Intimismo, ironia e pungente critica generazionale. Cantautorato affilato con incursioni post punk. Canzoni graffianti spinte dall’urgenza espressiva di un ventenne. L'INTERVISTA
Anticipato dai singoli Ammorbidente e Le Idi di Marzo, DPCM è il frutto poliedrico del lockdown di Valerio Visconti, che a vent’anni, come molti altri, si è ritrovato da un momento all’altro chiuso in casa per mesi. E ne è uscito con un disco di sette tracce interamente scritte, composte e suonate da Visconti che, versatile e intraprendente, ha imparato a suonare tutti gli strumenti che gli servivano per portare a termine le registrazioni, sbattendo in faccia all’ascoltatore come l’inesattezza possa in alcuni casi diventare un valore aggiunto, una priorità e un sintomo di ciò che ci circonda.
Valerio, partiamo dalla storia dell'album e dalla scelta di scrivere in italiano.
Il disco nasce senza alcuna pretesa, mi sono ritrovato all’improvviso bloccato a casa con la strumentazione dei ragazzi dell’ultima band che ho avuto. Sentivo il desiderio di documentare le sensazioni del momento e tutti i pezzi sono nati nel secondo lockdown durante il quale ho raggiunto una quantità di pezzi soddisfacente; il primo è stato Poeti ma non sapevo che deriva potesse prendere essendo anche il primo in italiano. Lo ho trovato gratificante, prima avevo un rapporto conflittuale con la musica italiana, ascoltando i classici e non riuscendo a entrare nella contemporaneità. È una lingua più esaustiva e con più sfumature per il messaggio che volevo mandare.
Uno dei temi è il malessere generazionale dei ventenni: in cosa la società non vi ascolta?
Sono molto critico verso la mia generazione: ha male interpretato i mezzi con i quali oggi è possibile comunicare. Ci hanno dato facilità nell’intrecciare relazioni, è vero, ma i più importanti sono quelli umani. Parlare è la base bloccata di chi ha vent’anni. Il titolo è un capriccio egocentrico per uscire di casa, inizialmente non capivo il senso dell’essere reclusi. Molte cose le ho capite dopo la pandemia, compresi i disagi psicologici di chi non ha retto questa fase di passaggio. Vorrei fossimo più liberi.
Cosa resta del punk?
Per me emblematico è Anarchy in the Uk dei Sex Pistols, un testamento di quel momento. Lo accolgo non solo come estetica ma anche come linguaggio. Oggi quell'attitudine si trova in certi concerti.
Tu racconti di una provincia fatiscente: ma essere un figlio della provincia non è anche il cuore della tua ispirazione?
Torno volentieri in provincia, ad Acqui Terme dove sono nato, anche se studio a Milano da un anno. Tornare nella culla dell’infanzia muove i ricordi. Con gli amici del liceo andavamo in campagna, entravamo in rovine di ville e paesaggi industriali sgretolati. Non rinnegherò mai le mie radici.
Da Acqui Terme sono passati Aleister Crowley e Napoleone: con chi andresti a cena?
Forse con Napoleone che trovo meno scontato, anche l'essere maligno di Crowley mi affascina. Ma Napoleone ha conquistato l’Europa e non solo i salotti borghesi.
Il brano si apre con una citazione di Thomas Mann cui tu aggiungi l'articolo: come cambia la storia quel “la”?
È una personificazione della morte, mi piaceva giocare su questo termine, la morte a Venezia. Stravolge il citazionismo, collega particelle di cose che esistono per ragionare su un discorso un po’ nuovo. La morte c’è nell'album perché in quel periodo era una presenza quotidiana. Ne ho una personificazione romantica e medievale.
Tra i Giardini di Bomarzo e i club di Berlino cosa c’è in mezzo?
La mia poetica che fluttua in questi luoghi del passato affascinanti ed evocativi che hanno gli stessi attributi delle scene underground che amo frequentare. Berlino la ho vissuta per un periodo ed è nelle mie canzoni, il passato lì può rivivere.
Troppa libertà per un re è un pericolo: lo è anche per un cantautore?
In realtà può essere applicata a molte condizioni, ma il mio disco è nato da tanta libertà. Col senno del poi ne vedo il pericolo. Per me è stata una ottima cosa ma può diventare un pericolo.
Per altro Le Idi di Marzo ha un ritornello ossessivo… sarà per esorcizzare quel sorriso a forma di svastica?
Molte cose del disco si adagiano su situazioni reali. Che vadano verso crisi e mali è un fatto puramente etico.
Vivere in un mondo ammorbidente è rassicurante oppure per giovani adiacenti?
Vuole essere rassicurante ma resta il pericolo, mai abituarsi troppo all’ammorbidente. Pensa che io ho iniziato a usarlo da due settimane nella mia quotidianità di studente fuori sede. In medium stat virtus perché quello è un mondo insidioso ma se cadi forte poi sviluppi difese alternative.
Come si può giustificare chi non fa niente?
È personale. Spesso giustifico quello che per gli altri è un non fare niente. Come il mio aspirare a un tipo di vita che non è riconosciuta come una occupazione bensì vissuta come uno svago. E invece io vorrei fare l'artista fino all'ultimo respiro.
Il primo lockdown ha creato poeti oppure ha creato una nuova forma di poesia?
Per me una nuova forma di poesia scoprendo il bello dello scrivere in italiano. Ero in casa da solo a non fare nulla e ho scoperto un nuovo modo di disporre le parole. Un paio di brani hanno l'ordine cronologico delle parole, le altre sono sprazzi di colore che chiunque può ricostruire a suo modo.
Se fossi un politico quale è il primo DPCM che firmeresti?
Non mi ci vedo nei panni di una persona che all’improvviso dichiara una legge in emergenza, cerco di più il dialogo.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Stiamo raccogliendo proposte di date. Ci sarà un tour estivo, sto preparandomi anche con la band. Il 10 aprile terrò un release party a Milano, alla palestra Visconti del Circolo Arci Bellezza.