Cronistoria dei testi rap americani, tra misoginia e passi indietro

Nel 2023 l'hip-hop ha compiuto 50 anni e, di conseguenza, anche il rap che di questa sottocultura è l'alfabeto musicale. La data di riferimento per la nascita è quella del 11 agosto 1973, una calda serata a West Bronx, New York City dove ebbe luogo un block party organizzato da DJ Kool Herc. Il termine hip nello slang significa informato, consapevole, mentre hop vuol dire salto. L'hip-hop nasce quindi come movimento di musica e balli con l'obiettivo di tenere i più giovani lontani dalla delinquenza e dall'emarginazione sociale. Il passaggio dai ghetti di New York ai primi dischi e alla conquista delle classifiche non è così immediato e soprattutto attraverserà varie fasi, stili e scene, spesso anche di segno opposto ai valori delle origini. Come sono cambiati i testi rap nel tempo All'inizio era semplicemente musica da festa - il primo vero grande successo globale, “Rapper's Delight” della Sugarhill Gang, racconta una semplice e divertente serata in discoteca – poi, con il tempo, si trasforma nella rappresentazione della quotidianità del ghetto e una risposta alla repressione e al degrado, alla povertà e alla sofferenza. I rapper inizialmente si facevano portavoce di valori condivisi come unità, uguaglianza e libertà: era la coscienza di una comunità che si raccontava in prima persona, rivendicando diritti e denunciando le ingiustizie. All'inizio emergono - o meglio, arrivano da noi al di qua dell'Oceano – le canzoni più conscious, motivo anche per cui i primi esempi di rap italiano furono principalmente recepiti dai centri sociali. Un paio di canzoni su tutte: “The Message” di Grandmaster Flash and The Furious Five e “My Philosophy” dei Boogie Down Production . Ma il rap è musica di strada che racconta la quotidianità senza alcun filtro, con un linguaggio crudo e secco; è quello che si dice un genere-spugna che si nutre di quello che circonda i rapper, nel bene e nel male. Quindi parallelamente, verso la fine degli anni 80, emerge un nuovo genere chiamato gangsta rap, che cambia il sound e il punto di vista, giocando un ruolo importante nel modo in cui funziona la scena musicale hip-hop odierna. Sebbene povertà e violenza delle gang rimangono i temi principali nei testi del gangsta rap, questo si nutre di schemi machisti e di una costruzione del maschile come dominante e violento. Misoginia e ruoli femminili Nelle canzoni rap, quindi, i temi misogini abbondano: le donne sono spesso descritte come oggetti presentati esclusivamente per la soddisfazione maschile, la sessualità femminile viene demonizzata, la violenza normalizzata, la possessività esaltata e addirittura romanticizzata. Le canzoni che promuovono questa palese mancanza di rispetto verso le donne sono davvero tante. Citiamo solo qualche titolo, e, se vorrete, potrete verificare il testo cliccando sui link: “Bitches Ain't Shit" di Dr. Dre, “Kill You” di Eminem, “UOENO” di Rocko feat. Rick Ross & Future. Anche i videoclip associati alle canzoni rafforzano il concetto. “Candy Shop” di 50 cent si concentra intensamente sul corpo femminile, con un focus erotico sui favori sessuali e su cosa tante ragazze riescono a fare con il proprio corpo. Addirittura il video di “Monster” di Kanye West esemplifica – seppur attraverso una rappresentazione artistica - il ruolo delle donne sminuite e considerate bambole senza vita: fu bandito da MTV, e rimosso da YouTube . Le poche donne nel rap hanno provato a reagire contro questo sessismo, raccontando le donne non come vittime, ma piuttosto come individui forti che hanno in controllo della propria promiscuità, sensualità e desiderabilità, e che possono fare del proprio corpo e della propria sessualità ciò che desiderano. Tuttavia il percorso è ancora lungo e sono i numeri a dircelo: all'interno dei Grammy Awards, la categoria del Best Rap Album è stata inserita nel 1995, e in 30 anni solo 3 donne hanno vinto questo premio . Successo mainstream, reazioni e passi indietro Il rap in un certo senso amplifica ed estremizza con un linguaggio crudo e diretto quello che vede intorno e, nonostante la crescita dell'empowerment femminile e del Movimento #MeToo, nella società capitalista e nel marketing che lo anima, il corpo femminile appare il più delle volte concepito come richiamo sessuale per aumentare l'audience. Il rap anche negli States è nato come movimento underground legato a un contesto ben definito, quando però ha incontrato il successo di massa si è allontanato dalla cultura hip-hop nei suoi valori fondanti trasformandosi in una serie di produzioni finalizzate al consenso e alla polemica generalizzata per la sua rapida commercializzazione, basandosi su narrazioni precostituite e, appunto, sessiste. Ci sono molti casi che negli Stati Uniti sono finiti sui banchi del tribunale. I primi a subire un processo per oscenità e misoginia sono stati nel 1989 i 2 Live Crew prima condannati per testi osceni e poi due anni dopo assolti in Corte D'Appello per l'esercizio della libertà d'espressione. Dopo vari decenni sembra che la percezione del rap faccia ancora fatica a mettere in discussione una visione sessista mercificata del corpo femminile e della percezione sociale che ne abbiamo. Ma stiamo raccontando la situazione nordamericana perché, da questo punto di vista, gli Usa sono almeno un paio di lustri in anticipo rispetto a noi e quindi ci sembra giusto registrare alcuni riscontri in controtendenza: come l'esempio dei Wu Tang Clan - che correggono vecchi testi citando esplicitamente il movimento #MeToo - oppure Snoop Dogg il quale qualche anno fa ha dichiarato che i suoi testi non conterranno più contenuti offensivi e di insulto nei confronti delle donne. Piccoli segnali per una questione molto complessa - che non può essere risolta con una censura dall'alto - ma che qui da noi non si sono ancora visti.

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