Il brano racconta la parte “dark”, riflessiva, accorta, introspettiva e che si scontra con una parte decisamente più tempestosa e istintiva, con la quale molto spesso bisogna convivere, provocando non pochi contrasti e paure sulle nostre scelte. Il video è accompagnato da un testo esclusivo dell'artista
A kind of Cure è stata la prima canzone che ho scritto dell’album Dark’N’Stormy. Era maggio del 2019 ed avevo iniziato la pre-produzioni di alcuni brani che avrebbero fatto parte del mio debutto solista. Ed è in quel periodo che il mio amico Stu Larsen mi fa una sorpresa e viene a trovarmi. Passiamo un’intera giornata insieme a parlare dei rispettivi progetti, conversando di argomenti profondi, di alcuni concetti che ci sono dietro all’esigenza di scrivere canzoni, come di altri sicuramente più leggeri e
spensierati. Alla fine di quel giorno trovo i versi giusti per la canzone “A Kind of Cure” (Il titolo provvisorio, vi confesso, era “Maybe”) e il testo è stato decisamente il primo vero punto di partenza del nuovo lavoro.
Credo che scrivere musica sia un’esigenza innata, puoi imparare a scrivere, puoi arrivare a eseguire tecnicamente e impeccabilmente il linguaggio musicale dello strumento che suoni, ma l’esigenza di fare sentire la propria voce con una canzone non si insegna, non s’impara in nessuna scuola. Le parole che scrivo e che conservo nel mio diario, gli accordi che suono con le mie chitarre, rappresentano la mia cura e la mia speranza, i miei sogni e le mie delusioni, la mia felicità e i miei dolori. Non conosco
terapia migliore che mi permetta di confrontarmi davvero con me stesso, facendomi immergere in questo mondo, in cui a volte mi sembra di nascondermi e di proteggermi…che in realtà non fa altro che mettere in luce la più vera e profonda parte di me.
A Kind of Cure è il perfetto apripista del mio disco: prepara l’ascoltatore al mio mondo e ai diversi altri universi racchiusi nelle altre tracce del mio lavoro. Il brano racconta la parte “dark”, riflessiva, accorta, introspettiva e che si scontra con una parte decisamente più tempestosa e istintiva, con la quale molto spesso deve convivere, provocando non pochi contrasti e paure sulle nostre scelte, sui percorsi da
intraprendere. Nella produzione ho cercato di conservare un suono autentico per la mia chitarra acustica e la mia voce, cercando di tenere il suono ben centrale e ben “in faccia”, dando eco all’importanza e al significato del testo, limitandomi ad aggiungere semplici e pochi arrangiamenti che seguissero la struttura del brano, senza andare a gonfiarlo troppo ma lasciandolo ‘sospeso’ in una sorta di mondo sonoro, intimo e privato. Il brano infatti, nonostante sia portatore di un messaggio decisamente universale sul potere delle sette note, rappresenta il mio personale modo di rivelarmi, senza fronzoli, senza filtri. Una frase del testo mi è particolarmente nel cuore: “Maybe you’re kind of hope, for those waiting for the rain to cry alone”. Credo proprio che la musica sia davvero quella mano che ti asciuga le lacrime e che non ti abbandona mai, nemmeno nel corso delle innumerevoli e turbolenti tempeste che la vita ci riserva.
My music, my kind of cure.