Laboratorio Sanremo: cosa ci dicono i testi di 75 anni di Festival

“Direi che questa edizione di Sanremo 2025 segna una netta inversione di rotta rispetto alle aperture alla contemporaneità del quinquennio Amadeus, che per alcuni aveva spinto troppo sull’acceleratore del woke”. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti. E se le canzoni non sono solo testi, i termini che vengono impiegati nei brani raccontano però qualcosa della società in cui viviamo o in cui vorremmo vivere. Da questo punto di vista le liriche del Festival di Sanremo 2025 sembrano segnalare, tra le altre cose, un ritorno al passato. Almeno secondo Luca Piroddi, ricercatore e curatore del sito Le parole di Sanremo, database che contiene tutte le canzoni delle 75 edizioni della manifestazione canora e che permette analisi storiche e linguistiche sulle “canzonette” che hanno accompagnato la storia d’Italia. L’amore è sempre stato molto cantato a Sanremo. Ma da un veloce conteggio delle parole più citate in questa edizione sembra più presente che nelle immediate precedenti. È solo un caso? Partiamo subito dai numeri. Se consideriamo le venti parole più presenti nei 75 anni di Festival, tre appartengono all’ambito strettamente amoroso . Nel 2025, però, questo numero sale a cinque , segnalando un ritorno prepotente della dimensione sentimentale nei testi sanremesi. Guardando al passato più recente, l’aumento è ancora più evidente. Bacio, già una presenza classica del vocabolario sanremese, cresce di un impressionante +170% rispetto alle edizioni Amadeus, mentre cuore, da sempre pilastro della narrazione musicale del Festival, segna un incremento del +72% rispetto alla media delle ultime cinque edizioni. Questi dati raccontano di un Sanremo 2025 che non solo enfatizza il tema amoroso, ma lo fa in modo ancora più marcato rispetto al passato recente. Da 75 anni il Festival di Sanremo è anche un laboratorio linguistico nel quale entrano ed escono termini. Quali le “new entry” più significative del 2025? Se escludiamo gli inediti prestiti dall’inglese o dal francese e i nuovi ingressi testuali dal campo dei medicinali di Fedez abbiamo comunque uno scenario intrigante. Nel 2025 abbiamo registrato new entry inaspettate e altre che sorprendono per il ritardo con cui fanno la loro comparsa. Tra le più curiose c’è sicuramente ‘Jalisse’, che debutta testualmente grazie a Willie Peyote, permettendo in qualche modo al duo vincitore di Sanremo 1997 di tornare in gara… almeno a parole. Da sottolineare anche la nutrita rappresentanza di termini legati alla quotidianità spicciola, come ‘telecomando’, ‘starnuto’, ‘scippatore’ e persino ‘pornografia’. Sorprende anche il fatto che fino al 2025 non si fossero mai sentite parole come ‘salvagente’ e ‘crimine’, mentre la vera curiosità storico-linguistica potrebbe essere ‘sciopera’, utilizzata da Rkomi: è la prima volta che il verbo ‘scioperare’ viene coniugato in un testo sanremese, sebbene con il ‘caos’ e non dei lavoratori come soggetto—un dettaglio che mantiene il festival ancorato alla sua poetica tradizionale. Un altro ingresso interessante è ‘asterisco’, che richiama esplicitamente la grafia gender-free, mentre ‘algoritmo’ fa il suo esordio con una tempistica perfetta, riflettendo un concetto ormai onnipresente nel linguaggio quotidiano. La musica vive anche di altra musica e le canzoni si alimentano anche di altre canzoni nonché dei riferimenti culturali più svariati. Che cosa racconta Sanremo 2025 da questo punto di vista? La musica vive di richiami, consapevoli o meno, e anche in questa edizione di Sanremo non mancano eco interessanti. Alcuni sorprendono per la loro natura punk, come nel caso di Fedez con ‘stringimi, avvolgimi’, che richiama ‘stringimi forte, coprimi, avvolgimi’ da Svegliami dei CCCP. Simile anche l’immagine evocata da Giorgia con ‘trovarti dentro gli occhi di un cane smarrito’, che sembra risuonare con quella dei Diaframma del ‘91: ‘il vero amore è negli occhi dei cani vagabondi’. Sanremo, però, è anche un mostro autoreferenziale che si cita continuamente, spesso più con suggestioni d’ambiente che con rimandi diretti. Un esempio è ‘Viva la vita’ di Giorgia, dove ‘i rami contorti dell’edera’ richiamano inevitabilmente il celebre ‘avvinta come l’edera’ di Nilla Pizzi del 1958. Un’analogia interessante si trova poi in ‘Fango in paradiso’ di Francesca Michielin, che sembra giocare con ‘Il cielo in una stanza’ di Gino Paoli: se lì a sparire erano le pareti, qui è il soffitto a dissolversi, in un effetto