamo sepolte, nel cortile, scavando fosse tra un bombardamento e l’altro.
 Yuri, Kharkiv

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NUMERI

No, conta e basta, ok? Contiamo insieme. Uno, due, tre… No, più lentamente. Ricominciamo. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette… Vedi? Va tutto bene.
Iryna, Sievierodonetsk, sta parlando al telefono

ORSO

Il mio sonno è più reale della vita diurna. Durante il giorno, scaccio i pensieri dalla testa facendo commissioni, ma durante il sonno, la realtà mi presenta il conto. “Il sonno della ragione produce mostri”, diceva Goya. Uno dei tanti significati di queste parole adesso è che non devi mai smettere di pensare, devi distanziarti dalla realtà. Oggi volevo tornare alla mia infanzia. Così sono “fuggito” dove non c’è la guerra. A Makiyivka, a Ust-Kamenohorsk, alla Zakarpattya della mia infanzia. Adesso, quando sono triste, scappo nella mia infanzia. La prima volta ho ricordato gli anni dell’asilo, passo dopo passo. E adesso sto ricordando l’orso. Cioè, sia il mio vero orso, che un altro, immaginario. Due orsacchiotti. E ci sono io che abbraccio quello piccolo, o lui, enorme e a pois bianchi, che abbraccia me. Sto fantasticando, e la guerra non c’è. Lasciatemelo dire a voce alta… fantasia! Una parola dal suono meraviglioso: fantasia.

 Stas, Kyiv

PRAGA

Sono una che rimanda sempre tutto. Da piccola mettevo da parte persino qualche leccornia per poterla mangiare in un secondo momento, con la giusta ambientazione, con le candele, o guardando un bel film. Spesso non ne avevo il tempo, e restava lì. Poi la prendevo, la assaggiavo, e non era più così buona. Allo stesso modo ho sempre desiderato di andare Praga, dove abbiamo dei parenti. Ma non ne ho avuto il tempo. Adesso, finalmente, ci sto andando. Ma non c’è gioia.

Un’adolescente, non le ho chiesto il nome. Kharkiv

 PROIETTILE

Non so se commetto peccato. Prendo la mira e sparo, ma quando premo il grilletto chiudo gli occhi. Il mio proiettile avrà ucciso qualcuno? Posso solo immaginarlo.
Mykola, Khmelnytskyi

 

 RADIO

No, capisco l’ucraino. Ma sono diventata sorda al momento giusto. Mio figlio dice così. Scherza sempre. Sai, a una certa età pensi che non ci saranno più prime volte nella tua vita. Ma adesso sto vivendo molte prime volte. Per esempio, vedrò la Polonia. Tuttavia, non la sentirò. In passato era il contrario. Potevo sentire, ma non potevo vedere. Mi chiedi come mai? È semplice: la radio polacca. Rock, jazz. Noi non li avevamo. Ma a quei tempi disturbavano le onde radio e c’era molto rumore. Perciò, quando ne ho bisogno, posso immaginare la musica. È bello poter immaginare qualcosa che non hai. Così, in qualche modo, appare e sei felice. Dimmi, cosa vuoi che immagini? Beh, lo so io che cosa.

Samet, Baku-Kyiv

SOGNI

Ero abituata a impostare la sveglia un po’ prima del necessario. Ti svegli, vedi che hai ancora mezz’ora di sonno, e sei felice. Adesso non riesco a dormire affatto. Non è di addormentarmi che ho paura, è di svegliarmi da quel sonno. Ho paura di essere svegliata dai bombardamenti. Adesso odio i sogni perché mi ricordano tutto. Specialmente se sogno la mia casa. Dopo, c’è una sensazione di soffocamento. Se mi addormento, cerco di dormire il meno possibile, così i sogni non faranno in tempo ad arrivare. Volevo imparare a ballare, e poi a guidare. Ma non ne avevo il tempo. Adesso devo imparare a dormire [ride].

Maryna, Kharkiv

 SILENZIO

Il teatro delle marionette è diventato un rifugio per gli sfollati. Abbiamo messo dei materassi sul palcoscenico, nelle sale, nel foyer. I primi giorni c'erano tante persone con bambini e animali. Per due giorni sono stati sdraiati in silenzio su quei materassi. Non ho mai visto così tante persone e animali in silenzio in un solo posto. Poi si sono risollevati un po'. Ma non dimenticherò mai quel silenzio. Era terrificante.
Ulyana, Lviv

 SPAZZATURA

24 febbraio. Elicotteri russi sorvolano le nostre finestre, piovono missili. Io devo uscire. Devo portare fuori la spazzatura. Prendo il sacco dell’organico. Devo prendere i sacchi della plastica, del vetro, dei cartoni? Si mischierà tutto nel caos della guerra? I vasetti di yogurt lavati con cura, le bottiglie, i libri da colorare dei bambini… Anche la mia casa e la mia città diventeranno spazzatura quando le lascerò? Ho almeno il diritto di pensarci?

Kateryna, Vyshhorod

 STELLA

Quando si ricoprono i vetri di nastro adesivo per evitare che si infrangano durante le esplosioni, le finestre sembrano delle stelle. L’ho fatto anch’io nelle mie finestre. Nastro adesivo opaco, quattro strisce incrociate per ogni finestra, proprio come dice il manuale. Quando fuori c’è il sole, mi sveglio e vedo le ombre del nastro adesivo sul muro. Sono come delle stelle. Che avanzano lentamente. Vorrei che questo fosse il mio unico ricordo della guerra.

