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Massimo Zamboni esorta all'insurrezione col Canto degli Sciagurati

Musica

Fabrizio Basso

Il brano e il video (regia di Piergiorgio Casotti) anticipano La Mia Patria Attuale, il nuovo album in uscita in autunno. L'artista emiliano è affiancato, tra gli altri, nella produzione da “Asso” Stefana e poi Gigi Cavalli Cocchi alla batteria e Simone Beneventi alle percussioni. L'INTERVISTA

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Quello che racconta il Canto degli sciagurati è una storia eterna. Massimo Zamboni, musicista e scrittore, storico e contadino, ci accompagna in una storia che attraversa i secoli, che sempre si ripresenta e sempre pare concludersi in chiave tragica: le mille rivolte del passato e del futuro che vengono eternamente stroncate sul nascere. Zamboni invita ad assumersi la responsabilità degli accadimenti, di non rinchiudersi in un guscio confortevole bensì di accettare che la memoria ci invada e ci guidi.

Quando è nato il Canto degli sciagurati?
A ottobre 2020 quando ho ripreso i lavori per album, il brano mi è uscito di getto. Non è una canzone ma un piccolo atto teatrale e anche il video segue il medesimo percorso. E’ un biglietto da visita per l’album che verrà, è una soglia da oltrepassare perché patria è in pericolo e più che mai bisogna non avere paura di raccontare le nefandezze che la storia ci consegna. Quello degli sciagurati che non ce la fanno è un massacro paziente.
Non temo ciò che viene temo chi è venuto già: non è antistorico? Magari bisogna temere entrambi.
Ciò che viene è in gestazione da tempo, i tempi germinano a lungo, il futuro umano esiste se qualcuno lo ha seminato. Meglio guardarsi bene attorno con attenzione, ciò che ci minaccia ha le nostre sembianze.
Chi sono i protagonisti del video?
Due musicisti e poi amici montanari che hanno una somatica che la città ha levigato, possiedono volti antichi ed eterni. Già Pier Paolo Pasolini piangeva per la scomparsa antropologica dei volti italiani.
In un paio di occasioni viene inquadrato un vecchio quaderno e alla fine lo raccogli tu: ha un significato particolare?
L'idea è di tramandare e dire basta con i massacri. Si vedono armi che circolano, oggetti di ferro: il tramandare cultura e quel quaderno rendono solide le civiltà.
Sembra una preghiera laica…francescana, che trasmette il vero senso della Fede.
E' uscita in modo inconsapevole quindi risulta più vera. Ho difeso la pazienza di quella gente nel farsi massacrare, il regista voleva una reazione. Quello che mostriamo nelle immagini è il ruolo eterno che si sono addossati. Non c'è nulla da fare con chi decide pazientemente certe nefandezze.
Perché ai militari hai messo divise d’epoca?
Mi sono capitate, mi sono a lungo domandato che vestiti poteva avere il nemico e sono usciti i soldati napoleonici che rappresentano i gendarmi di semore, rigidi e ben vestiti contro gli sciagurati. Anche se va detto chein queste zone i napoleonici sono stati più liberatori che oppressori.
Come mai non ci sono figure femminili?
E' una cosa che mi spiace ma è un puro caso legato alle restrizioni del covid. Non hanno potuto esserci neanche tutti i musicisti del gruppo.
Cosa puoi anticiparmi de La mia patria attuale?
Ascolterete canzoni nelle quali sono più cantante che chitarrista. Devo uscire di più allo scoperto sia verso di me che verso il pubblico.
I ventenni di oggi hanno il senso della responsabilità?
A vent’anni ci si può dedicare anche poco alla responsabilità, il ruolo che si ha nel mondo viene dopo. E comunque hanno più capacità e prerogative di quante gli adulti gliene riconoscano.
Ti diverti di più a scrivere canzoni o a scrivere articoli?
Quello che è divertimento e ti lascia col sorriso sono gli articoli, impegni veloci come schioppettate. Ma la gioia pura è quando nasce la canzone e tocchi il cielo. E’ comunque un atto di donarsi.
Per promuovere il singolo di affiderai ai social?
Metto il video sui social poi suoneremo questa estate, stiamo programmando col gruppo al completo. Inoltre sta per uscire il mio nuovo libro La trionferà per Einaudi, il romanzo del comunismo all’emiliana.
Un impegno profondo.
Tra ricerche, studio e scrittura contiene circa tre anni di lavoro. E' tanto tempo ma diventa pochissimo se pensi che a L’eco di uno sparo ho dedicato quasi dieci anni!