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Lepre, in Malato declina le parole e le melodie anti-pop di un cantautore

Musica
Credit Eliana Giaccheri

Cantante, batterista, percussionista e rumorista, questo artista costruisce un progetto solista che racchiude in sé tutta la sua formazione da musicista e le sue esperienze, con uno slancio consapevole verso la ricerca dei suoni. L'INTERVISTA

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Un lavoro audace, dalle connotazioni anti-pop in cui le melodie si lasciano consapevolmente contaminare da parti più sperimentali che riescono a svincolare la musica dal bisogno di definirsi in un unico genere. Tutto questo è, insieme a una indagine antropologica e interiore, Malato, l'album di debutto di Lepre, all'anagrafe Lorenzo Lemme, artista romano che dopo un’infanzia molto vivace inizia a dare sfogo alla sua dirompente energia con la musica, che conidera la sua unica sua fonte di salvezza.

Lorenzo partiamo dalla storia dell’album e dalla scelta di farlo come una biografia per capitoli.
E’ venuta come una esigenza, non è stata scritta a priori. Dovevo partire dalla mie esperienze creando immagini verosimili: le vedo, alcune, nei miei ricordi, altre sono sfumature in più che ho aggiunto io.
Hai scelto di aprire con L’una e un quarto anche per i toni crepuscolari, un po’ melanconici delle canzoni che seguono?
E’ il brano che sento più mio, anche in produzione. Ha un indirizzo molto chiaro. Che era un ambiente crepuscolare lo ho riconosciuto mentre i brani uscivano. Le arance in sono copertina per vari motivi, uno è il colore del crepuscolo che indica il passaggio dal giorno alla notte, dall'essere in quella fase che non è né notte né giorno.
Quante volte, dopo una notte sopra le righe, hai detto non lo faccio più e poi ci sei ricascato?
Non tanitssime ma è capitato e per vari motivi. Non solo per questioni relative a grandi abusi, che per altro non rientrano nella mia vita. Anche troppo entusiasmo che poi lo paghi.
Nel primo brano vedi il fumo controluce, nel secondo ti toglie l’ansia: che rapporto hai con la nicotina?
Un rapporto controverso. Sto smettendo di fumare ufficialmente da circa 10 anni. Una mia ex band si chiamava Le Sigarette e il mio socio fumava in modo accanito e io avevo dipendenza da lui. Sono due settimane che ho ripreso a comprare il tabacco ma fumo pochissimo. Ho una dipendenza leggerissima.
Per altro strano titolo Ambulanza che compare solo nell’ultima riga. Mi ha ricordato Le Strade di Notte di Gaber.
Quello che mi colpisce è che parlo di un vissuto mio dove metto insieme anche storie diverse. E’ il modo mio di rapportarmi in una relazione amorosa. In certi casi è vissuta come una salvezza, ma è anche dolorosa e forte che porta via…dunque è l’ambulanza che forse ti salva. E' dolceamaro il finale.
In Bolletta sembri uno che non ha il suo posto nel mondo, un inquieto della vita: è così?
Sì non aggiungo altro. Sono felice ma ogni tanto me lo scordo.
La cella di isolamento di Mio Marito è un testo di solitudine: è un po’ la dolce solitudo sola beatitudo di Sant’Agostino? Ricorda anche un po’ il male di vivere di Cesare Pavese. O quello oscuro di Beppe Berto.
E’ uno stato che si vive in dei momenti precisi, non significa essere soli, sono due cose diverse. La solitudine la ho sentitata tante volte e per me non è positiva, è abbandono. Stare soli e liberi è un'altra cosa. La cella di isolamento è un mio vissuto lungo un giorno accaduto per una incompresione in Germania poi nel testo prende un altro senso. In generale può essere positiva, si crea la situazione per ascoltarsi. Mio Marito è il rapporto che hai con te stesso.
Stamattina quando ti sei alzato ti sei detto non è mai troppo tardi per…
Per rimettersi in gioco nelle zone di non confort. Mettemi in gioco davvero.
Dove sta dirigendo il tuo supersegreto tappeto volante?
Ora mi porta in giro a suonare, ma non sale sul palco. E' presente quando mi preparo e viaggio o invento cose per i live lui c’è. E’ la mia coperta di Linus.
Dream, madre, me**a…un bel tris anagrammato!!! Come è nato?
Credo di avere visto una maglietta in un locale…ci ho aggiunto madre. Ci ho ripensato scrivendo il testo.
Deja vù è nostalgia o melanconia, nella tua accezione?
E’ un po’ un accettare e una paura di essere ritornati a un punto di partenza, come a Monopoli ripasso dal via ma io credo ai cicli. II vissuto esiste e non si può cancellare.
Che accadrà in estate?
Sto scrivendo, non ho mai smesso. Al momento è un periodo intenso di promozione. Sto lavorando ai live, spero di farne molti. Sarò in giro anche con Motta e Giancane per alcuni opening act. Devo farmi conoscere. Poi lavorerò col teatro. Insomma il calendario è bello pieno.