Black Bag, un film profondamente soderberghiano che gioca coi generi

“Black Bag”, il nuovo film di Steven Soderbergh al cinema con Universal Pictures Italia, non è semplicemente una spy story. È un thriller, un heist movie, un dramma e, per certi versi, è addirittura una commedia. Come ha fatto spesso nel corso della sua carriera, Soderbergh si è appropriato del genere e si è divertito a piegarlo alle sue necessità per raccontare la storia che aveva in mente. I due protagonisti, Kathryn e George, interpretati rispettivamente da Cate Blanchett e Michael Fassbender, sono sposati e sono due spie. Lavorano per la stessa agenzia, nel Regno Unito. Hanno una loro casa, una loro routine, e quando il lavoro rischia di mettere in crisi il loro rapporto usano una frase, semplice: “Black bag”. E vanno oltre, come se non fosse successo niente. A un certo punto, George comincia a sospettare di Kathryn, pensa che stia tradendo e che si stia preparando a vendere informazioni ai russi. Allora indaga, cerca di raccogliere prove e controprove, e alla fine capisce qual è la verità. Prima di farlo, però, deve confrontarsi con altri personaggi, altre spie, e lo fa insieme a sua moglie, durante delle cene che organizzano a casa loro. E questa è la prima, grande intuizione di Soderbergh. Non sceglie scenari mozzafiato per le sue rese dei conti; riduce lo spazio della dimensione narrativa a una sala da pranzo, illuminata e calda, con una tavola imbandita e un’atmosfera tutto sommato normale e tranquilla. Non solo spie In più, “Black Bag” è pieno di citazioni e di riferimenti alla saga di James Bond. Uno dei più evidenti è la presenza nel cast di Pierce Brosnan, che interpreta il capo dell’agenzia inglese. Ma il film di Soderbergh, come dicevamo all’inizio, non si limita allo spionaggio. Parla del rapporto di coppia, della fiducia tra marito e moglie, e parla di relazioni e di potere. E poi, com’è già successo in altri film di Soderbergh, si diverte a spiegare, a riavvolgere il nastro della storia e a raccontarla da un altro punto di vista. Non migliore, attenzione. Ma diverso: capace, cioè, di tenere dentro di sé tutte quelle cose e tutti quei dettagli che, volenti o nolenti, abbiamo finito per ignorare nel corso del film. I personaggi: una continua tensione tra opposti Poi ci sono le interpretazioni degli attori, che sono l’altro grande pilastro di “Black Bag”. Alcuni personaggi sono rigidi, quasi respingenti, come il George di Michael Fassbender. Altri, invece, sono più accomodanti e coinvolgenti, come la Kathryn di Cate Blanchett. E in questa continua tensione tra opposti, tra caratteri differenti, si creano dei momenti e degli scambi estremamente divertenti. Negli anni, Soderbergh non si è mai accontentato. Ha sempre provato a sperimentare e a mettersi alla prova, usando tecnologie e approcci innovativi. E ha fatto bene, a volte benissimo, ed è stato in grado di preservare il suo punto di vista e la sua visione. Lo stesso succede anche con “Black Bag”, che è un film profondamente soderberghiano, studiato nel minimo dettaglio e intelligente, equilibrato, pieno di spunti, di elementi, di sfumature. Un film, per certi versi, complesso. Ed è la complessità, alla fine, a fare la differenza. Le piccole deviazioni dalla trama Insieme alla linearità della trama , ci sono piccole deviazioni che permettono allo spettatore di conoscere un po’ meglio sia i personaggi secondari che le varie relazioni che li uniscono. E sono relazioni, per quanto assurdo, riconoscibili, profonde e sincere. Relazioni che hanno delle dinamiche familiari e che si discostano, anche di molto, dalla dimensione estrema della storia di spionaggio. Come i più bravi, Soderbergh sa che il genere, preso come insieme di codici e di regole, di grammatica e di intuizioni, non può essere fine a sé stesso. Sa che va usato in un certo modo. Tanto per attirare, e catturare, l’attenzione del pubblico quanto poi per provare ad esplorare temi e argomenti differenti, che non hanno per forza a che fare con il racconto principale.

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