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Nek pubblica Il Mio Gioco Preferito: "L'amore è vero solo se senza maschera"

Musica
Nek fotografato da Luisa Carcavale

Sette canzoni, sette modi di parlare d'amore ma un unico comun denominatore: essere autentici. Torna Nek con Il mio gioco preferito, la prima parte di un progetto che nei prossimi mesi vedrà un secondo capitolo. Ora instore, Music Awards e concerto a settembre all'Arena di Verona e poi tour all'estero. Ho incontrato Filippo Neviani per condividere con lui qualche riflessione sulla quotidianità 

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(@BassoFabrizio)

Una discesa verso la normalità. Via gli orpelli, via le sovrastrutture musicali, via tutto quello che non è trasparenza. Filippo Neviani arriva con un EP che si intitola Il Mio Gioco Preferito ed è la prima parte di un progetto che nei prossimi mesi avrà un secondo capitolo. Nek è sereno, ci ha messo l'anima in queste canzoni che raccontano la vita attraverso quella lente di ingrandimento che si chiama amore, che a volte distorce e altre rende tutto nitido. Ora parte per gli instore, poi farà qualche festival, tra cui i Music Awards a Verona il 4 e 5 giugno, prima del grande appuntamento, sempre nella città scaligera, del 22 settembre in Arena. Quindi un tour europeo e poi di nuovo in Italia. Prima di questa mille miglia pop-rock, lo ho incontrato a Milano, per condividere emozioni e idee sulla musica e sulla vita.

Filippo partiamo dalla scelta di un progetto in due parti.
Mai avevo fatto un EP ma stavolta preferisco due uscite rispetto a una, ha più longevità. Sono conscio che questa è una operazione poco prevedibile.
Nei sette brani dell'EP affronti i sentimenti in più sfaccettature. In Mi farò trovare pronto ti ispiri a una poesia di Borges.
Il concetto è quello della maschera umana: perché fare credere quello che non siamo? Perché indossare una maschera per fare credere agli altri e a noi stessi quello che non siamo? O siamo disposti a cedere o non è amore. E' lì che dimostri l'autenticità di un sentimento.
Tu riesci a stare senza maschera?
Sono sempre me stesso. Sono sobrio anche sui social. Magari condivido una pizza con i follower ma della mia vita privata non mostro nulla. Il dramma è quando perdi il contatto con la realtà. Non sono un addicted. La maschera è la paura a scendere in campo e metterci in gioco e se lo fai anche con te stesso è patologico, è una forma di malattia: crei una verità per te stesso su una bugia e tu ci credi al punto da non sapere più che è una bugia.
Difficile la vita vero?
La vita è fatta di incastri, a volte riesci alla prima altre non riesci proprio ma quel che conta è essere schietti.
In Cosa ci ha fatto l’amore racconti l'amore come l'unico caos che siamo disposti a sopportare.
E' la storia vera di due amici che si sono ritrovati dopo anni e forse si risposano.
Può l’amore trasformarsi in una amicizia complice?
Sarebbe una grande conquista diventare complici soprattutto se si hanno figli di mezzo. L’adolescente si fa una corazza di fronte a una separazione.
A casa Neviani come funziona?
Mia moglie è la persona più matura dei due. Ogni tanto bisogna mollare, lasciare correre, condivisione e pazienza sono virtù che ti aiutano ad amare pregi e difetti. Occorrono pazienza e spirito di adattamento, sono fondamentali. Poi occorre rinnovarsi e creare un effetto sorpresa: in questo il mio mestiere mi aiuta, essere lontano da casa fa mancare la famiglia ma sai che tornerai.
I drammi quotidiani li canti in Musica sotto le bombe. Hai un senso di responsabilità come padre e artista.
Ci penso poco alla responsabilità, riporto questi generi di pensieri ma non ho retro pensieri. Si sviluppa un concetto in studio. Non penso alle responsabilità ma forse è un meccanismo che ho dentro, un meccanismo che parte spontaneo.
Musicalmente dove vai?
Ho voluto un disco vario ma che ogni tanto diventasse ibrido. Musicalmente sto tornando indietro, in corso d’opera ho fatto questa scelta. Pensa che solo tre anni fa pubblicavo Unici di stampo elettronico. Ora meno suoni, umanizzo gli strumenti e sporadicamente qualche synth interviene.
La canzone più essenziale?
Cosa ci ha fatto l'amore è il più acustico ci sono tre strumenti in tutto. L'essenzialità è figlia anche di un momento personale. La ho cercata in corso d’opera. Quando mettevo insieme tutti i pezzi mi rendevo conto che dovevo togliere, qui il punto di riferimento è l’esclusione. Pochi strumenti ma fighi, non riesco più a sentire pezzi pieni di roba.
In una frase?
Più Filippo e meno Nek, più padre e meno uomo di spettacolo. Il mio gioco preferito è il mio biglietto da visita.
Emotivamente cosa raccoglie l'EP?
Questo disco è frutto del mio entusiasmo quotidiano. Ho continuato a scrivere anche all’interno del tour con Max Pezzali e Francesco Renga. Ho fatto sei mesi di tour con loro per un totale di 45 date: una bellissima esperienza. Molto bella la condivisone dei repertori. E' stato anche un esercizio per l’ego, un solo spazio diviso in tre e applausi da condividere. Quando sei abituato bene e da solo non è automatico che la condivisione funzioni.
Cosa è l'Amore?
E' pensare prima all’altro e poi a se stessi.
Ci sei sempre riuscito?
Tutte le volte che non lo ho fatto è perché non ho amato. Magari a volte ho pensato di più alla mia carriera.
Una bella ammissione di onestà e amore.
Senza umiltà vai poco lontano, la vita poi ti schiaffeggia. La malattia di oggi è l’indifferenza costante, la ha cantata anche Lucio Battisti. Non pensavo di avvicinarmi così a lui, lo ho sempre visto lontano dal mio mondo musicale.
Cosa ti stimola?
L'imperfezione è motivo di ricerca, è sempre bello pensarsi ogni volta migliori piuttosto che arrivati. Il segreto è la longevità.
Esattamente vent'anni fa andavi in tour in Sud America.
Sembra ieri il Sud America. Sono contento ora di tornare all'estero anche se in Europa. A Londra non ci vado dal 1998. Poi Madrid, Monaco e penso alle emozioni del Bataclan.
Idee di scaletta?
Ci sto ragionando. I singoloni ci saranno tutti poi qualche b-side. Sto valutando pezzi del 1994 e del 1997.
Un titolo?
Cuore in tempesta è uno dei primi miei pezzi passati in radio. La rifarei come allora, con sacralità.