La musica su internet: una frammentazione su tre livelli

Nel corso degli ultimi mesi abbiano dedicato più di un articolo su una serie di analisi di scenario e dinamiche sul mercato musicale che è sempre più legato a internet. Ma non essendo internet un medium, bensì un ecosistema, le implicazioni sono ancora più varie, complesse e stratificate e sicuramente stanno prendendo una direzione inattesa o comunque molto differente da quel tecno-ottimismo che permeava le riflessioni su internet fino a una decina di anni fa. Il web alle origini sarebbe dovuto essere una forza unificante e portatore di democrazia, una “piazza digitale” dove le informazioni erano abbondanti e che permetteva connessioni con persone in tutto il mondo. Molte di queste istanze in realtà si sono avverate, i contenuti sono tanti e variegati, ma a gestirli oggi sono piattaforme e algoritmi il cui unico scopo non è quello di diffondere saggezza e cultura, bensì massimizzare il coinvolgimento attraverso il sensazionalismo, l'indignazione, la polarizzazione e la radicalizzazione che oggi riescono a catturare l'attenzione di massa più di ogni altra cosa. La musica su internet e sui social media L'internet musicale è una grande arena, uno spazio appiattito in cui le grandi pop star e i musicisti più sperimentali sono costretti a giocare secondo le stesse regole, ovvero competere per l'attenzione di un pubblico reso intorpidito dagli algoritmi e dal sovraccarico di contenuti. Il discorso musicale si svolge fondamentalmente sui social media: di conseguenza artisti, etichette, promoter e altre figure del settore non devono più rivolgersi ai giornalisti per comunicare con il pubblico, ma si rivolgono direttamente alle masse tramite i social media. La stampa musicale professionale – quella rimasta – dedica una buona parte della propria capacità editoriale a riportare e reagire a qualsiasi conversazione o polemica del giorno che si sviluppa online. Per fortuna c'è sempre una parte di giornalisti e organi di stampa che si oppone all'algoritmo e provano a continuare a informare basandosi sulle vecchie regole. Ma la vera resistenza avviene soprattutto dal punto di vista della domanda, da quello che in gergo viene chiamato dei superfan, di cui abbiamo ampiamente trattato qui. Si tratta di quella fetta di pubblico amante della musica o di un particolare genere/artista che sono disinteressati alle bizzarrie dei social media e poco ispirati dall'attuale produzione della stampa musicale tradizionale, ma che desiderano qualcosa di più sostanzioso e sono disposti a dedicare tempo o denaro extra per ottenerlo: i superfan e affini stanno gravitando verso nuovi ecosistemi sempre online, ma che non sono progettati per attrarre un alto numero di persone. La frammentazione di internet: slop e branded tier Sulla base di tutte queste considerazioni, molti osservatori hanno preconizzato l'avvento di un nuovo internet musicale a due velocità con contenuti gratuiti per la massa e contenuti di qualità a pagamento per gli appassionati e per chi se lo può permettere. La scorsa settimana il giornalista Shawn Reynaldo nella sua newsletter The First Floor su Substack propone una internet divisa in tre livelli in merito a come viene vissuta e diffusa la musica che vale la pena qui approfondire. Il primo livello è quello dell'internet di Spotify e delle piattaforme di cui abbiamo parlato in varie occasioni, quello che il giornalista Luca Castelli in un suo bel saggio chiamava “La musica liberata” . Quindi musica come commodity, accessibile a ogni ora e in ogni luogo, grazie alla connessione e che, con l'intelligenza artificiale, si è moltiplicata esponenzialmente con un'ampia collezione di “contenuti funzionali” guidati dall'algoritmo e creati dall'AI e che fanno da colonna sonora per determinate occasioni o per particolari stati d'animo per un'esperienza sempre più personalizzata. Un livello che funziona anche perché in un certo senso crea dipendenza. Il secondo livello è quello che Shawn Reynaldo chiama The Branded Tier, ovvero quel livello di contenuti sponsorizzati ovvero pagati e supportati dai brand. Da sempre la musica e l'editoria musicale hanno avuto un rapporto stretto con le aziende e con la loro pubblicità. Ci sono generi musicali come l'elettronica e l'hip-hop che si sono fatti conoscere grazie al supporto di brand che hanno organizzato eventi per la loro diffusione. Reynaldo sostiene che questo ecosistema in rete si sta un po' riducendo sia come dimensioni che come rilevanza, ma che comunque su certi ambiti ha ancora importanza. The Curated Tier Il terzo livello che Shawn Reynaldo propone è quello forse più interessante e che chiama The Curated Tier. Secondo il giornalista inglese - ma residente a Barcellona – questo terreno è quello in grande crescita ed è dove si stanno rifugiando superfan e gli appassionati di musica. Una sorta di giardino recintato dove si rifugia chi è alla ricerca di qualcosa di più sostanzioso. Si tratta da quell'insieme di newsletter, podcast e altre forme di walled gardens popolato dai nerd della musica inclusi gli stessi giornalisti musicali che possono scrivere liberamente delle cose di cui sono davvero appassionate e, nello stesso tempo, segnalare nell'enorme flusso di musica che esce giornalmente le cose secondo loro più meritevoli. Si tratta di un spazio decisamente interessante e in grande crescita ma su cui Reynaldo è molto critico, soprattutto per quanto riguarda la sostenibilità economica. Infatti questo nuovo ecosistema, sostiene il giornalista, si basa sostanzialmente su lavoro non retribuito e certe piattaforme come Substack ad oggi il sistema di newsletter più efficiente e popolare, basato su un sistema ibrido di contenuti gratis e a pagamento – sono finanziate da venture capital che, a un certo punto, per avere un ritorno rapido dei propri investimenti richiederà un ingrandimento di queste realtà che il più delle volte non funzionano mai. Si tratta infatti spesso di progetti che nascono con una sola persona e l'ampliamento a una realtà editoriale più strutturata spesso si risolve in un fallimento. Lo stesso Reynaldo è direttamente coinvolto in questo contesto, avendo pubblicato questo lungo e interessante articolo intitolato “The Fracturing of the Music Internet” sulla sua newsletter freemium The First Floor, rendendo lo stesso pezzo disponibile gratuitamente per 24 ore. Anche perché se è vero che molti contenuti qui e su altre piattaforme sono estremamente interessanti, dal loro degli appassionati di musica possono essere molto onerosi, quindi la sostenibilità – anche dal punto di vista della domanda – diventa un tema molto critico, su cui inevitabilmente torneremo.

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