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Roberta Giallo, diva con umiltà che fa arte con le Canzoni da Museo

Musica

Fabrizio Basso

Credit Valerio Mengoli

Questo album è un progetto visionario che contiene il pensiero di tre poeti di spicco: Giovanni Gastel, Davide Rondoni e Roberto Roversi. L'INTERVISTA

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L'arte è visionaria, l'arte è libertà, l'arte è divina ma se non c'è chi le da una dimensione terrena resta sospesa. Roberta Giallo, nel suo "arteggiare" controcorrente veste di poesia la musica. Porta equilibrio tra il bianco e il nero, il puro e l'impuro, il divino e il profano.. L'alchimia si relizza nel suo ultimo lavoro discografico Canzoni da Museo.


Roberta partiamo dall’importanza, o dal limite, di essere bolognese ed essere artista: come lo vivi? La summa di tutto è Per Questo io resto qua?
Sono felice di dire che Bologna è la città del mio cuore, è la pura verità. È una città che, da marchigiana, mi ha accolto. I primi concerti li ho fatti qua e mi ha confermato l'accoglienza. Pensa che non ho mai fatto un concerto in una piazza a Senigallia e mi domando, ora che ho girato un po' di mondo, perché mai mi hanno organizzato un concerto in un teatro. Qui ho incontrato gradi personalità e ogni volta mi dà lo stimolo per creare. Qui la cultura è importante, il comune, in quest’estate, ha organizzato circa 6mila eventi, molti dei quali gratuiti. Poi io ho un’arte sperimentale che comporta sentieri più impervi. Qui è possibile, è una città che crede negli artisti anomali.
Ti sono tremate le mani quando ti è stato donato Il Canto della Lavatrice? Pensando che era destinato a Lucio Dalla.
Con Lucio ho avuto un rapporto umano e amichevole. Sapere chi mi ha prodotto e coinvolto in mille cose mi rende più semplice cantarlo perché ho la sua benedizione. Sono credente a modo mio, come si dice in piazza Grande, certe cose accadono perché c’è una benevolenza che arriva da altre parti. Ho avuto un grande senso della responsabilità per lavorarlo, Antonio Bagnoli mi ha dato alcuni testi e ho scelto quelli che mi ispiravano già un mondo sonoro. Troppo tremore significa avvicinarsi a qualcosa cui non sei pronto. Il cielo ha cospirato perché tutto questo accadesse.
Sul finale del brano ci sono dei vocalizzi: un omaggio a Lucio? Ci sono anche in Fossi Stato Allevato dalle Scimmie e in molti altri tuoi pezzi.
Quando ero piccola e facevo i primi test da cantautrice adolescente, qualcuno mi diceva che ricordavo Lucio. Io all’epoca lo conoscevo poco, pensavo più al Lucio di Caruso. Forse mi ispiravo già a lui inconsciamente. Evidentemente una natura simile alla sua c’era già prima che mi avesse contaminato. Quando poi lo ho conosciuto non ho più capito il confine tra cosa ho appreso e cosa faceva parte di me. Posso dire che da lui ho imparato l’approccio alla vita e il coraggio auto-determinante nelle scelte. Chissà se in questo brano mi ha trasmesso quel senso di grottesco che si abbina a quello da damina dell’Ottocento.
Due anime, una bianca e una nera che pur nella loro drammaturgia restano sensuali: cosa rappresentano?
L’equilibrio nasce da spinte agli opposti. Tutta la mia poetica è qui. Un equilibrio sia nella vita che sul palco con questi due colori opposti e complementari. Per me è una necessità combinare due facce della stessa medaglia.
Sbaglia e impara è un tuo mantra?
Me lo diceva Lucio. Eravamo a casa di Mauro Malavasi e ragionavamo su Web Love Story. C’era una frase con un congiuntivo che lui voleva più grezza, mi disse di sbagliare ogni tanto. Fu un teatrino divertente che mi lasciò un grande insegnamento: ogni tanto cadere più a terra aiuta il dialogo. Ho capito che sul palco si può anche sbagliare, avere il coraggio di non fare il compitino e liberare la libertà espressiva. Ero una professorina troppo attenta e ora ne sono libera.
Hai paura che ti rubino la nostalgia oppure sarebbe una liberazione?
È l’abbandono dell’anima dal corpo che torna in quella terra d’origine che è l’eternità. Avrei paura di perderla, sono una nostalgica.
L’acqua di Sicilia è un brano potente…il mare unisce o crea divisioni? Potrebbe essere la causa della prossima guerra mondiale. Ti inquieta tutto questo? E’ molto diversa da Acqua di Fiume che è una canzone d’amore.
Quello che è puro e bello crea sempre divisione. Pensa alla storia di Gesù, alla sofferenza di certi maestri orientali: quello che ha un valore grande desta conflitti, è un amaro destino di questa terra che non è il paradiso ma un luogo più complicato. Siamo abituati ad avere l’acqua e non ne capiamo il valore. In questa terra ci sono semi del bene e del male, vanno combinati. Nella sua essenza ha il percorso delle cose belle e preziose, può generare guerre e dobbiamo cercare di evitarlo.
