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L'Italian Spirit suona jazz con Marco Vezzoso e Alessandro Collina

Musica

Fabrizio Basso

Luciano Rosso

L'album raccoglie 11 tra le più belle canzoni della musica italiana reinterpretate in una raffinata versione strumentale per tromba e pianoforte. Da Vasco Rossi a Samuele Bersani passando per Lucio Dalla e i Tiromancino, gli artisti offrono una sapiente rilettura di indimenticabili brani, creando un ponte generazionale tra la musica leggera e jazz. L'INTERVISTA

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Un lavoro di rilettura della grande musica in chiave Jazz. Italian Spirit del trombettista Marco Vezzoso e del pianista. Alessandro Collina è stato concepito dai musicisti durante il lockdown. La luce della lampada delle cover di Italian Spirit vuole rappresentare la speranza di un ritorno alla normalità. È inoltre un omaggio al sodalizio artistico tra Vezzoso e Collina, cominciato in Giappone e arrivato fino in Cina passando per Cambogia, Indonesia e Malesia. Ne ho parlato con Alessandro Collina.

Partiamo dal progetto: quando è nato e come sono state scelte le canzoni?
Ho conosciuto Marco nel 2014 e ho suonato nel suo primo disco di inediti che ci ha portato nel 2015 in Giappone e quando sei così lontano comprendi quanto la musica italiana sia apprezzata. Siamo caratteri simili, questa cosa ci ha colpiti e abbiamo studiato come ripensare la nostra musica per entrare in Oriente. Il primo disco, Guarda che Luna Again, è stato il progetto pilota, abbiamo scelto brani più vecchi e, come arrangiamenti, abbiamo lavorato pensando nell’ottica del jazz quindi in maniera più libera ed estemporanea. Nel 2019 ci hanno invitato a Canton al primo Festival Jazz e lì abbiamo rischiato Sally di Vasco Rossi. Non facciamo il passo più lungo della gamba, dal marzo 2019 abbiamo identificato la nostra direzione.
In Enfant Prodige vi siete avvalsi della voce di Marie Foessel: perché?
In Francia stiamo portando avanti con lei un progetto sui brani di Paolo Conte in chiave femminile e dunque ci piaceva coinvolgerla. Poi c'è Andrea Balducci in Stasera che sera dei Matia Bazar. Italian Spirit è tutto pensato, è disco riflessivo mentre questo pezzo è estemporaneo.
Sotto il segno dei pesci ricorda gli anni di piombo: con che spirito vi ci siete avvicinati?
Io lo ascoltavo, era un album che metteva serenità poi accendevi la televisione ed entravi in un mondo dove si sparava. Con gli arrangiamenti abbiamo provato a trovare pace, abbiamo lasciato molti spazi per tornarci in maniera più distaccata e tranquilla.
Molte contaminazioni arrivano dall’Africa: cosa ti piace di quel continente?
Amiamo molto viaggiare. Quelle sonorità a livello ritmico, armonico e improvvisativo aprono spazi incredibili, fondamentalmente aiutano la creatività, danno più fantasia nell’arrangiamento dei brani.
Avete fatto molte date in Oriente: quel pubblico ha una sensibilità diversa?
Sono molto curiosi, da noi quello che non conosci lo guardi con diffidenza, la c’è la voglia di provare una esperienza nuova. Poi spetta all’artista poi deve portare la gente dallla sua parte. Trovano interessante quello che viene dall’Europa.
Se la tromba è lo strumento più vicino alla voce umana, il piano cos’è?
Un caleidoscopio nel quale da piccolo mi immergevo e vedevo di tutto, sviluppa l'immaginazione, fa viaggiare, regala il piacere di allargare le sonorità e sviluppare il filone improvvisativo.
L’album è nato nel lockdown (tutto sul coronavirus): c’è stato anche il tempo per creare nuova musica?
Marco è più ferrato sul compositivo, io lavoro di più sulle riarmonizzazioni. Comunque siamo partiti con nuovo progetto per il 2021 con ospiti stranieri importanti. Saranno brani originali.
C’è un brano che era nei vostri desideri ma non siete riusciti a interpretarlo come volevate?
Al contrario ci siamo accorti che ne abbiamo lasciati altri da parte e c’è la volonta di proseguire. Italian Spirit è un progetto destinato a continuare.
Come spiegheresti a un adolescente cosa è il jazz?
Aia Marco che io siamo insegnati. Essere a contatto con giovani mi ha permesso di mantenere una dimensione didattica che mi è servita perché mi ha dato il contatto con le generazioni giovani, in loro vedo il futuro. Sonny Rollins disse che tutto nasce dal jazz…è un po’ come i genitori, da giovani hanno pantaloni strani e pettinature diverse ma restano i genitori. Tutto si trasforma con un senso di libertà.
Jelly Roll Morton è l'inventore del Jazz?
Io mi soffermerei sugli italiani emigrati, maestri di clarinetto e cornetta. Il Jazz è costituito da una commistione di popoli e razze senza voler sminuire la componente afro americana.
La tua Liguria ha tradizione jazz?
Eccome e molto importante. A Genova c’è il Lousiana Jazz Club, uno dei club storici, che da poco si è rinnovato nel direttivo. In passato è mancato un collegamento tra il club e il Conservatorio che ora ha dipartimento jazz importante. Questa collaborazione permetterà interessanti sviluppi.
Che idee avete ora per promuove Italian Spirit?
Aspettiamo il nuovo anno per far ripartire coi live, avremmo voluto suonare in Italia anche se questo nasce come progetto in primis per l'estero. In primavera speriamo di ripartire. Intanto sui social ci stiamo attivando per fare qualcosa a dicembre. Marco vive a Nizza, io ad Albenga non siamo lontani ma la situazione è difficile, come sai. Proviamo a studiare qualcosa da casa. La speranza è di fare qualcosa con la presenza di entrambi, per moltiplicate grinta ed energia.