L'artista campana sarà protagonista di un live venerdì 29 alle ore 18. Rappresenta il jazz che viaggia verso il futuro. L'INTERVISTA
Una canzone una infatuazione. È vero che il jazz non ha regole, che è improvvisazione, confusione, miscuglio ma è altrettanto vero che così nasce, spesso, l'arte. Gabriella Di Capua, campana di Castellamare di Stabia, è l'icona di tutto ciò. È il jazz che viaggia verso il futuro. Base accademica, ovvio, perché un po' di rigore è necessario, ma poi bisogna aprire la finestra e accogliere le sensazioni che arrivano. In The Night è l'album che Gabriella porterà venerdì 29 ottobre, alle ore 18, al Volvo Studio Milano, appuntamento che fa parte dell'agenda di JazzMi 2021. A farle compagnia sul palco Alessio Busanca al piano, Stefano Zambon al basso elettrico e Alfonso Donadio alla batteria. Il mio viaggio col sorriso con Gabriella Di Capua è iniziato con un incontro su Whatsapp.
Gabriella partiamo dalla storia di In The Night.
Nasce nel 2018 con le registraziono fatte in studio. Il piano era farlo uscire nel 2019, poi nel 2020 ma il Covid ci ha fatto fermare e alla fine è uscito a giugno 2021. Le composizioni risalgono al 2016/17 che è quando ho iniziato a scrivere melodie, poi le ho viste con Alessio Busanca. La base è la musica che ci piace ascoltare.
È un album nato in solitudine: l’isolamento è fondamentale per un artista oppure è stato fondamentale per questo album visto che dovevi esorcizzare il passato? Per altro quel Conversation with Ourselves porta a pensare che la cosa migliore è parlare con se stessi… e ci chiudi l’album!
La solitudine è rilevante in una fase di creazione. Ma non bisogna restare troppo chiusi a meno che tu non faccio tutto da solo. Il confronto porta a sonorità che non concepisci. Dunque va bene l'isolamento in fase di concepimento ma poi è giunta la necessità di parlarne perché dopo la scrittura in solitario serve il collettivo per la creazione. In studio sono arrivata con le mie idee ma poi ognuno ha dato il suo apporto. In The Night perché l'isolamento mi piace di notte.
Changes racconta di un amore irrealizzabile nonostante i cambiamenti: si cambia per amore o l’amore è accettazione dell’altro?
Sono due facce di una medaglia. Quando stai con qualcuno è giusto smussare gli angoli, la vita di coppia è fatta di compromessi. Più che cambiare è migliorarsi, l’altra persona può far notare sfumature che tu non cogli e questo significa migliorare. Ma mai snaturarsi per compiacere.
In In The Night e in So High ci sono alcune barre in cui rappi: è un genere che trovi vicino al tuo modo di pensare la musica?
È la musica che io ascolto, l'Hip Hop old school, quasi in contrasto con le altre mie tendenze. Ho cercato di unire nella ricerca sonora che abbiamo fatto altre influenze, il jazz è accordi e tensioni. Mi ha conquistato il campionamento di brani jazz, anche di mostri sacri quali Miles Davis, pitchati e messi in beat strumentali.
Le tue composizioni sono auto-biografiche: è difficile raccontarsi nell’era dei social? Che importanza dai ai social? Per altro curioso il tuo nickname su instagram g_joint.
Viene da una pagina tumblr che avevo, un blog che riempivo con foto modificate, con testi che scrivevo, viene dal joint di Spike Lee. I social li uso molto perché è utile. Mi sento old fashioned rispetto a molti coetanei. A volte non sopporto falsità e dinamiche però mentre sei sul divano puoi fare connection con chi è distante o con persone che non avresti mai incontrato.
Essere donna in un ambiente maschilista è difficile oppure è motivante? È una sfida quotidiana?
È difficile ma non sono lamentosa. Si sa, si vede, recentemente ho partecipato a un concerto in Conservatorio con orchestra che è un elemento molto maschile, c'è sempre timore reverenziale verso il maestro. Ho indossato un tailleur col papillon mentre l'altra artista aveva un look più femminile. Mi piace il contrasto.
La tua è una musica contemporanea, al jazz tradizionale sposi l’elettronica: stai esplorando altre contaminazioni?
Non ho avuto molto possibilità di creare ultimamente. Sto cercando la musica analogica colta con elettronica. Continuerò a scrivere finiti gli impegni dal vivo, posso però anticiparti che ho un nuovo brano che ha l'introduzione col pianoforte a coda su cio poggia un sintetizzatore basso super elettrico che distorce.
L’uso dell'inglese rende i tuoi pensieri misteriosi ma è anche una porta aperta verso altri mercati: è lì che punti? Per altro hai già debuttato a Mosca.
Da un po’ di tempo lo è, anche se ho iniziato da qui e ora In The Night lo presento a un pubblico italiano. Mosca è stata una esperienza stupenda, la mia prima volta all'estero. Ci tornerò oltreconfine.
Senza Luce è il solo brano in italiano: avrà degli eredi?
Sì e arriveranno nel prossimo disco.
Questo è un ottobre intenso per te: è l’inizio di una ritrovata normalità?
Assolutamente sì, vedo tanti artisti impegnati. È stato difficile trovare un gruppo per mia laurea che avverrà il 25 ottobre al Conservario: presenterò la mia testi con un sestetto. La tesi si discute con un concerto.
Che accadrà al Milano Jazz festival?
Saremo in quartetto, anche se di solito giro in trio. Ho voluto, stavolta, anche il basso elettrico. Farò ascoltare In The Night più qualche cover.
Sei laureanda in Jazz: quanto è importante avere una impostazione accademica?
È importante purché non diventi una limitazione. Devi disciplinarti ma devi sapere uscire fuori e concepire la musica del futuro. Bisogna sempre partire dal rigore per poi sradicarlo.
A un adolescente che ti chiede cosa è il jazz che rispondi?
Citerei Novecento di Baricco: quando non sai che cos’è, è jazz. Credo sia una ricerca inutile perché ognuno darebbe una sua spiegazione. Per me è estemporaneità, improvvisazione, è uscire da ciò che è scritto.
Che accadrà da qui a Natale?
Dall'estate priorità ai live. Novembre sarà più calmo e lo dedicherò alla scrittura di cose nuove. Ottobre è pieno e c'è pure la laurea. A dicembre ho una data a Catanzaro e poi farò dei live in Campania, nelle mie zone.