 Romanna, Kyiv

 STELLA/2

Una volta ci siamo resi conto di non avere tradizioni nella nostra famiglia. Così abbiamo creato una stella di Natale. Gigantesca, molto alta. Così alta che quando la spostavamo negli appartamenti del nostro palazzo a cinque piani, sembrava una lancia. Ci abbiamo attaccato anche delle luci. Poi abbiamo imparato dei canti natalizi, anche gli ucraini hanno canti natalizi, no? Beh, quel tipo di canti. E abbiamo iniziato a cantare. Abbiamo fatto tantissimi soldi il primo anno e ci siamo cuciti pure dei lunghi abiti. E la gente ha iniziato a ingaggiarci. Parenti, amici, persino sconosciuti. Continuavano a ingaggiare il “Vertep” per Natale. Quella stella è ancora lì sul mio balcone.

Victoria, Kharkiv

SOLE

Quando è cominciata la guerra, pensavo che avrei pianto molto. Perché sono fatta così, sono una piagnucolona. E invece sono qui, bloccata. Nemmeno una lacrima in tutti questi giorni. Ho pianto una sola volta. Quando, dopo essere stata seduta nel rifugio così a lungo, sono uscita fuori e ho visto il sole. Sono scoppiata a piangere, ho camminato verso casa piangendo, e non riuscivo a capire se il mio fosse un vero pianto o se fossero solo lacrime che scorrevano sul viso.

Nina, Konotop

STRADA

Tutte le strade sono ormai segmentate da posti di blocco come da delle virgole. E dove non ci sono i posti di blocco, sono irriconoscibili. Le strade vecchie che ci erano familiari ora sono nuove e ci sono sconosciute. Ormai tutto dev’essere segmentato, spezzettato. Proprio come i personaggi del film Stop-Zemlia hanno solo un’ora e mezza di tempo, le nostre strade ci concedono al massimo dieci minuti. Non posso né voglio immaginare come sia la situazione nelle città in cui si sono svolti i combattimenti. Reprimo la mia immaginazione in favore di quella realtà che gli altri hanno visto.

Stas, Lyiv

GettyImages
Lev Shevchenko (Instagram)

TETRIS

Un treno buio, pieno di luminose speranze. Decine di schermi soffusi, tutti che leggono le ultime notizie. Ogni tanto parlano sottovoce, rimboccano le coperte ai bambini, accarezzano il gatto di uno sconosciuto. Siamo tutti una famiglia. Ora sappiamo a cosa è servito giocare tanto a Tetris da bambini: a riuscire a fare entrare nove persone e tre animali in uno scompartimento.
Anna, Kyiv

 TUONO

- Quando tutto è iniziato, abbiamo cominciato a fare un gioco nuovo, - dice una donna di Kharkiv mentre spinge la figlia di tre anni sull’altalena.

- Quale gioco?

- Ogni volta che sentiamo un tuono, dobbiamo scendere nello scantinato. Alla più piccola piace, ma il più grande non riesce a capire perché non ci siamo mai nascosti dai tuoni prima d’ora.

Kateryna, Kyiv

 VITA

A dire il vero, l’8 marzo è la mia festa preferita. Ma questa primavera, a Mariupol, non mi aspettavo regali né i primi fiori. Io e mia sorella abbiamo preso delle bottiglie di plastica e siamo andate a cercare dell’acqua. A un certo punto qualcosa ha iniziato a rombare nell’aria, ma pensavamo che fosse dalla parte opposta del quartiere. Poi ho sentito un fischio vicino a noi e ho detto a mia sorella di accovacciarsi. Non volevo stendermi a terra perché era bagnato, perciò mi sono accovacciata. Ma mia sorella è rimasta lì come pietrificata. Forse non riusciva a crederci, forse aveva paura di sembrare goffa. C’è stata un’esplosione accanto a noi, la terra è volata in aria e poi ha iniziato a ricaderci addosso. Ci siamo messe  a correre.
Quando ci siamo guardate alle spalle, abbiamo visto una donna seduta su una panchina all’ingresso dell’edificio che si trovava proprio accanto a dov’era avvenuta l’esplosione. Era avvolta in una coperta rosa, probabilmente si stava godendo il sole all’aperto. L’abbiamo vista ripiegarsi sulla panchina e poi cadere a terra in modo innaturale. Questa volta, per l’8 marzo, alle nostre donne sono state distribuite la vita e la morte. A noi è toccata la vita.

Violetta, Mariupol 

WAR VOCABULARY

Progetto di Ostap Slyvynsky
A cura di Anna Protsuk, Yevhen Klimakin, Oksana Kurylo, Dmytro Tkachuk, Bohdana Romantsova, Oleksandr Motsar, Stanislav Turina, Larysa Denysenko, Viktoria Cherniakhivska, Kateryna Yehorushkina, Arina Lepetiukh, Violetta Terlyha, Yulia Vrotna, Lesyk Panasiuk, Olena Prylutska
Project manager: Taras Malkovych
Traduzione dall'inglese di Rachele Agnusdei, Irene Bassini, Chiara Belluzzi, Maria Cristina Cavassa,
Manuela Mancuso, Riccardo Mimmi, Alessia Sapori, Serena Scaldaferri
Longform a cura di Andrea Dambrosio
Thanks to Nicola Bruno e Raffaele Mastrolonardo