“La blockchain mi ha reso un’artista indipendente”

“Ho venduto un mio pezzo per l’equivalente di 60 mila dollari. Non è vero che nessuno è disposto a pagare per la musica”. Violetta Zironi viene dalla provincia di Reggio Emilia, ha avviato la sua carriera musicale a 18 anni partecipando al talent X Factor. Sono seguiti anni di frustrazione inseguendo un percorso che non le dava abbastanza per vivere solo della propria musica. Oggi, a 29 anni, può contare su una community internazionale di fan che la supportano attraverso la blockchain. “Quando creo una canzone, le associo una copertina, un video o un messaggio, quello che voglio. A quel prodotto associo un NFT, la cui esistenza è verificabile, e poi lo vendo. Decido io il prezzo, non ci sono standard prestabiliti da altri. Ho fatto questa cosa per gli ultimi tre anni e mi ha permesso non più solo di sopravvivere”. Un Non Fungible Token è una risorsa digitale che certifica l’unicità e la proprietà di un prodotto come un’opera d’arte, la copertina di un album, una melodia. Gli NFT sono costruiti su una blockchain, un registro pubblico digitale composto da tanti blocchi collegati tra loro: ogni nuova informazione, per esempio l’NFT di un brano, va a costituire un nuovo anello della catena. La sua unicità e sicurezza derivano dal fatto che, una volta aggiunto, il blocco non può essere modificato o rimosso. Nel caso di una canzone, il brano è riproducibile infinite volte ma una persona soltanto possiede l’NFT che certifica che quella è la copia originale. “L’aspetto rivoluzionario della blockchain per il settore musicale è che permette agli artisti di andare direttamente a chi li ascolta senza passare per mediatori come manager, case discografiche o piattaforme. Anche per i fan cambia molto: quando, per esempio, qualcuno acquista una canzone su iTunes, non si rende conto che in realtà non sta comprando nulla, sta solo sbloccando l’accesso al brano. Se domani iTunes scomparisse, quella canzone scomparirebbe insieme alla piattaforma. L’NFT invece è tuo veramente, anche se chiudessero tutte le aziende che permettono di riprodurre quella canzone, tu lo avresti comunque nel tuo wallet o nella tua blockchain”. “Vivevo di sussidi e investivo tutto nei miei album: il sistema era insostenibile” Il primo contratto discografico per Zironi è arrivato nel 2013. “Mi è stato offerto un ‘contratto a 360 gradi’, l’ho firmato abbastanza inconsapevolmente, avevo solo 18 anni. Prendevano una percentuale abbastanza alta da ogni aspetto della mia carriera e senza alcun anticipo di soldi, funziona così di solito. Sono rimasta con il 5% di diritti sulle mie canzoni. Ho prodotto un disco, poi non andava bene. Dopo 6 mesi era già troppo tardi, era impossibile comunicare. Non c’era alcuna cura per l’artista. Ho capito subito che l’industria musicale a quei livelli era fatta così e sono andata avanti da indipendente”. Zironi ha deciso quindi di partire per Londra, poi verso la Germania, dove per un po’ è riuscita a vivere scrivendo canzoni per altri e con qualche concerto dal vivo, “Ho anche fatto l’attrice. Tutti i soldi che avevo li investivo per produrre la mia musica. Mettevo le mie canzoni su Spotify: la piattaforma paga 0,003 centesimi a riproduzione ma non funziona come tutti pensano. Se qualcuno ascolta Violetta 300 volte al mese, i suoi 10 euro di abbonamento non vanno a me. Vengono raccolti insieme agli altri e poi divisi in base a chi ha più ascolti come Ed Sheeran o Taylor Swift. Anche se magari i miei fan sono più coinvolti, loro guadagnano più di me per ogni riproduzione. Non è un meccanismo che valorizza gli artisti emergenti”. Il sistema è diventato presto insostenibile: “Me sono resa conto durante il Covid, quando tutte le mie attività parallele erano ferme. Vivevo solo con i sussidi tedeschi per gli artisti. Mi sono data un anno di tempo per trovare una soluzione”. Collezionare musica come si collezionano quadri Nel 2021, Violetta è venuta a sapere per caso dell’esistenza della blockchain, associata soprattutto alle arti visive. “Mi sono chiesta perché possiamo collezionare opere d’arte come quadri, fotografie ma non le canzoni? Le canzoni sono cose che sì, sono arte, ma non vengono percepite allo stesso modo. Consumiamo la musica ma non la possediamo, non la collezioniamo. La blockchain invece permette di fare questo passaggio”. Secondo