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Carl Brave in concerto a Milano: la recensione del live dell’Arcimboldi

Musica

Fabrizio Basso

Carl Brave agli Arcimboldi di Milano

Carl Brave fa ballare il Teatro degli Arcimboldi di Milano. Un concerto affascinante, sold out e che segna l'avvio di una marcia verso Roma fatta di tante tappe. La recensione del concerto

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(@BassoFabrizio)

Il silenzio è quasi irreale sapendo cosa sta per succedere sull'austero palco degli Arcimboldi a Milano. Eppure sono tutti seduti aspettando Carl Brave e le sue storie in musica, anche nere alcune, ma di estremo realismo. Motivo per cui chi segue l'artista romano non solo le canta ma si capisce che ne è parte. Il suo disco si intitola Notti Brave e il palco sembra un appartamento da progetto Erasmus. Compare anche una seducente professoressa nel brano Professorè. Lui, super band alle spalle, fiati compresi, appare seduto su una poltrona e saluta i fan, giovani ma non giovanissimi inframezzati da adulti che hanno colto nel fraseggiare di Carlo (il nome vero è Carlo Luigi Coraggio) una diversa chiave di lettura del mondo che ci circonda. La festa, perché di questo si tratta, si apre con Pub Crawl, Chapeau e Comunque. Lui è di poche parole ma dall'alto dei suoi due metri ha tutto perfettamente sotto controllo, anche la sua curva, all'ultimo anello del Teatro, al quale dedica un applauso speciale. La scenografia è essenziale. Molto invidia per un frigo che chissà cosa contiene e poi c'è quel medaglione sul quale si inseguono immagini di Carl Brave in versione fumetto che connotano ogni brano. Una idea geniale nella sua semplicità perché colora e arricchisce il palco ma non è distraente. E inventa immagini surreali, tipo una Dama con l'Ermellino che al posto dell'animaletto tieni in braccio un Pokemon oppure il suo girovagare in vespa per Roma stile Vacanze Romane in Noi. Quindi una menzione speciale a Viola Colletti e Utopia che sanno cosa significa rendere vivo un palco.

Fino a metà concerto, la cui durata è di poco inferiore alle due ore, il pubblico resta seduto, batte le mani, fa una via lattea con i cellulari, urla e canta ma poi, verso il finale saltano gli schemi. E Carl Brave lo fa notare dicendo che a Roma sarebbe stata una bolgia da subito "e anche noi non siamo abituati ad avere un pubblico seduto. Dopo Professoré il concerto prosegue con Fotografia, Spunte Blu e Ridere di Noi. Ormai è un contagio, anche chi non conosce i testi per non sentirsi escluso dal coro muove quanto meno le labbra. I musicisti che lo accompagnano tengono alto il volume ed eccoci a Camel Blues e Pianto Noisy: quest'ultima Carl Brave la canta spalle al pubblico ma con uno specchio che gli permette di "controllare" la platea. Bellissimi, suggestivi gli echi morriconiani del brano, una lunga coda cinematografica. Si continua con Vita, Noi e Polaroid, che si chiude con l'artista che fa una foto al teatro con una...polaroid originale.  Mentre Noi è un viaggio a fumetti per le strade di Roma, è una bellissima canzone d'amore. Dopo un medley ecco Accuccia e Termini, luogo strano come tutte le stazioni "dove la gente non vive ma sopravvive". Un Mezzo Cocktail poi Merci (che è la romanizzazione del francese grazie) e gran finale con Posso e Malibu. Tutti in fila sul fronte del palco e poi in camerino, con una birra, un brindisi, il sorriso del manager Francesco Barbaro che ha pescato un altro jolly dal mazzo. E torno a casa con la consapevolezza nella quotidianità se cantata con onestà intellettuale come fa Carl Brave...si può stare bene anche se siamo "pestati a terra come mozziconi".