L'Albero di Sara Petraglia è un'opera prima carica di coraggio

“L’albero”, al cinema dal 20 marzo con Fandango, segna l’esordio alla regia di Sara Petraglia. Racconta la storia di due ragazze, Bianca e Angelica, interpretate meravigliosamente da Tecla Insolia e Carlotta Gamba . È un film sospeso, nel senso che, per buona parte della storia, rimane aperto, senza confini precisi, e tutto ciò su cui si concentra è la relazione che unisce le due protagoniste e la loro vita da studentesse universitarie. Condividono un appartamento e una dipendenza, quella dalla cocaina. Sono felici insieme, in qualche modo addirittura si completano. Eppure non riescono a trovare un equilibrio. Sono sempre fuori fuoco, eccessive, esuberanti. O, al contrario, spente, tristi e stanche. Due attrici che danno una forma al film Petraglia usa la lente di ingrandimento della dipendenza per mettere in scena una storia che parla di crescita e, alla fine, di consapevolezza. Allo stesso tempo, però, sa come tenersi defilata, quasi in disparte, per lasciare che siano le due attrici protagoniste a dare una forma, un’altra forma, al film. Non è un’esagerazione dire che “L’albero” coincide con le facce, e gli occhi e le mani e gli sguardi che si lanciano, di Insolia e Gamba. Non è un’esagerazione dire che questo è un film che è stato costruito intorno, e grazie, alle loro interpretazioni. E anche quando i toni si fanno più tesi, quando la narrazione stessa vira su una drammaticità evidente, Insolia e Gamba sono in grado di controllare il timone, di dare un senso e una consistenza alle parole che dicono. E così facendo si evita qualunque retorica. Una lentezza utile al racconto “L’albero” procede piano, ma in questa lentezza non va ritrovata solo una ricercatezza artista e autoriale. È una lentezza utile al racconto, che serve proprio per permettere alla trama di crescere progressivamente, senza nessuna fretta e senza nessuna pressione. Ci sono dei momenti in cui diventano evidenti degli stacchi tra il prima e il dopo: quando, per esempio, le due protagoniste litigano; o quando, sul finale, si ritrovano. Ma sono dei momenti precisi, facilmente identificabili all’interno della storia, che fungono quasi da punti cardinali. Per il resto, Petraglia mette in scena esattamente il film che ha in mente. Ed è importante avere opere prime come questa. Sfrontate il giusto, cariche di coraggio, con un’idea chiara alla base. “L’albero” chiede allo spettatore di abbandonarsi tanto al ritmo del racconto quanto alle interpretazioni delle due protagoniste. Punta a diventare un’esperienza totale, avvolgente, e a un certo punto ci riesce. Per esempio, quando Bianca e Angelica lasciano Roma e vanno a Napoli, in vacanza. O anche quando restano insieme, da sole, nel loro appartamento e non si dicono niente, ma si abbracciano, si stringono l’una all’altra e si fanno compagnia. Un film di atmosfere, silenzi, frammenti di intimità È un film fatto di atmosfere, “L’albero”. E di attese, silenzi, di frammenti di intimità estrema. Ci sono delle scene in cui le due protagoniste si guardano, si sorridono e – chiaramente – si desiderano. E questa tensione, questo legame intensissimo che le tiene insieme, funge da spinta per buona parte del racconto. Per quanto riguarda la dipendenza, invece, non c’è nessun moralismo. Viene presentata e mostrata nella sua essenza, senza giri di parole, senza compromessi, senza romanticismi. Brutale, irresistibile e ammaliante. C’è qualcosa di profondamente “caligariano” nella scelta di rappresentare così realisticamente la droga e il rapporto che le due protagoniste hanno con essa. Ed è un approccio non giudicante, che non insinua né punta il dito contro nessuno. Un film piccolo ma non nelle premesse o nello svolgimento Quando nella vita delle due protagoniste arriva la tragedia e arriva la morte, “L’albero” cambia ancora. Ed è esattamente in quell’istante che la trasformazione di Bianca e Angelica si completa. Ora, finalmente, sono adulte. Ora sanno che cosa vuol dire crescere: non solo confrontarsi con il proprio passato ma addirittura prepararsi a fronteggiare il futuro. È un film piccolo e indipendente, “L’albero”. Ma non nelle sue premesse o nel suo svolgimento. C’è, e l’abbiamo già detto, una chiarezza di fondo sia nella visione di Sara Petraglia, che l’ha scritto e diretto, sia poi nel lavoro che hanno fatto le due attrici protagoniste, Insolia e Gamba. E non è così scontato trovare due elementi del genere, insieme, nella stessa opera prima. Non lo era ieri, quando l’industria cinematografica aveva un altro peso e un’altra forza, e sicuramente non lo è oggi.

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