Made in Italy: La recensione del film di Ligabue

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Fabrizio Basso

Stefano Accorsi, Luciano Ligabue e Kasia Smutniak (foto di Chico De Luigi)
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Arriva al cinema, il 25 gennaio, il terzo lungometraggio di Luciano Ligabue, Made in Italy, figlio dell'omonimo album pubblicato il 18 novembre 2016. Protagonisti Stefano Accorsi e Kasia Smutniak. Lo abbiamo visto in anteprima, ve lo raccontiamo

(@BassoFabrizio)

Luciano Ligabue getta il cuore oltre gli ostacoli della vita. Lo fa raccontando la storia di Riko e l'Italia della crisi. E' riduttivo definire Made in Italy un Radiofreccia vent'anni dopo. Certo, restano alcuni elementi, dalla Bassa Emiliana ai portici delle sue città, dalla solitidini alla droga, dalle serate con gli amici agli equilibri domestici, ma non ci sono più certe notti all'autogrill, c'è la gente che soffre, che perde il lavoro, che litiga con i figli, ma alla fine, in un matrimonio celebrato in quel cimitero di ferro e cemento che furono le Ex Reggiane, e che oggi, vivvaddio, stanno recuperando, c'è l'Italia che si rialza, fiera e orgogliosa, anche se la speranza arriva dall'estero, da una città della Germania, Francoforte, dura nel nome ma dolce per quel che accende.

Nei panni di Riko, che poi è il diminutivo di Riccardo il suo secondo nome, Ligabue ha voluto Stefano Accorsi, già protagonista in Radiofreccia, mentre il ruolo femminile è per una convincente Kasia Smutniak, bravissima nel raccontare tutti (o quasi) i sentimenti che prova una donna: tristezza e disperazione, comprensione e gioia, incertezza e mistero, bellezza e rabbia, lealtà e ambiguità in un elenco che potrebbe andare oltre gli aggettivi certificati dallo Zanichelli. La storia è di per se lineare, ma è la stratificazione dei caratteri che la rende speciale: una coppia stanca con un figlio a carico, qualche evasione (più lui che lei, ma lei sa essere letale nell'one-shot), gli amici, le amiche, le confidenze, la gita a Roma, la manifestazione, il manganello che stende Riko, la vita che prende una piega diversa, la voglia di ritrovarsi, il lavoro che si perde, la depressione di lui e l'energia di lei, l'abbraccio di Riko al Grande Padre della bassa il Po e poi l'Italia che vince.


Il tocco magico di Ligabue sta nel portare i suoi luoghi e i personaggi che li caratterizzano in un ambito che esula dalla Provincia, a lui tanto cara, protagonista e compagna della sua vita. Quello che accade a Riko e Sara è, può essere, nella sorte di qualunque coppia. Lui è un operaio, lavora in un salumificio, lei fa la parrucchiera. Un figlio unico, uno perso, che condiziona le loro vite e per chi conosce Luciano sa cosa rappresenta questa situazione, che ha perso un figlio appena nato nel 2016. Circola ancora un po' di droga, ma non come in Radiofreccia, adesso la bestia si chiama slot machine. A esserne vittima è Carnevale, interpretato da un immenso Fausto Maria Sciarappa, che scuote più volte la storia. E' una sorta di frullatore: ogni volta che accade qualcosa, lui c'è, nel bene e nel male.

Il film racconta molto di Ligabue. Proviamo a giocare con i luoghi. I portici di Correggio, dove è cresciuto, in certe notti tra cosce e zanzare, l'attigua Novellara, città amministrata da Elena Carletti (figlia di Beppe, fondatore dei Nomadi, altra leggenda locale), c'è Roma che da quel senso di eternità e profondità ma soprattutto rappresenta la fuga da casa. Ed eccoci a Reggio Emilia, eletta a sua casa. Brillano piazza San Prospero e le Ex Reggiane, dove girò il video de Il Muro del Suono. Made in Italy è un film che si respira in un fiato, come un calice di Lambrusco, è un film che si chiude con una frase di Cesare Pavese tratta da La Luna e i Falò, è un film dove l'amarezza perde, dove lo spirito umano è così immenso da adattare il corso del Po al corso della vita.

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