Il Signore degli Anelli torna al cinema con un anime

“La guerra dei Rohirrim” è il nuovo film ambientato nell’universo narrativo de “Il Signore degli Anelli”. Se ne è parlato tanto, soprattutto negli ultimi mesi, e non solo perché si avvicinava la sua data di uscita . Se ne è parlato tanto perché, in qualche modo, ha ripreso le fila del racconto cinematografico iniziato più di vent’anni fa da Peter Jackson e dalla sua trilogia e continuato successivamente con i film de “Lo Hobbit”. A quanto pare, sia la Warner Bros. che New Line Cinema hanno dato massima priorità a questo progetto per non perdere i diritti di sfruttamento cinematografico de “Il Signore degli Anelli”. E se per certi versi questa fretta è evidente per alcune delle scelte stilistiche e produttive de “La guerra dei Rohirrim”, è altrettanto innegabile che ci troviamo davanti a un esperimento incredibilmente interessante di messa in scena. Le premesse della storia sono, come abbiamo già detto, direttamente collegate alla saga letteraria di J. R. R. Tolkien. Il linguaggio scelto per il racconto, però, è nuovo. La produzione, infatti, si è affidata al regista Kenji Kamiyama e ha deciso di sviluppare un anime. Quindi tornano sia determinati riferimenti che determinati elementi della tradizione animata giapponese. I personaggi, a partire dalla protagonista, sono figure slanciate e sottili, con tratti delicati e volti fascinosi. La storia è ambientata circa 180 anni prima dei fatti raccontati ne “Il Signore degli Anelli”. Siamo a Rohan e nella corte di Re Helm si sono create delle spaccature tra chi lo vede come un vecchio conservatore e chi vuole per sé il potere. Quando gli viene chiesta la mano di sua figlia, Hèra, si apre una frattura ancora più grande che porta allo scoppio della guerra civile. Il racconto prova a tenere insieme due punti di vista diversi: quello della protagonista, Hèra appunto, e quello della Terra di Mezzo, con i suoi tantissimi popoli, i suoi personaggi di riferimento e la sua geopolitica. “La guerra dei Rohirrim” parla di coraggio, resistenza ed emancipazione, e lo fa mettendo al centro del racconto un personaggio femminile – anche questo, se ci pensiamo, è una novità rispetto ai film precedenti. E tutto procede in maniera abbastanza lineare e, va detto, prevedibile. I colpi di scena non sono così inattesi e nemmeno l’epilogo della storia è così difficile da intuire. In parte, l’andamento della narrazione riprende quello de “Le Due Torri”, con una divisione interna, un contrasto tra alleati e una risoluzione epica. Le animazioni, specialmente all’inizio del film, cercano di mediare tra il passato e il presente cinematografico de “Il Signore degli Anelli”, sfruttando sfondi che sembrano essere stati sviluppati a partire da fotografie e da immagini dal vero. La mitologia dell’universo narrativo viene rispettata e, in alcuni momenti, addirittura allargata: il personaggio di Helm si aggiunge a un pantheon già ricco di figure di spicco e di guerrieri; l’arrivo degli uomini del Sud permette di reintrodurre nel racconto gli Olifanti e le stesse dinamiche che regolano i rapporti tra Rohan e Gondor – anche questa volta ci si ostina a non voler chiedere aiuto – riflettono passaggi che sono già stati presentati precedentemente. Per un appassionato dei film e, più in generale, del lavoro di Tolkien, “La guerra dei Rohirrim” si presenta come un’aggiunta interessante al racconto più ampio. L’intenzione di parlare agli spettatori di anime, però, rischia di tramutarsi quasi in un limite. Da un punto di vista puramente stilistico, questo film non offre nessuna nuova soluzione. Il design dei personaggi, per quanto funzionale e tutto sommato piacevole, somiglia al design di decine e decine di altri film. Ed è un peccato. Perché il materiale di partenza, questo mastodontico universo creato da Tolkien, ha il potenziale per coinvolgere e convincere generazioni diverse.

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