quasi speculare. C’è poi Fedez, che mescola cultura pop e provocazione con ‘basta un poco di zucchero e va giù anche il cianuro’, sfruttando quel procedimento tipico del pop-rap che destruttura modi di dire e frasi celebri per un effetto enfatico. Tra i riferimenti più raffinati spicca Brunori, che incastona una citazione biblica perfettamente dentro la sua poetica: ‘Ma io conosco il sogno del faraone, le vacche grasse le vacche magre, si può cadere da una distanza siderale’. Un verso denso che, tra l’altro, introduce due parole inedite nel Festival: ‘faraone’ e “vacche’. Infine, non sono vere e proprie citazioni, ma è curioso notare come la spumeggiante ‘Nostalgia canaglia’ di Al Bano e Romina Power del 1986 si sia evoluta nel tempo: Ollie la trasforma in ‘nostalgia balorda’, mentre Rose Villain osa ancora di più, portandola fino a ‘nostalgia puttana’. Segno che anche le parole, come le canzoni, cambiano e si trasformano con le generazioni. La direzione Amadeus è stata elogiata e criticata, a seconda dei punti di vista, per avere permesso l’ingresso nelle canzoni di tematiche come la diversità, le migrazioni e le identità di genere. Esiste un riscontro testuale per questa percezione? Quella proposta da Amadeus è stata un’apertura arrivata tardi, certo, ma comunque significativa. Dal punto di vista testuale penso a un riferimento che intreccia politica e citazionismo: nel 2021 Lo Stato Sociale riporta sul palco la parola protesta con un’eco gucciniana storpiata , all’interno di un brano, Combat pop, che dichiarava già nel titolo le sue intenzioni. ‘Rivoluzione’ stessa compare in sei brani dell’era Amadeus, segno di una presenza testuale più marcata rispetto al passato. Ancora più evidente il caso di Junior Cally nel 2020, il cui testo include termini mai sentiti prima sul palco dell’Ariston: ‘populista’, ‘razzista’, ‘liberista’ e persino l’unica apparizione sanremese di sinistra in accezione politica. . E che fine hanno fatto questi argomenti quest’anno? È ancora presto per dirlo con certezza. Spesso, a Sanremo, le innovazioni sono arrivate in modi ‘camuffati’, accessori rispetto ai testi. C’è poi il grande potere della canzone: dire molto più di quanto le parole da sole esprimano, permettere livelli di lettura multipli. Per ora, quello che possiamo registrare è un piccolo crollo nella presenza di certi temi. Potrebbe essere un calo fisiologico, potrebbe non avere un peso reale. Ma di sicuro riflette qualcosa della realtà che stiamo vivendo. Basandoci sulle analisi dei testi, possiamo dire che questa edizione 2025 rappresenta una piccola restaurazione rispetto alle aperture alla contemporaneità del quinquennio Amadeus? Direi che questa edizione di Sanremo 2025 segna una netta inversione di rotta rispetto alle aperture alla contemporaneità del quinquennio Amadeus, che per alcuni aveva spinto troppo sull’acceleratore del ‘woke’. Certo, la presenza di artisti giovani tra i Big è ancora garantita, ma non basta a preservare quella freschezza e varietà tematica che avevano caratterizzato gli ultimi anni. Dal punto di vista testuale, il panorama è di una grande monotonia: pochissime note di reale interesse sia tra i big sia tra le nuove promesse. Se confrontassimo le 20 parole più gettonate del 2025 con quelle del quinquennio Amadeus, la proporzione tra riferimenti al sentimento amoroso e il resto del vocabolario passa da un già marcato 5-3 a un impietoso 5-2. A questo si aggiunge un netto aumento delle canzoni-lettera a tema sentimentale e di un certo pietismo familiare, che sembra voler rassicurare più che innovare. Il risultato è un Festival che, rispetto al recente passato, appare meno audace e più ripiegato su sé stesso. Una svolta in sintonia con lo spirito politico dei tempi? Può essere. Nel 2025, amore e temi familiari dominano la scena a scapito di qualsiasi altro spunto, coinvolgendo persino artisti che fino a ieri non si erano mai espressi in questi termini. Penso proprio a Brunori, pur nella notevole sostanza apportata. Si potrà obiettare che la famiglia è da sempre un pilastro della tradizione sanremese, ma è impossibile ignorare come fino all’edizione scorsa la tendenza fosse tutt’altra. Il cambiamento è evidente e segue un percorso ben preciso, più che un semplice ritorno al passato. Ah, a proposito di schemi e ricorsi storici: ‘coincidenze’ è una parola che, curiosamente, non è mai apparsa nei testi di tutta la storia del Festival. Chissà se è davvero solo un caso.

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