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Se Finisce la Musica Henna la ritrova con la sua musica e le sue parole: il video

Musica

Il video, presentato da un testo esclusivo dell'artista, parla della paura di rimanere senza niente da dire

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Henna è Elena Mottarelli e tutte e due sono io.

Oggi lavoro per fare musica e quando faccio musica lavoro, praticamente Elena è il mio Peter Parker e Henna è uno Spiderman sicuramente meno agile.

Classe 1996 nata e cresciuta in Valtellina gentilmente concessa a Milano dal 2015.

La musica mi ha sempre incuriosito in qualche modo, forse le mie prime esibizioni sono state qualche estratto da Hannah Montana, High School Musical e Il mondo di Patty (no negazione no vergogna per le scelte musicali) quindi mi sento di ringraziare Disney Channel per avermi portato al corso di canto, credo, e successivamente a laureami anche in canto pop.
 

Negli anni i miei ascolti sono passati da Zac Efron e canzoni cantate con uno spagnolo discutibile ai cantautori italiani, ci sono stati degli anni di mezzo, più o meno tra i 16 e i 18, in cui credo di aver ascoltato qualunque tipo di genere musicale ma evitando la musica italiana come la peste.
 

E invece sono finita ad innamorarmene e avere sempre più fame di parole: il primo cantautore a cui mi sono affezionata è stato De Gregori e poi via, si sono aperte le danze fino a cadere con un paracadute e niente via di uscita su un’isoletta in mezzo al mare dal nome Dalla; mi sono fermata, ho esplorato, ho girato esaminando il possibile, da qui il nome del mio progetto.
 

Henna è una canzone di Lucio Dalla (l’album stesso porta il nome della traccia) e vista l’ispirazione che mi ha suscitato questo artista ho deciso di portarlo in questo viaggio e nella mia musica.
 

Il mio progetto ha suoni acustici e suoni elettronici, le mie canzoni sono ibride esattamente come la mia personalità, c’è dell’assurdo e del serio. A volte non è semplice convivere con questi due caratteri anche se in realtà sono complementari e si danno una mano a vicenda, l’uno esiste per sostenere l’altro quando non ce la fa.

Il 2021 è stato un anno di nascita, con la partecipazione a Musicultura fino alla finale mi sono fatta forza, mi sono data una pacca sulla spalla e ho iniziato a pubblicare delle cose a cui stavo lavorando, alcune risalivano a diversi anni prima ma tra il timore di iniziare davvero, la pigrizia e l’idea di terminare prima gli studi hanno trovato il loro posto in una famigliola di quattro singoli, il primo “Au revoir”, poi “Stazione Lunare”, “La cosa più bella che c’è” e ultimo, cronologicamente parlando, “Se finisce la musica”, l’unica del ’22.
 

Questo ultimo brano per me è stato molto importante, ha significato la fine di un periodo di silenzio, di mancanza di vocabolario, concetti e contenuti. Se finisce la musica parla della dannatissima paura di rimanere senza niente da dire, o di non sentire proprio l’esigenza di sfogare o raccontare qualcosa e diciamocelo, per qualcuno che sogna di lavorare con le parole e la musica tutti i giorni è l’apocalisse.

Se finisce la musica è stata una medicina, una pillolina color pastello che ha cambiato le carte in tavola.
 

Fatto sta che la musica non può finire: dall’inizio del mondo, i poemi Omerici, i menestrelli i lavoratori nei campi, c’è sempre stata una forma di canto, di musica e di trasmissione di questi, è un’utopia e proprio per questo motivo sottolinearla mi crea una voragine nello stomaco.