Il pianista eclettico aggiunge Mozart al suo repertorio: "Una scoperta tardiva"
Stefano Bollani ha messo anche Mozart in repertorio. Per il grande pubblico Bollani è soprattutto un jazzista, ma le scelte che ha fatto in carriera lo rendono difficile da confinare in un genere. Ha composto per orchestra e per il teatro, ha suonato musica brasiliana e ha riproposto a modo suo “Jesus Christ Superstar”, solo per fare qualche esempio. Poi c’è il Bollani classico, con i suoi concerti e registrazioni di Gershwin e Ravel, per dirne solo un paio. Ora il pianista eclettico contemporaneo per eccellenza porta al pubblico il concerto per pianoforte e orchestra n.23 KV 488 del grande di Salisburgo. Ci incontriamo alle prove del concerto di Roma, con l’Accademia nazionale di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano. E' la tappa del minitour che segue quella del Paladozza di Bologna, dove Bollani è stato pianista e direttore. Il mio orecchio è attento, ma l’occhio è catturato dai movimenti di Bollani: durante le parti orchestrali gesticola, porta il ritmo, accenna gesti, quasi danza seduto sullo sgabello. Si vede che sente sua la musica di Mozart.
“Si, è vero- dice subito Bollani-. Devo fare una premessa: io ho fatto studi classici, mi sono diplomato a Firenze nel 1993 e non ho studiato Mozart perché non era obbligatorio. Bach lo era, potevi scegliere tra pezzi di Beethoven e Chopin da portare all’esame, ma Mozart non c’era. Quindi è una scoperta tardiva. A un certo punto mi sono avvicinato alla sonate per pianoforte di Mozart, che ho sempre eseguito a casa senza farle sentire a nessuno, finchè non mi sono deciso ad abbordare un concerto per pianoforte e orchestra, ed eccolo qui”.
"Mozart più giovane di me"
Cosa ti incuriosisce della musica di Mozart?
“Non sarò io a dover spiegare che la musica di Mozart è meravigliosa. Posso dire che io sento tanto Swing, anche se forse è un termine inadatto. E’ una musica che spinge in avanti e questo mi piace moltissimo. Intendo dire che c’è una spinta da sotto, una spinta tellurica, c’ è un’ energia. Si sente che Mozart ha scritto questa musica da giovanissimo! Sento che questo compositore è più giovane di me.”
Tu scegli con grande larghezza di vedute nel repertorio musicale. Cosa ti ha spinto a scegliere un pezzo così impegnativo di Mozart?
“Per primi mi hanno spinto alcuni direttori d’orchestra, con i quali ho suonato Gershwin, Ravel o il mio “Concerto azzurro”. Mi sono insospettito e mi sono detto: vuoi vedere che c’è qualcosa nel mio fraseggio, nel mio accento che potrebbe essere utile a Mozart? Il trucco è questo: io non suono Mozart con l’accento austriaco del ‘700, ma con un accento tutto mio.”
E’ più moderno?
“Non so se sia moderno, sotto sotto potrebbe essere anche più antico di quanto si possa pensare. Per esempio a me piace improvvisare e anche a Mozart piaceva molto. Non era una novità: anche quelli prima di lui improvvisavano. In fondo molte cose sono più antiche di quanto si sospetti.”
"Resistere può essere divertente"
Nella sala Santa Cecillia del Parco della Musica di Roma, dove siamo per questa intervista, su molte poltrone c’è scritto ‘Non sedersi’. Avviene in tutti i luoghi di spettacolo d’Italia a causa delle limitazioni di capienza delle sale, una delle misure decise dal Governo per contrastare il Covid. La crisi sanitaria ha portato anche alla crisi degli incassi. Quanto può resistere il mondo della musica con le attuali limitazioni di accesso alle sale da concerto e teatri dovute al Covid?
“Naturalmente non ne ho idea, questa è una domanda retorica – risponde Bollani-. Posso dire però che resistere può essere molto divertente. Ricordo che nella storia della musica compositori che hanno scritto grandi capolavori si sono trovati in mezzo alle guerre. Per esempio su quelli che piacciono a me incombeva la Prima guerra mondiale e avevano la Seconda in arrivo. Insomma penso che la musica offra la possibilità di sublimare tutto ciò che accade, farlo diventare poesia, memoria del passato se sei nostalgico o immagine del futuro se sei in avanti, come era appunto Mozart. Per dirla in parole povere la musica è il linguaggio ideale per tirarsi su di morale, oppure, per dirla un po’ più alta, per tentare di parlare il linguaggio dell’universo, della vita. Questo perché la musica è universale e non ha bisogno di traduzione e soprattutto perché parla al cuore e al corpo senza passare per il cervello, ma soprattutto perché ci fa vibrare. Ci sono dei momenti di questo concerto di Mozart in cui io semplicemente metto una nota alla mano sinistra, ma quella nota cade insieme ai violoncelli e ai contrabbassi: vibra tutto il palco! Non è detto che tutti nel pubblico la avvertano così, ognuno sente la musica a modo suo, questo è chiaro. Io però, suonando qui a Santa Cecilia con Pappano ho l’impressione di essere tutti insieme. Questo fa diesis diventa l’espressione dell’unione cosmica fra musicisti, fra note e fra esseri umani.”