Ispirati alle sonorità internazionali e ai testi rock italiani, tra Zen Circus e Afterhours, la band di Ferrara torna sulla scena, in una veste completamente rinnovata. L'intervista alla frontwoman Alessia Piva
Un senso di nuovo al primo ascolto. Un progetto intenso, fresco, contemporaneo. Un singolo, Abituata, che mi riporta, come attitudine, alla musica che non ti fa stare fermo e che, anche ore dopo, ti lascia un bell'hype nelle orecchie. Sono di Ferrara e si chiamano Ecofibra: nascono alla fine del 2017 e sono composti da Alessia Piva, Gianmarco Simone e Francesco Piazzi cui si aggiunge l’esperienza di Riccardo Simonetti alla batteria. Scrivono e compongono brani in italiano, fondendo tratti di punk, indie e alternative rock. Con Alessia sono entrato un pochino nel loro mondo.
Partiamo dalle origini.
Il gruppo nasce nel novembre del 2017 con me e Gianmarco. Prima eravamo parte di un gruppo che faceva cover dei Green Day ma ci siamo stancati, volevamo fare pezzi nostri. Abbiamo incontrato Francesco, il chitarrista, e poi Riccardo e abbiamo iniziato a comporre e scrivere quello che siamo.
Dura essere una frontwoman?
Non è facile, spesso una donna viene giudicata per l’aspetto, arriva l’immagine prima delle doti e quello che vuole rappresentare. Sì è difficile ma anche fonte di soddisfazioni quando trasmetti quello che sei, quando comunichi il tuo essere donna.
Che dinamiche regolano la vita degli Ecofibra?
I testi li scriviamo io e Gianmarco ma se qualcuno vuole portare un suo testo e il suo contributo ci si confronta.
Nome originale il vostro.
Ecofibra nasce per caso, è l’aneddoto cardine del gruppo. Dovevamo scegliere il nome per la tessera fedeltà dello studio dove andiamo a provare e il tipo dietro il bancone aveva un panno in ecofibra. Ci siamo detti segniamo quello poi lo cambiamo e invece è rimasto.
Oltre alla musica che fate?
Studiamo tutti, io frequento l'Accademia di Bella Arti a Bologna. Riccardo lavora.
C'è stato un momento in cui avete capito che la musica non era più un gioco?
All’inizio era uno svago, è vero. Ora abbiamo altri pezzi nostri che non abbiamo registrato e dall’anno scorso abbiamo cominciato a pensare e vivere la musica in un’ottica diversa. E' necessario arrivare a capirsi e scrivere cose più concrete e crederci di più. E' un processo lento ma costante.
Sei tu...Abituata?
Ci vedo completamente me stessa, la mia maturazione: la protagonista è una ragazza che non si aggrappa al giudizio degli altri e se ne frega. Siamo bombardati di immagini e parole che risultano molto più pesanti.
Torniamo agli altri brani.
Ne abbiamo già registrato diversi e altri sono in lavorazione. Abituata rappresenta una parte dell’album che verrà, altre canzoni sono orientate su una ottica diversa. Abituata è sbarazzino, altri saranno più melanconici. in noi convivono varie sfaccettature, non c'è una linea diretta.
Come hai vissuto il lockdown (tutto sul coronavirus)?
E' stato molto difficile, non poter vedere gli altri mi ha un po’ spento. Insieme c’è questo feeling, il confronto visivo e musicale ci nutre l'un l'altro. E' risultato più produttivo quando abbiamo cominciato a ingranare post lockdown. Ritrovarci in sala ha fornito più concretezza al nostro lavoro. La tecnologia sarà anche utile ma spezza la magia.
Concerti?
Non vediamo l'ora. Stiamo aspettando le nuove direttive ministeriali. Già qualcosa c'è ma non è definito proprio per questi motivi.
Che dice la vostra agenda?
Nel 2021 speriamo di portare a termine l’album. Contiamo di pubblicarlo per la primavera.
Avete dei punti di riferimento?
Come gruppo siamo innamorati degli Afterhuors. E ci piacciono gli Zen Circus. Personalmente sono cresciuta nella fase adolescenza con i Nirvana, che restano il mio gruppo preferito.
Dunque che c'entrava la cover band dei Green Day?
E' stato un mezzo per arrivare a toccare la musica ma non ero contenta, non mi rispecchiava. Ho capito quasi subito che in quel mondo avevo poco futuro.
Aspettando il 2021 che farete?
Continuiamo a lavorare e vorremmo buttare fuori un altro inedito, puntiamo su novembre.