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Ginevra, la sua Metropoli parla in italiano

Musica

Fabrizio Basso

Questo è il secondo EP della giovane cantautrice torinese, il primo in italiano. I sei brani tracciano i confini di un viaggio notturno che dalle strade della città ha come destinazione Marte. L'INTERVISTA

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Una Metropoli racchiusa in pochi minuti ma che evidenzia le contraddizioni, la bellezza, le diversità, le tristezza di una vera metropoli. E penso a quelle Sudamericane, a Buenos Aires, a Rio De Janeiro, a Lima...il nuovo EP di Ginevra racchiude molti tasselli del suo vissuto, dal viaggio in India che l'ha segnata profondamente ai ritmi frenetici e vorticosi della città che abita, Milano. Ed è in questo intreccio che si mescolano solitudine e amori duraturi, nuovi inizi e grandi sogni che costellano vite incerte, confuse, a volte insoddisfatte. Ne abbiamo parlato al telefono.

Ginevra, partiamo dalla scelta dell’Italiano.

La comunicazione è proprio la base. Ho sempre scritto in italiano anche prima del precedente Ruins ma sempre cercando una modalità espressiva che mi rappresentasse.
Ora che è successo?
L’italiano prima di Ruins non mi ha convinto ed è rimasto nel cassetto in cameretta. Poi è arrivato un nuovo team ed è stato tutto più facile. L’inglese fluido e super morbido lo ho sempre ascoltato e studiato però mi mancava il nocciolo del significato. Affinando la tecnica di scrittura, un mix musicale morbido e un linguaggio diretto ho trovato la formula.
Sui tetti della tua città vorresti essere Mary Poppins o The Joker?
Sono molto critica e né buona né cattiva. Vivo le situazione con occhio un po’ attento. Vado a giorni alterni. Vivo con serenità la città e la società ma ci sono cose che mi mettono sull’attenti e guardo con attenzione.
Come sono le nostre anime di notte?
Tormentate e sognatrici. Parlo alla mia generazione, la immagino tutta come me che sogna qualcosa e si impegna per realizzarlo con positività.
Quando ti senti sola cosa fai?
Mi butto sulla musica e scrivo un pezzo, è il mio angolo sicuro. C’è questa bolla. Trovo conforto nell’atto creativo e mette in stand by quello che c’è fare. Oltre al tempo con chi amo e svagarmi.
Parlami della tua India.
Un viaggio fatto tre anni fa con lo zaino in spalla. Tante tappe tra treni e autobus. La prima notte trascorsa in stazione aspettando un treno con nove ore di ritardo, quasi la normalità lì. La cosa interessante è il tempo trascorso in luoghi di varia umanità. Visto il Rajastan vorrei tornarci per visitare il nord o il sud. E' stato super stancantema ho portato a casa un, turbinio di emozioni. A distanza di tempo mi testa un ricordo bellissimo.
Rajastan è una canzone di domande, come molte altre canzoni: che risposte cerchi?
E' nata per caso, non è un contesto che mi rappresenta ma a distanza di tempo è venuto a galla. Io sono convinta che le risposte non le ha una persona ma le ha il tempo. E’ importante fare capire il mio stato d’animo, ricco di esperienze e di incertezze, la musica ha equilibri strani. Che succederà domani ce lo chiediamo tutti ma la risposta è vivere l’esperienza.
Gli amori che racconti sono difficili, conflittuali.
E' una tematica sulla quale torno spesso perché sono emotiva e riflessiva. Io vivo l’amore al di fuori dei social, quello che racconto è reale. Sono fortunata. Comunque che sia terreno o virtuale si provano le stesse senzazioni: se stai bene o stai male è uguale.
Credi che quello che stiamo attraversando ci libererà dalla frenesia?
Da quello che vedo in questi giorni c’è la tendenza a tornare alla vecchia condizione. E’ stato bellissimo rallentare, ho trovato tempo per me e per le persone cui tengo. Lo smart è indicativo del livello di stress sul posto di lavoro. Le storie da dinamiche di ufficio le conosco perché me le raccontano gli amici ma non mi appartengono.
Come sarà la tua estate?
Date per ora ne ho una settembre. Lavoro a casa sul materiale nuovo, mi dedico alla scrittura e poi una settimana vado in montagna. Patisco il caldo e la folla.