la rivista Rolling Stone, l’utilizzo di asset digitali collezionabili sta cambiando il mondo della musica. In uno scenario ancora dominato dallo streaming, che rappresenta l’84% dei ricavi, gli NFT hanno dato l’opportunità agli artisti di offrire contenuti esclusivi come tracce inedite, esperienze virtuali e materiale dietro le quinte, creando un senso di rarità e autenticità che manca nel mercato musicale convenzionale. “Ci sono vari livelli di collezionismo. Ho venduto un pezzo per 60 mila dollari perché ne esiste una sola copia certificata, ma ho tanti NFT che valgono dai 20 ai 30 dollari fino ai 100. Il prezzo dipende dalla quantità di NFT che ci sono su una canzone, meno copie esistono più sarà costoso. Dal punto di vista estetico, sono tutti unici, la parte visiva è sempre diversa ma magari c’è la stessa canzone per mille token diversi”. Come convincere qualcuno a pagare per la musica? Acquistare un asset digitale, precisa la cantante, non dà accesso solo a un brano o alla copertina di un album. “Oltre ai diritti di utilizzo non commerciale, ci sono tutta una serie di ricompense per i fan. Per esempio, se hai un mio NFT puoi partecipare al concerto su Zoom che faccio tutte le settimane per la mia community. Se ne hai cinque, vieni a tutti i miei concerti dal vivo gratis per sempre, se ne hai uno in particolare ti do anche il vinile o il poster”. In tre anni, la musicista ha così costruito una community di circa 1500 persone che partecipano a vari livelli alla sua produzione artistica. “Ce ne sono un paio che hanno collezionato talmente tanto che una volta ogni anno hanno il diritto di commissionarmi una canzone scritta apposta per loro”. Partecipare da vicino alla sua carriera, secondo Zironi, è il motivo principale per cui i fan acquistano gli NFT. “Ai musicisti è stato fatto il lavaggio del cervello per convincerli che ci sono degli standard dai quali non si può uscire”. L’invito a riflettere prende come spunto “Comedian”, l’opera d’arte concettuale di Maurizio Cattelan che andrà all’asta il 20 novembre. “Una banana attaccata con lo scotch al muro è un’opera d’arte. Ma perché qualcuno sarebbe disposto a pagarla un milione di euro? Ha un valore perché è associata a un artista, a un movimento culturale e quindi ci sarà qualcuno capace di apprezzare il suo messaggio. Con la musica è la stessa cosa, si tratta di pensare fuori dagli schemi tradizionali”. Il futuro in NFT Zironi vive oggi a Nashville, città nel Tennessee, Stati Uniti. La disintermediazione offerta dalla blockchain le ha permesso di esprimersi liberamente, di superare l’algoritmo delle piattaforme, restituendo anche un tempo per la riflessione artistica, fuori dalle logiche produttive imposte dalla velocità dello streaming e dei social media. Nomi molto noti nell’industria musicale si sono rivolti a questo settore, per esempio, i Kings of Leon che nel 2021 hanno lanciato un album in NFT che includeva contenuti audio speciali e biglietti per concerti dal vivo; nel 2022 il figlio di John Lennon ha lanciato i Beatles nel mondo NFT mettendo all’asta i token di oggetti appartenuti al padre. Un report di Business Research Insights ha evidenziato che il mercato degli NFT musicali passerà da un valore di 2,85 miliardi di dollari nel 2024 a 20,81 miliardi nel 2032. “La blockchain ha cambiato la mia vita e mi ha dato un bel rientro economico ma la cosa che non mi aspettavo è che i miei NFT hanno generato anche 2 milioni di dollari in trading secondario: una volta che ho venduto le mie canzoni, la gente ha continuato a venderle e comparle. Quando cresci come artista, i fan che ci hanno creduto dall’inizio magari ci possono anche guadagnare, non è detto e non è una cosa che io prometterò mai ma può capitare”. La cantante non vede alcuno svantaggio nella musica in NFT, se non la diffidenza di colleghi che spesso sottovalutano questo percorso ancora poco convenzionale. “Ma questo sistema arriverà, c’è tanta voglia di un rapporto più diretto da parte di artisti e fan. Ora non è il momento perché richiede tanta ricerca, non si accede a questo mondo in modo diretto e facile. In futuro vorrei vedere le canzoni nei musei, al pari delle opere d’arte visive. È l’obiettivo che mi sono data nella vita, non so se arriverò a vederlo ma se succederà sarò felice”.

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