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Alex Uhlmann ora corre da solo e lo fa col singolo Paris or Rome

Musica

Fabrizio Basso

John Cruel

È il nuovo singolo che segna l’inizio della carriera solistica del cantautore lussemburghese (foto di John Cruel), già cantante dei Planet Funk. Anticipa l'album Home in uscita a maggio. L'INTERVISTA

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Si intitola Paris or Rome il nuovo singolo del cantautore lussemburghese Alex

Uhlmann, già cantante dei Planet Funk. Il brano (uscito l’etichetta berlinese Hoersenmusic e in Italia per Qui Base Luna e distribuito da Believe Digital), anticipa l’ep Home, prodotto da Steve Lyon (Depeche Mode, The Cure) tra Londra e Roma, che uscirà a maggio 2021. Dopo numerose esperienze musicali, tra le quali in primis i Planet Funk, e collaborazioni importanti, come quella con David Morales, Alex Uhlmann inizia con Paris or Rome la sua carriera solistica. Il brano sintetizza musicalmente e concettualmente quello che Alex è oggi e forse quello che è sempre stato.

Mi racconti la storia del singolo?

E’ successO che quando lO scrivevo pensavo a dove vivere la prossima tappa della mia vita. Sono nato in Lussemburgo da genitori tedeschi poi mi sono trasferito a Londra. Parte dal concetto di home e dalla sana invidia che ho sempre provato per chi aveva un radicamento forte, anche solo l asquadra del cuore. Per la musica io mi sempre spostato. Ora vivo tra Milano e Berlino. L’importante non è dove sei ma quello che fa ogni giorno. Dopo i tour si torna a casa e diventa importante, ti è mancata ma dopo qualche giorno vorresti ripartire. Siamo alla costante ricerca di sicurezza.
Adesso riesci a dormire?
Non tanto perché ho una figlia di 11 mesi ma quando riesco ti assicuro che dormo bene.
Sei sempre confuso?
Ora meno perché non cerco più sempre qualcosa. Oggi la mia casa è a Milano. Anche se spesso a sono via per la musica.
Perché hai scelto Parigi e Roma, due luoghi definiti, essendo tu un cittadino del mondo?
A Londra ho fondato un gruppo con cui ho fatto underground e abbiamo anche fatto parecchi opening act. Là ho firmato il mio primo contratto. I Planet Funk mi hanno trovato a Londra. Parigi ha una valenza più personale. A 15, 16 era tutto Brit Pop, ero Oasis e Blur. Volevo imparre a Londra quel linguaggio musicale. Oggi non mi attrae più anche per la Brexit. Sono tutti incazzati per Brexit, il mio produttore Steve Lyon sat meditando di portare altrove la sua società.
Do you believe in time…come vivi il tempo?
Nel testo l'accezione è personale, musicalmente ti dico che non mi sento tanto adatto all'oggi. La musica che faccio non è modernissima ma a me piace così, deve esserci un ritorno alla musica più organica. I giovani vogliono imparare a suonare gli strumenti e spero che si torni ai live. Sarebbe belissimo uscire e assistere e un concerto.
Che cosa ti ha portato a correre da solo?
Non ho fatto tutto da solo, ho scritto con Luca La Morgia e poi la produzione è stata con lui e Steve lyon. Volevo fare una cosa senza troppi compromessi. Ora mi metto a nudo ed è difficile senza un supporto.
Cosa ti resta dei Planet Funk?
Tantissimo ma non è che è finito il progetto, siamo un collettivo. Nel 2010 cercavano un cantante e per un periodo abbiamo fatto tante date con la voglia di fare un percorso diverso. Poi si è tornati al collettivo. Non è detto che non si faccia qualcosa in futuro. Se oggi sono ancora in Italia è grazia a loro: musicalmente è gruppo particolare, non si pone limiti, ha grande libertà ed è difficile vedere altre realtà simili. Vivevo a Londra quando li ho incontrati. La scomparsa si Sergio Della Monica ha cambiato le cose, lui era il motore. Per me lui è stato fondamentale anche umanamente, era un mentore.
Cosa pensi dei giovani?
Sono molto più bravi di quello che si dice, ma quando ti confronti col pubblico è diverso. X Factor in questo senso osa molto, basta guardare il successo dei Maneskin. In giro c'è una grande voglia di vivere questo sogno. Il concerto è l’essenza della vita. Ognuo ha la sua ispirazione, io come ti ho detto mi sono ispirato ai gruppi che piacevano a me. Tanti session musician in giro per il mondo sono italiani. Quel che è certo è che ogni anno che passa è più difficile trovare gente e devi puntare sui giovani ma molto giovani.
Ogni tanto ci pensi che oggi potresti essere a Wimbledon?
Non più. Non gioco più. Se faccio una cosa la faccio bene e fino a 18 anni ho provato a fare il tennista professionista ma per affermarti devi entrare nei top 50 del mondo. E' tosto pure nella musica ma è diverso.
Che accradrà nelle prossime settimane, aspettando Home?
Avevo tre date ad Amburgo, Berlino e Colonia e poi pensavamo a date estive in Italia. Diciamo che sono in fase di posizionamento e mi riprometto di essere un po’ più social!