Alla scoperta dell'hyperpop, genere musicale contemporaneo, ibrido e mutante

Come abbiamo avuto modo di raccontare nell'articolo di fine anno, uno dei dischi che ha caratterizzato il 2024 è stato senz'altro “Brat” di Charli XCX, un album che è diventato anche un meme e poi un modo di dire diffuso nella cultura pop e, addirittura, in politica. “Brat” però è stato anche uno dei pochi dischi che ha portato a livello mainstream l’hyperpop, un movimento musicale e un microgenere di origine underground che nasconde una serie di contraddizioni e specificità teoriche e pratiche tali da renderlo un genere eterogeneo, ibrido e mutante. Anche per questo motivo la giornalista Julie Ackermann ha deciso di scrivere un saggio dal titolo “Hyperpop - Pop nell'era del capitalismo digitale” tradotto anche in Italia dai tipi di Nero Editions, la cui lettura è molto interessante. Cos'è l'hyperpop e quali sono le sue origini Come per tutte le cose complesse e stratificate è difficile dare una definizione sintetica, e così succede anche per l'hyperpop. Ma partiamo dal lato prettamente musicale. Con hyperpop si intende un electro-pop iperconnesso dove tutto è spinto all'estremo: i suoni, i colori e le voci, quest'ultime spesso manipolate e irriconoscibili. È una musica rumorosa, eccessiva e ultra-commerciale che si spaccia per tale. All'origine di questa ondata, emersa dalle profondità di Internet circa dieci anni fa, ci sono un giovane produttore inglese, AG Cook, e un'artista transgender diventata nel frattempo un cult, SOPHIE. Si tratta fondamentalmente di musica sintetica, considerando che per realizzarla è necessaria avere un software audio che gira su pc, al punto che AG Cook in un primo tempo l'aveva definita PC Music. Il termine hyperpop è stato coniato da un dipendente di Spotify che si occupa di playlist e che all'inizio del 2020 raggruppò un po' di produzioni di Cook e altri tipi chiamandola appunto Hyperpop. In realtà la PC Music di Cook e SOPHIE nasce come musica nei primi anni 10 attraverso una “collusione orchestrata” tra il pop più dolce e suoni sperimentali e brutali creata da vari strumenti digitali – software di vario tipo, Auto-Tune, intelligenza artificiale – e con una palpabile volontà di radicalismo nelle proposte che ne possono derivare. AG Cook peraltro compare anche tra i produttori di “Brat” di Charli XCX. L'hyper-pop ha i suoi codici musicali e anche le sue reti di distribuzione. La popolarità virale di questa musica deriva logicamente da TikTok, dai forum di internet, ma anche dal mondo dei videogiochi. La promozione degli artisti avviene spesso attraverso concerti virtuali organizzati in giochi online come Minecraft. Insomma, un mondo completamente diverso dai soliti network musicali. L'eccesso e la post-ironia per una nuova consapevolezza “Qui l'obiettivo non è ripercorrere con precisione la storia dell'hyperpop, ancora in fase di scrittura, né proporre una definizione rigida, ma piuttosto esplorarne i punti di forza e il potenziale futuro”. Fin dalle prime pagine Julie Ackermann dichiara le sue intenzioni in gran trasparenza e con uno stile preciso e accessibile riesce a centrare una serie di punti. Citando Jean Baudrillard e Michel Foucault, Ackermann dimostra come questa musica si adatti perfettamente alla sua epoca: la cultura di Internet, la commercializzazione, il culto dell'immagine e della tecnologia. L'hyperpop è, in un certo senso, la testimonianza musicale di tutti gli eccessi della società consumistica; il suo segreto è quello di riappropriarsene in modo radicale per creare qualcosa di nuovo e originale. Il genere nasce su piattaforme come Soundcloud attraverso dei remix destrutturati ed eccessivi come una sorta di cartone animato musicale elaborato da artisti e dj che non hanno mai conosciuto altro modello se non quello del capitalismo. Secondo la giornalista, l'hyperpop esaspera una soggettività falsamente superficiale e un immaginario connotato che si mette in discussione attraverso i suoi eccessi. Feticismo e pastiche, stilizzazione raffinata e volgarità si intersecano e si fondono in un territorio di sperimentazione guidato dal virtuale e dall'artificio, pieno di contraddizioni e possibilità. Nel capitolo intitolato “Obsolescenza dell'autentico”, l'autrice mette in discussione il rapporto dell'ascoltatore con l'autenticità, un mito obsoleto e abilmente mantenuto che questo sorta di hardcore pop implicitamente distorce. Così, rivendicando una concezione e una natura artificiale, utilizza l'ironia per raggiungere un nuovo livello di sincerità. Un esempio tipico è la canzone “Vroom vroom” di Charlie XCX che mescola in modo ambivalente, anche nel videoclip, satira e celebrazione degli stereotipi attuali , ma che allo stesso tempo mira a trasformare dall'interno e a reinventare . Quindi, sostiene Ackermann, il cringe che era visto come un termine dispregiativo, nelle mani degli artisti hyperpop assume un'altra consistenza, affermandosi come vettore di libertà totale mettendo in gioco i temi di riappropriazione ed emancipazione . Auto-Tune e l'antinostalgia Anche gli strumenti utilizzati per realizzare le tracce hyperpop hanno una forte connotazione politica. Ad esempio, l'Auto-Tune, spesso presentato frettolosamente come un software che corregge le note sbagliate, può avere altre virtù e altri effetti: da un punto di vista puramente stilistico, attraverso le molteplici personalità vocali che il duo 100 Gecs riesce a sviluppare. Ma l'Auto-Tune serve inoltre come strumento per i protagonisti per emanciparsi dalle loro voci naturali e sfumare i confini di genere, per ridefinire femminilità e mascolinità alla luce di un microcosmo musicale aperto e inclusivo. A suo modo “Hyperpop – Pop nell’era del capitalismo digitale” provoca un intenso appetito culturale. Non contenta di stravolgere, fino alle ultime pagine, una serie di idee preconcette sull'argomento in cui si dedica e di politicizzare una disciplina spesso affrontata o osservata con condiscendenza, Julie Ackermann scagiona l'ascoltatore dalla qualità del suo ascolto. Infine, una volta terminata la lettura, prevale l'insaziabile desiderio di approfondire ulteriormente il genere, con l'aiuto dei numerosi nomi citati nel corso delle pagine, musicali ed extra-musicali.

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