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I'm Not a Blonde ci guida nel mondo delle ombre con Welcome Shadows

Musica

Fabrizio Basso

Credit Alessia Cuoghi

Il lavoro di Chiara Castello e Camilla Matley, realizzato col sostegno di Italia Music Lab, fa parte di un progetto più ampio che prevede la pubblicazione di un secondo Ep nella primavera 2022, dal titolo This is Light. L'INTERVISTA

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Lasciamoci guidare da Chiara Castello e Camilla Matley, ovvero I'm Not a Blonde, e partiamo per un viaggio sonoro, ribattezzato Welcome Shadows, dall’anima electro che esplora l’oscurità e le ombre, i sentimenti più difficili e cupi, e ha il coraggio di guardarli negli occhi e accoglierli come elementi indispensabili alla vita. In primavera, col risveglio della natura, arriverà un secondo capitolo di questo progetto, che ha già un nome, This is Light. Tra le ombre e la luce, Covid permettendo, sono state annunciate le prime date del tour: si comincia il 14 gennaio a Milano per proseguire il 22 Bergamo, il 28 a Torino, il 18 febbraio a Genova e il 26 a Bologna. Con Chiara Castello ho parlato del progetto I'm Not a Blonde.

Partiamo dalla storia dell’album: quando lo avete pensato e come si è sviluppato?
È composto da pezzi scritti negli ultimi due anni, nel periodo pandemico, e raccontano un percorso che abbiamo vissuto, ovvero il viaggio emotivo ed emozionale degli ultimi due anni. In Welcome Shadows troverete emozioni più ombrose e notturne, legate alla paura e al senso di perdita, che sono i primi sentimenti di questo momento storico. Nel prossimo Ep, This is Light, ci sarà una apertura anche a completamento di un percorso di vita che coinciderà con la primavera che accompagna il risveglio della natura.
Affrontare l’italiano è stato impegnativo? Una parentesi o prove di futuro?
Come duo è la prima volta. Io collaboro con Cesare Malfatti dei La Crus e avere cantato con lui delle cose mi ha aperto altre vie vocali, come appunto l’italiano, che ha iniziato a presentarsi ed esprimersi. Queste sono le prime gemme poi vedremo se e come germogliano. Ci piace, è un genere aperto.
Il titolo invita ad accogliere le nostre ombre, le metà oscure: voi ci convivete serenamente?
È un buon proposito, a volte si fa fatica, siamo esseri umani. Dipende dai giorni.
1984 ha un incipit che ricorda i migliori Krafterwerk: quel mondo musicale vi affascina?
La mia è una elettronica più contemporanea. Siamo però onnivore, ascoltiamo tutto e spaziamo. L’essere onnivore si sente e ci permette di non essere connotate in alcuno schema.
Cosa cambia tra il 1984 di Orwell e il vostro?
Sono due racconti sovrapposti ma hanno un terreno comune. Il protagonista del libro vive una storia molto dark in cui ha il dilemma interiore di una spinta emotiva che poi va in conflitto, va in contrasto col contesto sociale in cui vive, che reprime proprio la parte emotiva. Questo si è poi collegato su una storia più personale, che è la mia, quando nell’adolescenza la mia omosessualità cominciava a emergere e io sentivo un... sentire che la società non accettava.
Per altro il vostro 1984 è un forte messaggio di libertà e identità: vi preoccupa nel 2022 dover ancora combattere per essere se stessi?
Preoccupa. Anche se noi viviamo a Milano che è un’isola protetta ma purtroppo non rappresentativa del resto d’Italia. Il pezzo vuole anche rappresentare l’urgenza di farsi sentire su tematiche proibitive e problematiche. Ma è soprattutto un augurio: io sono serena ma c’è chi non può esprimersi. Sosteniamo il libero amore.
Ogni fine anno è il momento dei consuntivi, ognuno ha il suo fascio di White Roses: il vostro saldo è positivo?
Non è un bilancio facile. Come tutti i musicisti, siamo stati fermi. Bisognerà recuperare ma creativamente sono soddisfatta, ho compreso determinate cose, ho ritrovato determinati valori e un modo di ascoltare diverso.
Salveremo il pianeta o ne subiremo la vendetta?
Lo salveremo ma prima ci farà un po' penare e pagheremo un conto salato.
Circles e Ghost sembrano due capitoli dello stesso libro: da un amore ci esce con un ultimo saluto o isolandolo con un cerchio?
Ghost è il secondo capitolo mentre Circles è quello che continua a girare e può avere un tempo lungo di elaborazione; poi si va in Ghost e c’è un ultimo addio per uscire dalla relazione tossica. Circles è più sulla fatica personale di rimettersi in piedi ogni volta, situazione che vale anche per altri momenti della vita e non solo in amore: pensa alla frustrazione ogni volta che qualcosa va storto e bisogna rimettersi in piedi. Ghost è la fine di relazione importante, annuncia che è tempo di salutarsi.
Cosa puoi anticiparmi di This is Light? Sarà ancora così potentemente elettronico?
Come concept riprende gli stessi argomenti di Welcome Shadows ma con un’ottica più luminosa. La componente elettronica ci sarà riappariranno le chitarre con ruolo più strutturale.
Perché I’m not a blonde?
Con Camilla ci siamo conosciute per questioni musicali nel 2014 quando voleva mettere su una girl band che proponesse brani anni '80 electro con un approccio punk. Mi ha chiamata a cantare, band durata poco ma noi musicalmente ci siamo subito trovate con tanta voglia di scrivere. Abbiamo iniziato immediatamente a improvvisare ed è partita l'avventura. Il nome viene da una espressione inglese che tradotta significa che non sono una donna stupida. Abbiamo fatto delle ricerche e in altre lingue ha lo stesso significato come anche in Italia seppure meno allusivo. Il nostro nome è una provocazione ironica. È anche un gioco verso un sistema musicale maschilista dove le donne non hanno accesso a ruoli produttivi.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Avremmo dei concerti, il primo già il 14 gennaio. L’idea è di tornare ad avere relazioni in presenza col pubblico anche perché nasciamo con band live. Ciò che sentiamo nei notiziari preoccupa ma rimaniamo positive!