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Cent'anni di solitudine diventa una serie tv di Netflix

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Fabrizio Basso

Per la prima volta arriva sullo schermo Cent'Anni di Solitudine, il capolavoro del premio Nobel per la Letteratura Gabriel García Márquez. I figli Rodrigo e Gonzalo avranno il ruolo di produttori esecutivi

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Il colonnello Aureliano Buendìa va su Netflix. La società californiana ha infatti acquistato i diritti per tradurre in serie televisiva il libro di Gabriel Garcìa Marquez. Per garantire la fedeltà al testo i produttori esecutivi saranno i figli, Rodrigo e Gonzalo, e sarà girato in lingua spagnola come da disposizioni di Gabo che in vita è sempre stato renitente a vedere la sua storia tradotta in immagini. Qualcuno mormora che avendo frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma abbia visto lo strazio che veniva fatto di certi libri e dunque si sia arroccato su una posizione resistente. Come annunciato sul sito di Netflix il titolo sarà Cien anos de Soledad.

Diciamolo non è un romanzo facile per la lettura, l’utilizzo da parte di Marquez (Premio Nobel per la Letteratura nel 1982) del Realismo Magico ne rende alcuni passaggi ostici. Ma ciò non toglie che è un ritratto dell’umanità che attraversa sette generazioni e che ha creato con Aureliano Buendìa un personaggio epico. In quale altro romanzo si trova un colonnello capo delle forze rivoluzionarie che ha partecipato a 32 rivoluzioni uscendo sconfitto da tutte? E che tra l’una e l’altra è riuscito a garantirsi il futuro attraverso la nascita di 18 figli maschi con 18 donne diverse? E’ fuggito ad attentati, agguati, alla stricnina e al plotone d’esecuzione. Per sentire quanto fosse lieve la terra in tarda età, sconfitto solo dalla vecchiaia nel suo amato laboratorio di orologi.

Il Centro e il Sudamerica sono luoghi di colori letterari. Penso a Ignacio Paco Taibo II, a Jorge Amado, a Daniel Chavarria, a Carlos Fuentes, a Mario Vargas Llosa ma soprattutto al messicano (e non riconosciuto ancora nella sua grandezza) Juan Rulfo che ha inventato il Juan Preciado di Pedro Pàramo e il Dionisio Pinzon, un poveraccio che adotta un gallo moribondo e lo trasforma in un campione da combattimento, Il Gallo d'Oro del titolo appunto. Personaggi così quotidiani e strampalati, anche se meno legati al sogno e molto più reali, li troviamo in Philip Roth e Bernard Malamud, ma qui invadiamo il campo della letteratura americano-ebraica. Cent’anni di Solitudine racconta un mondo dove la chiaroveggenza è una consuetudine che porta a confondere il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. A fare da cornice l’arretratezza, una polvere spessa ed eterna conservatrice di ataviche abitudini e un isolamento che scivolano in cent’anni di solitudine.