In Ti ho chiamato Padre parli di collegamento al tuo tempo: tu ti senti figlia del tuo tempo? È una canzone struggente…quanto è difficile ripartire senza aiuto e senza permesso?
Sono donna di questo tempo all’anagrafe ma non mi ci sento, almeno in base ai costumi predominanti. La mia natura mi porta ad andare controcorrente, è uno stimolo controbattere la norma. Anche musicalmente vado sempre lontano a cercare le cose. Non faccio mistero a dire che preferisco il Novecento, lo vedo superiore a questo secolo. Oggi vedo una deriva musicale che foraggia generi a scapito di altri che hanno uno stimolo artistico. Il pubblico va anche educato al bello, oggi si punta molto all’intrattenimento: a volte mi ci lascio andare anche io ma non possiamo solo distrarci.
Quale è il fiore della malinconia? Ma soprattutto come si fa germogliare e come si può impedire che la canzone non se ne vada e resti?
Interpreto le parole di Davide Rondoni che ho fatto mie artisticamente. È l’aspetto seduttivo inconsapevole di chi ci fa innamorare. Quando ti affeziona alle debolezze altrui è amore. Tutto ha un suo movimento ed è il movimento che segna l'inizio e la fine.
La ragazza che c’è e non c’è nella tua vita è quella che non sa se andare o tornare? E alla fine dell’album sai cosa è andare e ritornare oppure restiamo in un limbo atemporale?
E’ il sogno ideale che il poeta ha. Ognuna ha un sogno grande nel cuore. E’ la grande metafora del desiderio che ci dà il senso della vita. Magari poi scopriamo che non è quello che cercavamo ma almeno abbiamo fatto il viaggio. Per me la ragazza che c’è e non c’è è la musica. Questo album è sospeso in un altro tempo, musicare dei versi non era destinato alla musica. Il mondo della poesia è ispirazione e aspirazione al sacro: andare e tornare è sapere che questa vita ha il movimento dello stare qui.
Ti senti spesso una naufraga del linguaggio? All’orizzonte vedi navi amiche?
Sono assolutamente naufraga su questa terra. Ne vedo anche nemiche di navi. Sono naufraga se parlo della mia anima ed essenza, sono in costante conflitto col mondo. Mi sento aliena inteso come diversa in questo tempo: abito un mondo dove mi pare di parlare una lingua altra. Non mi vergogno della mia onestà intellettuale. L’arte non è solo consenso, il pubblico va provocato. Poi il gioco di società è altro.
Hai sempre l’innamoramento facile e lo sguardo docile oppure ora fulmini tu e non ti fai più fulminare?
Continuo a innamorarmi continuamente ma né di uomini o donne. Sono uscita dalla dipendenza della ricerca dell’innamoramento, prima capitava che mi innamorassi con facilità delle persone. Ora il mio cuore sa chi sognare e ce l’ha. Se ti innamori spesso vai incontro alle catastrofi. Ora mi innamoro di accadimenti, piante, animali...della vita.
L’animale che è in te oggi quale è? E quale è quel senso in più che ti può salvare?
Un po’ cavallo, unicorno, pesce e poi gli animali dello zodiaco. Potrei farci un quadro, mi farò un autoritratto. C'è l’intuizione di capire le persone al volo, lo chiamo l'intuito dello spirito sottile: già prima hai capito che succederà.
Parlami del progetto Novecento?
E’ uno spettacolo nato in breve tempo ma con grande forza trascinante legata al mio bisogno di portare i più giovani o chi già lo conosce verso quel secolo e la sua bellezza. Ci sono devota, ne ho conosciuto molti protagonisti. Affronto questo percorso da Puccini fino ai Radiohead e Cindy Lauper portando sul palco canzoni riarrangiate perché arrivino a chi non le conosceva come a chi le conosceva. Si chiama Uber Pop perché vado oltre quel concetto e amo rompere le barriere, tipo Over The Rainow eseguita new soul. C’è un legame forte con il cielo, il Novecento è un secolo che guardava in alto, a quel senso del sacro che manca alla musica di oggi.
Infine possiamo dire che oggi brilli di luce propria. Definitivamente.
Mi definisco diva con umiltà e scherzando ma lascio che lo dica il pubblico. Questo è un mestiere che penso di poter fare bene e lo sto facendo in modo libero e sperimentale come piace a me.
Che accadrà in estate?
E' una estate ricca. Faccio più cose e poi vorrei fare un po’ di vacanza. Sto pensando a due nuovi album, uno che porta avanti la poetica di Novecento e un altro più da cantautrice. A novembre a Bologna debutto con uno spettacolo sul rapporto tra Callas e Pasolini e sarò anche regista, con me ci sarà Jacopo Rampini. Mentre con suo padre Federico porto in giro Morirete Cinesi.